Le foto dell’attrice giapponese Nanami Kawakami ospite del Far East Film Festival
Sugoi dal #feff18 con le pornostar giapponesi Riri Kuribayashi e Nanami Kawakami #pagliacci – Spherical Image – RICOH THETA
Trama del film Lowlife Love (Gesu no Ai)
Una black comedy di Uchida Eiji, conferma ciò che tutti gli addetti ai lavori dell’industria cinematografica giapponese già sanno: il mondo del cinema può essere brutale, soprattutto per chi sta ai margini e lotta per emergere – o per non essere messo alla porta.
Il regista, che è il “farabutto” del titolo, appartiene a quest’ultima categoria. Qualche anno fa Tetsuo (Shibukawa Kiyohiko) ha realizzato un film indipendente e ora sta combattendo per metterne in cantiere un altro, e ricorre a vari espedienti per schivare il tragico destino di doversi trovare un lavoro vero.
Uno di questi stratagemmi è la sua scuola di recitazione per giovani (e meno giovani) pieni di speranze, a cui promette ruoli nel suo prossimo film che sembra avere altrettante probabilità di materializzarsi di Godot.
Il suo vero obiettivo, tuttavia, è quello di portarsi a letto le studentesse o, in caso ciò non accada, di molestarle sessualmente ogni volta che gli passa per la testa. Quell’incallito farabutto di Tetsuo è spregevole sotto tutti gli aspetti, tranne uno: è un inguaribile idealista per quel che riguarda il cinema.
Così, quando nella sua orbita entrano Minami (Okano Maya), aspirante attrice appena arrivata dalla periferia, e Ken (Oshinari Shugo), uno sceneggiatore agli esordi, Tetsuo, che non è uno scemo e sa riconoscere il talento, si azzarda di nuovo a pensare in grande.
Il film, che si ispira a storie vere del mondo del cinema indipendente di cui il regista e sceneggiatore Uchida è venuto a conoscenza nel corso degli anni (avendo inoltre cura di dichiarare in varie occasioni di non essersi mai personalmente macchiato di un simile comportamento da “farabutto”), inizia come l’ennesima commedia su un fannullone ma si trasforma rapidamente in una vicenda scabrosa, se non tremendamente seria.
Malgrado Tetsuo sia abbastanza cattivo (tanto che al pubblico femminile, in particolare, potrebbe venire voglia di bruciarlo vivo insieme alla sua collezione di film porno), è difficile che qualcuno riesca a uscirsene incontaminato da ciò che il film descrive, praticamente in ogni inquadratura, come una faccenda sporca.
C’è Kida (Denden), un produttore di lunga data che si pavoneggia come fosse un pezzo grosso, ma in realtà lavora spudoratamente all’interno della nicchia del cinema di exploitation. C’è il garbato e suadente Kano (Furutachi Kanji), disprezzato da Tetsuo perché ha abbandonato la causa del cinema indipendente in favore del successo commerciale, ma adulato da tutti gli aspiranti attori che pendono dalle sue labbra.
E infine c’è Shinjo (Tsuda Kanji), un untuoso regista televisivo che è praticamente l’alter ego di Tetsuo a un livello contrattuale più alto e che esige sesso occasionale in cambio di… di cosa, esattamente?
In mezzo a tutti questi squali si muove Minami, ormai scafata e freddamente determinata a sfruttare il suo talento più concreto per arrivare alla vetta. Lungo la strada verso il successo Minami incorre nella gelosia di Mamoru (Hosoda Yoshihiko), un discepolo gay di Tetsuo la cui lealtà sfiora il fanatismo; per non parlare poi dell’invidia di altre allieve della scuola di recitazione scartate con disprezzo da Tetsuo per fare di Minami la sua star.
In un mondo che può essere non soltanto politicamente scorretto, ma anche apertamente misogino, Minami persevera coraggiosamente, servendosi con astuzia del sesso per farsi spalancare le porte del successo. Insomma, lei rifiuta di essere usata e gettata via dai pezzi grossi di sesso maschile e, invece, volge il gioco erotico a suo vantaggio.
Il film stesso è a basso budget, e il produttore Adam Torel ha mosso mari e monti per farlo realizzare, vendendo persino la sua collezione di dischi e lanciando un crowdfunding su Kickstarter; ma a differenza del protagonista, che si trova in grave difficoltà, Torel è stato in grado di assicurare al film un cast di rilievo che comprende il protagonista Shibukawa Kiyohiko, un versatile interprete che spesso ha ruoli di adorabile fessacchiotto mentre invece in questa pellicola tira fuori brillantemente il porcello che ha in sé.
Uchida, poi, avrà anche tratto la sceneggiatura da aneddoti, ma impedisce alla storia di diventare troppo episodica, e lavora invece con intelligenti colpi di scena per rivelare verità scomode e non suscitare semplicemente risate.
Per quanto cinico possa sembrare, Lowlife Love offre un messaggio di speranza per tutti i potenziali vincitori di premi Oscar: sognate in grande – ma guardatevi alle spalle.
a cura di Mark Schilling