No alla guerra e solidarietà al popolo ucraino il tema centrale delle manifestazioni. Nei comizi anche la preoccupazione per il lavoro precario, per la sicurezza e per l’indebolirsi dei salari e delle pensioni
È il giorno del lavoro, ed era dal 2019 che Cgil, Cisl e Uil attendevano di festeggiarlo nel modo tradizionale. Ma il ritorno dei cortei nelle piazze del Friuli Venezia Giulia non può essere di festa, nonostante le quasi diecimila persone scese in piazza tra Trieste, Cervignano del Friuli, Monfalcone e Pordenone. A segnare questa Primo Maggio, dalla manifestazione nazionale di Assisi a tutte le piazze del paese, è inevitabilmente l’angoscia per la guerra in Ucraina. E la richiesta di un cessate il fuoco, di restituire la parola alla diplomazia, sale anche dai cortei e dai comizi della nostra regione. Cinquemila i manifestanti a Trieste, tradizionalmente il corteo più affollato, 3mila a Cervignano, confluiti da tutta la provincia di Udine con il consueto accompagnamento dei trattori della Confederazione italiana agricoltori, ottocento a Monfalcone, che ha raccolto da Gradisca d’Isonzo il testimone delle celebrazioni nell’Isontino, e oltre trecento a Pordenone, con il consueto omaggio ai caduti sul lavoro in apertura di corteo.
Se è la guerra in Ucraina a segnare i cortei, nelle parole pronunciate dai palchi ci sono anche i temi del lavoro: «Che non è un buon lavoro – spiega la segretaria confederale della Uil Ivana Veronese, che ha chiuso il comizio di Trieste, in piazza Unità – quando non garantisce salari adeguati e quando mette a rischio la sicurezza dei lavoratori. Sono troppi i lavori sfruttati e sottopagati, che non consentono di vivere adeguatamente alle persone, troppi i finti contratti nazionali firmati da sindacati di comodo». Tra i temi dei comizi anche i rinnovi contrattuali, con gli accordi già trovati o in discussione pesantemente condizionati dalla spirale inflazionistica che si è abbattuta su salari e pensioni, rimettendo al centro del confronto col Governo il tema della riforma fiscale, anche attraverso la detassazione degli incrementi salariali, e della rivalutazione delle pensioni, come ha ricordato, oltre a Ivana Veronese a Trieste, anche l’altro esponente nazionale intervenuto in regione, il confederale della Cisl Giorgio Graziani, che ha chiuso il comizio di Cervignano.
Nell’intervento del numero uno regionale della Cisl Alberto Monticco, che ha parlato a Monfalcone, anche la preoccupazione per le ripercussioni della guerra sullo scenario economico e occupazionale regionale. «Uno scenario – ha detto Monticco – caratterizzato da eccellenze produttive di valore mondiale come Fincantieri, Wartsila, Danieli, Electrolux – ma anche da un tessuto economico fatto di piccole e piccolissime imprese che hanno subito il peso economico derivante dalla pandemia. Dobbiamo fare quadrato rispetto alla possibilità di perdere pezzi importanti di attività industriale come potrebbero Flex o alcuni comparti di Wartsila, senza pensare che l’arrivo di realtà importanti come Bat a Trieste basti a risolvere i problemi».
Se la drammaticità dello scenario internazionale rende più precaria e incerta la ripresa del dopo pandemia, le prospettive della ripresa restano strettamente legate alle scelte strategiche sulle politiche industriali legate all’utilizzo dei fondi Pnrr. A sottolinearlo anche i segretari regionali della Uil, Matteo Zorn, e della Cgil, Villiam Pezzetta. «La pandemia – dichiara Zorn – ha inciso negativamente sulla coesione sociale e aumentato le diseguaglianze. Serve quindi un nuovo modello di sviluppo, basato anche su obiettivi di sostenibilità sociale e ambientale». Pezzetta, da parte sua, rilancia sul tema del lavoro povero, «dagli appalti di servizi alle finte partite Iva, fino alle sacche di lavoro sommerso e sottopagato ancora presenti in alcuni settori come il turismo», e quello della sicurezza sul lavoro, «con una ripresa che purtroppo è coincisa, nel 2021 e anche nella prima parte del 2022, con una inaccettabile impennata di infortuni, anche gravi e mortali». Un’emergenza che rilancia i temi del rispetto delle leggi, della cultura della sicurezza e dei controlli, «che dovranno anch’essi segnare, a fianco a fisco e previdenza, il confronto tra le parti sociali e con le istituzioni, a ogni livello».