Le abbiamo inalate mentre facevamo una passeggiata, portando i figli a scuola, andando a lavorare o a fare shopping e le abbiamo respirate ripetutamente, per molte più volte di quanto consentirebbe la legge: il 2011 è stato un anno nero per le polveri sottili, quella nube invisibile ma dannosissima per la salute delle persone che avvolge le nostre città e che nei principali centri del Friuli Venezia Giulia ha ampiamente superato i limiti stabiliti dalla normativa in materia.
Andando a spulciare fra i dati riportati dalle centraline dell’Arpa, si scopre che il tetto massimo di 35 sforamenti annui al limite di 50 ug al metro cubo è stato superato a Pordenone, dove la centralina di via Marconi ha registrato nel 2011 ben 49 sforamenti, di cui ben 14 solo nel mese di dicembre.
Stesso andazzo a Trieste, con 48 sforamenti registrati in via Carpineto, di cui 10 nell’ultimo mese e un picco di addirittura 117 ug/m3 il 2 dicembre, e 35 in via Svevo.
Situazione fuorilegge anche a Udine, dove la centralina di piazzale Osoppo ha riportato concentrazioni di Pm10 superiori ai 50 ug/m3 per 44 volte nel corso del 2011, con dicembre a quota 10 sforamenti e picchi di 117 ug/m3 (oltre il doppio del limite consentito!) per due giorni consecutivi, il 2 e il 3 dicembre.
“Si tratta di numeri ancor più preoccupanti – fa notare il WWF – se si considera che, come evidenziano numerosi studi in materia, i danni alla salute iniziano molto prima dei 50 microgrammi, ossia già a 20 o 30 microgrammi, e aumentano gradualmente con l’aumento delle concentrazioni di inquinanti. La soglia legale è dunque solo una convenzione, un livello di allarme sopra il quale non si può proprio andare e che invece si supera allegramente”. Le ripetute concentrazioni elevate rilevate dalle centraline della regione, peraltro, sono doppiamente inaccettabili se si considera che i superamenti ammessi per le polveri sottili dovevano essere portati entro il 2010 da 35 a 7, ma la norma europea che prevede questa maggiore tutela per i cittadini è stata assurdamente prorogata. Assurdamente se si considera l’elevata mortalità delle Pm10: uno studio recente dell’Oms su 13 città italiane ha infatti attribuito agli effetti a lungo termine delle Pm10 la causa di oltre 8mila morti all’anno.
“Di fronte a questo scenario – afferma l’associazione del Panda – il Piano d’azione regionale ha finalmente introdotto una strategia preventiva di contenimento degli episodi acuti di inquinamento basata su previsioni meteo e di accumulo degli inquinanti nell’atmosfera, come da sempre richiesto dalla nostra associazione, ma è insoddisfacente su altri fronti. La Regione, ad esempio, avrebbe dovuto imporre gli interventi di limitazione del traffico, previsti nei casi di previsione di episodi acuti di inquinamento, non solo ai Comuni capoluogo ma anche a quelli limitrofi, perché l’assenza di collaborazione compromette l’efficacia stessa dei provvedimenti”.
“Infine – conclude l’associazione – non ci stancheremo di ripetere che la difesa della qualità dell’aria non può che passare attraverso campagne di informazione e formazione dei cittadini, l’incentivazione dei trasporti alternativi all’auto e una decisa politica di limitazione del trasporto privato in auto, vedi car pooling (la condivisione delle auto private tra un gruppo di persone con orari e destinazioni regolari, come quelle di grosse strutture pubbliche) e car sharing (l’autonoleggio a ore di automobili parcheggiate in più punti della città), che soprattutto in tempi di recessione economica come quella che stiamo vivendo può rivelarsi una scelta di buon senso e di convenienza oltre che di tutela della salute e dell’ambiente”.
Se cinque persone utilizzano la stessa auto, ci sarà bisogno di un unico posto di parcheggio e si produrranno meno inquinanti.