A poco più di metà festival si può già iniziare a tirare qualche somma di questa 28a edizione. Il concorso ufficiale, ad esempio, ha forse tradito per ora le aspettative, regalandoci un unico vero “indimenticabile”: Winter’s Bone di Debra Granik (voto 7 ½), potente storia di violenze e desolazioni esistenziali già vincitrice del Sundance. Un film asciutto e anti-retorico, tutto caricato sulle spalle della sua protagonista Ree Dolly, diciassettenne cresciuta troppo in fretta per necessità alla disperata ricerca del padre. Un noir, un thriller, una ricognizione dolente e spaventosa di un’umanità alla deriva. Un Gelido Inverno – questo forse il titolo italiano del film all’uscita in sala – è fin d’ora in pole position per la vittoria finale. Anche perchè dietro a lui c’è un po’ il vuoto. In queste giornate abbiamo assistito a cocenti delusioni (The Bang Bang Club, voto 4), a lavori “medi” privi dello slancio necessario per farsi notare (Soulboy, voto 6) e ad opere troppo strambe e weirdo per poter aspirare ad un’ampia (eppure magari meritata) visibilità.
The Infidel (voto 5) parte bene e pare proseguire meglio, come una salace e corrosiva commedia yiddish a là Woody Allen. Gag da commedia slapstick e stereotipi culturali messi al muro, per parlare di un tranquillo padre di famiglia musulmano che scopre di essere stato adottato e di essere in realtà ebreo. Ma a scherzare col fuoco spesso ci si brucia, e il lavoro del regista Appignanesi finisce esso stesso per scadere biecamente nei più banali clichè e luoghi comuni del caso, con un happy zuccheroso ending che ci fa immediatamente dimenticare quanto di buono era stato costruito nella prima ora.
Per la categoria “bizzarro movies” merita di essere perlomeno menzionato poi il guatemalteco Las Marimbas del Infierno (voto 7). La vicenda di Don Alfonso suonatore di marimba (strumento a percussione tradizionale dell’America Centrale) che perso il lavoro fonda un gruppo heavy metal col figlioccio Chiquilin e col medico ex metallaro satanista Blacko è un tuffo nel grottesco e nel surreale, talmente assurdo da poter sembrare reale. La miseria della messinscena e alcune laconiche sequenze che sfiorano la Poesia (il pianto di Chiquilin, la scena finale) lasciano il segno. Las Marimbas è un outsider malinconico e senza speranza, che cresce col passare del tempo, sedimentandosi nella nostra memoria.
Meglio della gara nel suo insieme hanno fatto le sezioni collaterali. Prende quota in particolare il già menzionato Rapporto Confidenziale, incentrato sull’horror contemporaneo, che scopriamo essere amante della musica (Suck, voto 6 ½, venato di sarcasmo vampiresco e con le partecipazioni di Alice Cooper, Iggy Pop e Moby) e di inquietudini quotidiane verosimili e per questo ancora più terrorizzanti (Outcast, voto 7, per certi versi simile al capolavoro Lasciami Entrare).
E si fa strada anche la piccola ma sempre più seguita dal pubblico sezione Figli e Amanti, che ospita 5 registi e altrettanti film cult che ne hanno ispirato la carriera: L’Angelo Sterminatore (Saverio Costanzo), If… (Daniele Luchetti), Cineocchio (Dario Argento), Il Lungo Addio (Carlo Mazzacurati) e Lo Sceicco Bianco (Carlo Verdone).
Nota a margine: mentre tutto scorre il Torino Film Festival si ferma per un attimo e omaggia il primo dicembre Mario Monicelli, con la proiezione di I Compagni. Un omaggio doveroso, per un maestro della regia italiana che ha deciso di uscire di scena senza troppe parole e con orgoglio. Perchè ci vuole coraggio per andarsene in modo spettacolare.
a cura del nostro inviato a Torino Filippo Zoratti
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