Sono circa 4.000 i posti di lavoro persi dalle donne in Friuli Venezia Giulia nel primo trimestre del 2021. Gli ultimi dati registrano così un calo di occupazione rispetto alla discreta capacità di tenuta che, a inizio 2020, si attestava nella nostra regione ad un -0,3% per lavoratrici e +0,4 tra i lavoratori decisamente migliore rispetto ai dati nazionale e del nord-est.
E’ quanto emerso in un recente incontro del coordinamento Pari Opportunità della Uil Fvg coordinato da Magda Gruarin e a cui hanno preso parte rappresentanti di varie categorie del sindacato, Patrizia Sushmel, Livia Nicolai, Raffaella Aglialoro, Egle Romano, Giulia Zgur, Paola Mossenta e Daniela Francescutto.
I settori più penalizzati risultano la ristorazione, il turismo, alcuni settori commerciali, le imprese di pulizia ad eccezione di quelle legate alle strutture sanitarie ed ospedaliere. Al contrario le addette ai settori commerciali alimentari sono oberate di lavoro con estreme di difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia. Le addette dei supermercati così come le donne che lavorano nelle farmacie, nelle case di riposo e nelle attività di pulizia negli ospedali non sono state in questi mesi attentamente valorizzate e ringraziate per il lavoro fatto. Anzi. Non sono state sottoposte a tamponi e non hanno priorità sui vaccini.
L’analisi del panorama occupazionale è estremamente preoccupante, ma non l’unico nodo problematico del lavoro femminile su cui si è concentrata la riflessione del coordinamento.
Smart working, mobbing per maternità, violenze contro le donne specialmente all’interno degli ambiti familiari e crisi crescenti cui le famiglie vanno incontro con un numero sempre crescente di separazioni e divorzi sono tanti campanelli d’allarme. Si assiste in modo preoccupante ad un retrocessione del lungo e difficoltoso percorso che ha portato all’emancipazione delle donne e dei loro diritti.
I dati a disposizione del sindacato mostrano come siano state quasi esclusivamente le donne a prendere i congedi per assistere i figli nella didattica a distanza, anche se ne avrebbero diritto anche i padri, con il paradosso che se un genitore può lavorare in smartworking non può godere dei congedi straordinari covid. Di fatto, dunque, nella stragrande maggioranza dei casi le donne si trovano costrette a seguire i figli e contemporaneamente lavorare.
Durante il lockdown le responsabilità domestiche e di cura delle donne sono aumentate; gli aiuti economici per baby sitter sono esigui (100 ero alla settimana coprono a malapena 10 ore di aiuto), l’accesso all’INPS per assegni e contributi è oltremodo difficoltoso. In sostanza le istituzioni non garantiscono il sostegno necessario ed urgente.
Il lavoro a distanza – secondo il Coordinamento Pari opportunità UIL FVG – cristallizza una divisione tradizionale dei ruoli all’interno delle famiglie con effetti preoccupanti sia in termini i benessere sia per quanto concerne il lavoro e le prospettive di sviluppo professionale per le donne. In questi mesi il cosiddetto “lavoro agile”, per le donne, non ha avuto nulla di agile: si è lavorato con le stesse modalità e gli orari d’ufficio con tutte le inevitabili difficoltà logistiche.
Lo smart working permette alle aziende risparmi importanti e il timore è che in futuro le aziende spingeranno verso il cosiddetto lavoro agile che rischia di diventare solo virtualmente volontario.
Con il ritorno alla normalità lo smart working dovrà essere uno strumento in grado di permettere di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, fondato su una libera e consapevole adesione volontaria.