Si prospetta un provvedimento di espulsione per i quattro inviati italiani fermati dalle autorità cubane ieri sera e interrogati per 12 ore la notte scorsa. La decisione spetta all’autorità migratoria di Camaguey, dove i quattro sono stati sottoposti a un procedimento per violazione dello status migratorio: in pratica erano arrivati nell’isola caraibica come turisti ma in realtà lavoravano come reporter. La giornalista di Mediaset e inviata di Videonews, Ilaria Cavo, il cronista del Messaggero Veneto, Domenico Pecile, il fotoreporter del Corriere della Sera, Stefano Cavicchi, e l’operatore Fabio Tricarico avevano intervistato e fotografato Reiver Laborde Rico nella sua abitazione della cittadina di centro Cuba, con tanto di bambina nata in agosto (la seconda figlia) e moglie. Cavicchi ha raccontato in diretta telefonica con TgCom24 che stava ultimando il suo lavoro quando nella casa hanno fatto irruzione sei agenti che hanno distrutto tutto il materiale girato, fotografico e registrato sui computer e portato i quattro in un non ben identificato “palazzo”. Qui, con atteggiamenti “rigidi” ma mai violenti, gli inviati sono stati interrogati a lungo e poi Cavicchi rilasciato e gli altri tre portati in una “casa protetta”. Qualche ora di riposo per poi tornare, per il procedimento amministrativo. Nulla di irregolare, ma giornalisti, fotoreporter e operatore erano giunti tre giorni fa a L’Avana mostrando un normale visto turistico, senza specificare la vera ragione del viaggio sull’isola caraibica. In Italia le reazioni sono state forti: il segretario della Federazione della Stampa dice che fa “rabbrividire la notizia del fermo” mentre è “incompatibile” con la libertà di informazione sequestro e distruzione del materiale. Articolo 21 puntualizza che “non c’é ragione alcuna che possa giustificare l’arresto dei quattro giornalisti italiani a Cuba”. Il deputato Udc Angelo Compagnon invoca l’intervento del Governo. Intervento che non mancherà poiché la diplomazia italiana è stata avvertita immediatamente. Una storia quella del duplice omicidio di Lignano Sabbiadoro che sembra non avere fine. Il nome di Reiver, sospettato con la sorella Lisandra di essere responsabile del massacro dei coniugi Burgato, suo malgrado rimbalza tra siti, teleschermi e giornali e così le sue dichiarazioni di innocenza. Oggi proprio uno degli inviati arrestati, Pecile, firma sul Messaggero Veneto e sul Piccolo una intervista al giovane: “Io con il delitto non ho nulla a che fare. Non sono scappato a Cuba ma sono tornato a Cuba perché stava nascendo la mia seconda figlia. Lo avevo detto a tutti, anche alla mia titolare della sala giochi”. E sulla sorella: “E’ stata costretta a dire quelle cose, non c’entriamo nulla. E’ opera di gente con le palle”. Infine, “la notte del duplice omicidio ero a casa, tranquillo, perché aspettavo di partire”. Troppa presenza mediatica, quella di Reiver, secondo l’avvocato Stefano Trabalza, legale di Michele, figlio delle vittime, che parla di “una giornata amara” per quelle parole di innocenza moltiplicate nella giostra mediatica. Michele, attraverso il legale, “esprimere sdegno”. E annuncia la costituzione di parte civile nel processo e una lettera aperta al ministro degli Esteri Terzi di Sant’ Agata affinché il “ricercato cubano venga a rispondere davanti alla giustizia italiana”.
(di Francesco De Filippo) (ANSA)