Udine: agenda del futuro, uscire dal “declinismo”

Udine: agenda del futuro, uscire dal “declinismo”

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Aver il coraggio di fare riforme profonde, a livello nazionale e locale, ma anche europeo. E cogliere subito i pur deboli segnali positivi che l’economia sta registrando, perché siamo nella situazione “ora o mai più”. Ne sono convinti l’economista e professore di Harvard Alberto Alesina e il capo dei progetti Leed di Ocse Sergio Arzeni, ospitatai all’appuntamento conclusivo della giornata-evento dedicata alla presentazione dell’Agenda del Futuro – Udine 2024, promossa dalla Camera di Commercio (con il suo Friuli Future Forum) con il Comune di Udine, in collaborazione con Università e Regione, affidata all’elaborazione di un team di analisti Ocse che oggi sono venuti a Udine proprio per presentarne le linee guida.

Ad Alesina e Arzeni, introdotti dal presidente camerale Da Pozzo, dal sindaco Furio Honsell e dal rettore Alberto Felice De Toni, il compito di contestualizzare l’Agenda del Futuro di Udine nell’evolversi della situazione nazionale e internazionale. «Come dice l’Agenda del futuro, è vero che bisogna uscire dal rischio “declinismo” – ha esordito Alesina -, ma non possiamo trascurare la situazione italiana, che negli ultimi 10 anni è peggiorata sensibilmente». Considerazione corroborata da una serie di dati (elevata disoccupazione, specie giovanile, produttività del lavoro bassa e costo del lavoro elevatissimo, profitti delle imprese e investimenti privati crollati, rapporto debito-Pil ancora altissimo…), paragonando la situazione italiana a quella, non certo tra le più rosee al mondo, dell’area Euro, che pure sta uscendo meglio dalla crisi. L’economista ha evidenziato come le politiche di austerity abbiano affossato ancor più la domanda. Da parte dell’offerta, Alesina ha puntato l’indice su una popolazione che sta invecchiando, sulla burocrazia eccessiva, le tasse alte e la rigidità del mondo del lavoro, e «tutto questo ha generato un andamento molto poco positivo dal punto di vista della produttività». Per curare questa «malattia», ha detto perciò il docente, bisogna agire insieme sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta. «Ci vuole più domanda aggregata del settore privato, più consumi e investimenti. La prova empirica dimostra che la riduzione delle imposte e della spesa pubblica hanno effetto positivo sulla domanda aggregata e sono stimolo positivo per l’economia». E le riforme strutturali sono quanto mai necessarie, di cui quella del lavoro è stata per l’economista un esempio positivo. Per Alesina il momento è propizio ed è forse l’ultima chiamata per mettere in atto un vero cambiamento e le riforme (a partire dalle pensioni): il tasso dollaro-euro è sceso, il prezzo del petrolio è crollato e Paesi anche dell’Europa stanno cominciando di nuovo a crescere e a espandere gli investimenti. Però è “ora o mai più”. E anche Arzeni dell’Ocse ha rincarato la dose, delineando uno scenario internazionale ancor più nero di quello di Alesina, a causa anche di incognite geopolitiche pesantissime, ed evidenziando come ci stiamo accontentando di scarsissimi risultati, dove non di piccole decrescite, quando invece nel mondo ci sono Paesi che stanno crescendo, e tanto, e sono cresciuti anche negli anni della crisi. «C’è una finestra di opportunità – ha detto il direttore Ocse -, ma mi pare che l’Italia non la stia sfruttando affatto».
Per entrambi gli ospiti internazionali, uno dei nodi è però quello della formazione e dell’occupazione giovanile, un Paese che deve ricominciare a trattenere talenti e a valorizzare il capitale umano e la formazione scientifica. Oltre che creare un sistema di vera formazione, fatta in azienda e per l’azienda, non fatta per gli enti di formazione.