riceviamo e pubblichiamo
Il Patto per l’Autonomia ritiene che i contenuti delle modifiche alla Costituzione della Repubblica italiana, che saranno sottoposti a referendum confermativo nel prossimo autunno, contengano significativi elementi che possono ripercuotersi negativamente per la Regione FVG sia dal punto di vista amministrativo-decisionale che economico.
Per quanto riguarda quest’ultimo, la perdita o riduzione della specialità presuppone meno entrate e il rischio di una perdita significativa del PIL regionale, con quello che comporta sulla già sofferente occupazione o sugli investimenti nei vari settori sociali (ospedali, cultura, impiego,…).
Per quanto riguarda le capacità decisionali, ampliamente dimostrate durante il terremoto di 40 anni fa, queste renderanno la nostra Regione e le decisioni dei cittadini sempre più periferiche e poco influenti. Di seguito sievidenziano succintamente alcuni punti critici per la democrazia e l’economia regionale.
Tutte le strade (e tutte le decisioni) portano a Roma
Le modifiche del Titolo V della Costituzione, relative ai rapporti tra i diversi livelli di governo della Repubblica, Stato, Regioni, Comuni, sono caratterizzate dalla compressione dei livelli di autonomia e delle competenze regionali. Sono, inoltre, accompagnate a un rigido e burocratico controllo finanziario che costituisce un inaccettabile modello di riaccentramento e implica una sfiducia amministrativa verso i territori ed un percorso di progressiva distruzione del ruolo delle Regioni e dei Comuni.
Mancano garanzie e non si sa quali siano gli interlocutori
Non essendo ben chiaro che fine faranno le Regioni a statuto speciale, la paura è che ”l’adeguamento degli
Statuti” si traduca in un’estenuante trattativa tra le singole Regioni e un non chiarito livello dello Stato centrale svilendo la valorizzazione del regionalismo. È inoltre abbastanza probabile che per definire le modalità dell’intera procedura di “intesa” debba essere approvata una ulteriore legge di modifica costituzionale i cui contenuti sono ignoti ed in balia del Parlamento accentrando e svilendo ancor più le funzioni della Regione.
Le minoranze vengono discriminate
La ridefinizione della composizione e delle competenze del Senato della Repubblica attua un’inaccettabile
discriminazione di rappresentanza delle minoranze linguistiche di questa Regione rispetto ad altre situazioni
regionali, situazione peraltro già evidente nelle divisioni circoscrizionali dell’ “Italicum”.
Manca la garanzia che il Senato rappresenti veramente le realtà territoriali
La previsione è che continueranno a dominare le logiche politico-partitiche come viene chiarito anche dalle
modalità di approvazione del Regolamento aggravate dalle preannunciate e innumerevoli leggi statali impattanti negativamente sulla nostra autonomia. Inoltre, l’organizzazione del Senato rimane un mistero sia per quanto riguarda il modo di lavorare dei componenti, sia per le strutture tecniche di supporto di cui si avvarranno.
L’impressione è che, non essendoci stato il coraggio di abrogare il Senato, si sia scelto di tenere in piedi un suo simulacro dello stesso con scarsa possibilità di rappresentanza delle istituzioni territoriali. Presidenzialismo o “monarchia costituzionale” a 70 anni dal referendum abrogativo?
Il complesso delle nuove norme relative ai rapporti tra il Governo ed il Parlamento definiscono una specie di
Repubblica presidenziale dove nel procedimento legislativo vi è una supremazia dell’esecutivo. Questo sistema sarebbe accettabile se accompagnato a un parallelo rafforzamento del regionalismo e delle autonomiema non è accettabile ed è anzi esiziale in presenza di una unidirezionale tendenza centralistica.
Fare di ogni erba uno sfascio
Non tutte le modifiche apportate alla Costituzione vigente sono da respingersi in blocco, alcune norme in
materia di referendum o quelle relative alla soppressione del CNEL possono essere condivise, ma
l’impossibilità di scindere il quesito e l’evidente prevalenza di uno spirito di accentramento istituzionale
e burocratico accompagnato da una visione di una democrazia decisionista che non tiene conto delle
diversità culturali, sociali e territoriali impongono un deciso pronunciamento per il NO al referendum
confermativo.
Sulla base di questi elementi, e nello spirito comunque di collaborare con altre iniziative che vanno nella stessa direzione, il Patto per l’Autonomia auspica la costituzione di un Comitato per il NO, articolato il più
possibile nell’ambito dei territori e delle comunità del FVG, rifiutando di considerare questa occasione
come un puro plebiscito sul futuro dell’attuale Capo del Governo Matteo Renzi.
Proprio per sottolineare questa presa di posizione come un NO alla logica del plebiscito, proponiamo di avviare simbolicamente questa campagna il prossimo 10 giugno 2016 a Coseano, 150 anni dopo che 36 cittadino di quel comune seppero dire NO a un plebiscito truffa, tenutosi il 21-22 ottobre 1866, che chiedeva di scegliere tra soluzioni istituzionali inaccettabili: la continuità del dominio austriaco o una Italia in mano ai Savoia, chiudendo qualsiasi ipotesi di federalismo, presente con autorevolezza nel dibattito politico risorgimentale.