I resti di un lago di circa 20 mila anni fa (tardo Pleistocene-primo Olocene), poi prosciugatosi, sono stati scoperti nel Kurdistan iracheno, nella regione di Dohuk, dagli archeologi dell’Università di Udine. Il ritrovamento è avvenuto durante l’annuale campagna di ricerca del “Progetto archeologico regionale Terra di Ninive” (PARTeN) nell’ambito della Missione archeologica italiana in Assiria (MAIA), partita nel 2012 e diretta da Daniele Morandi Bonacossi. Nell’ultima campagna nelle terre dell’antico impero Assiro, durata due mesi e mezzo, sono stati individuati più 150 nuovi siti archeologici (982 in 5 anni di ricerche, 12 quelli censiti prima dell’inizio del progetto), che vanno dai primi insediamenti preistorici (datati oltre mezzo milione di anni fa) ai più recenti villaggi ottomani (fino al 1900 d.C.). La missione ha anche trovato 3 nuove miniere per l’estrazione della selce, centinaia di strumenti di epoca protostorica (V e IV millennio a.C.) e decine di grotte, ripari e aree frequentate dalle popolazioni preistoriche della regione. Sono stati inoltre aperti due nuovi sondaggi di scavo per studiare il monumentale sistema di canalizzazioni del periodo neo assiro (VIII-VII a.C.), uno degli obiettivi principali del progetto. Gli studiosi dell’Ateneo friulano hanno poi raccolto nuovi indizi utili a localizzare nella piana antistante il sito archeologico di Tell Gomel, l’area dove si combatté la celebre battaglia di Gaugamela (331 a.C.) tra Alessandro Magno e il re persiano Dario III. Infine, il team udinese ha restaurato due importanti rilievi rupestri di epoca neo assira (VIII-VII a.C.), vandalizzati da numerosi e invasivi graffiti.
Da cinque anni la spedizione udinese passa a setaccio una vasta regione di circa 3mila chilometri quadrati. Quest’area è stata concessa nel 2012 in licenza all’Università di Udine dalle autorità regionali del Kurdistan iracheno e da quelle centrali di Baghdad e rappresenta una delle più ampie concessioni mai rilasciate a una missione straniera in Iraq. «I risultati ottenuti finora sono straordinari – sottolinea Morandi Bonacossi –. In cinque anni di lavoro sul campo abbiamo raccolto dati preziosi che migliorano sempre di più le nostre conoscenze sullo sviluppo degli insediamenti in una regione chiave dell’antica Mesopotamia. Chiaramente il territorio non ha esaurito il suo potenziale e rimane sicuramente un’area di primaria importanza per la ricerca archeologica nel Vicino Oriente, non solo per l’epoca assira, ma anche per i periodi preistorico e protostorico e per l’età Ellenistica, partica e islamica».
Le scoperte del periodo preistorico
Grazie alle indagini geoarcheologiche e paleoambientali nella regione settentrionale dell’antica Mesopotamia è stata ritrovata una spessa sequenza di sedimenti appartenente a un lago esistito durante il tardo Quaternario (a partire da 20mila anni fa) e prosciugatosi in epoche più recenti. Andrea Zerboni, geoarcheologo dell’Università di Milano che collabora con la missione udinese, afferma che il campionamento della sequenza lacustre e lo studio di questi sedimenti e degli antichi pollini in essi contenuti permetteranno di ottenere dati sull’ambiente e sul clima antichi e la loro evoluzione come conseguenza di cambiamenti climatici e dell’azione dell’uomo. Inoltre, sarà possibile iniziare la ricerca dei villaggi preistorici che sicuramente sorgevano sulle sue sponde. Durante le ricerche sono state anche identificate grotte, ripari e aree di frequentazione delle antiche popolazioni preistoriche. Centinaia di strumenti in selce e ossidiana, lame, raschiatoi e semplici schegge di lavorazione sono stati rinvenuti nei nuovi siti preistorici individuati dai ricercatori, a dimostrazione della fondamentale importanza della regione di Dohuk per la conoscenza della preistoria della Mesopotamia settentrionale. Inoltre, le 3 nuove miniere di selce scoperte vanno ad aggiungersi a quelle già precedentemente identificate dal progetto udinese. Le ricerche degli archeologi dell’Ateneo friulano, coadiuvati dagli specialisti delle università di Milano e di Roma “La Sapienza” per la ricostruzione del paesaggio preistorico e naturale, si sono concentrate sull’occupazione della regione durante il periodo compreso tra 1,8 milioni e 6-5 mila anni fa (dal Paleolitico inferiore al Calcolitico). In particolare, come spiegano Cecilia Conati Barbaro, de “La Sapienza”, e Marco Iamoni dell’Ateneo udinese «l’eccezionale scoperta di questo sistema di miniere per l’estrazione della selce ci aiuterà a comprendere le strategie economiche, lo sfruttamento del territorio e le reti di scambio delle comunità protostoriche del V e IV millennio a.C.».
I nuovi siti
Sono oltre 150 i nuovi siti archeologici identificati quest’anno. Complessivamente, in 5 anni di ricerche, i siti individuati nella regione sono 982. Si tratta non solo di antiche città, ma anche di piccoli villaggi rurali, grotte e ripari, necropoli, mulini, pozzi, cave, fornaci, recinti per animali, canali e antichi percorsi stradali. Prima dell’inizio del progetto PARTeN la regione di Dohuk era quasi completamente inesplorata ed erano censiti solo una dozzina di siti archeologici. «Il progetto dell’Università di Udine – spiega Morandi Bonacossi – ha rivoluzionato completamente ciò che sapevamo su questa regione del nord dell’antica Mesopotamia. Ora siamo finalmente in grado di ricostruire la storia dell’insediamento e dell’uso delle risorse naturali nelle pianure a est del corso del fiume Tigri, fra la preistoria più antica e l’età contemporanea». La ricognizione archeologica rimane infatti la principale attività del progetto PARTeN.
Gli antichi canali assiri
La campagna 2016 si caratterizza anche per lo scavo di due sondaggi archeologici lungo il complesso e monumentale sistema di canali costruito a cavallo fra VIII e VII secolo a.C., che si estende per quasi 250 chilometri. Sono stati raccolti dati sulle tecniche di costruzione, sulla portata e sulla manutenzione di questi canali. Inoltre gli scavi hanno consentito di raccogliere preziose informazioni riguardo la fase di abbandono e defunzionalizzazione dei canali. In particolare, è stato individuato e portato parzialmente alla luce un antico percorso stradale costruito probabilmente in età persiana (V-IV secolo a.C.), quando l’antico acquedotto assiro di Jerwan, lungo il percorso di uno dei canali, fu abbandonato come conseguenza del collasso dell’impero assiro nel 612 a.C. Nei secoli successivi l’acquedotto fu trasformato in un ponte su un corso d’acqua da cui partiva un’importante via di comunicazione. «Una delle attività principali del progetto è quella legata allo studio e ricostruzione del sistema di canalizzazioni realizzato durante il regno del sovrano assiro Sennacherib per irrigare l’entroterra della capitale Ninive e portare l’acqua alla città». Attraverso un modello 3D digitale, i dati raccolti permetteranno di ricostruire il complesso sistema idraulico costruito dagli Assiri. La ricostruzione farà parte del percorso espositivo del parco archeologico che il progetto PARTeN, in collaborazione con l’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), sta preparando per valorizzare il ricco patrimonio archeologico della regione di Dohuk.
Alla ricerca di Gaugamela
Le indagini degli archeologi udinesi hanno confermato che la storica battaglia di Gaugamela vinta da Alessandro Magno contro il re persiano Dario III nel 331 a.C., si svolse probabilmente nella piana di Navkur, al cui centro si trova il sito archeologico di Tell Gomel. Grazie a una precisa ricognizione delle fonti testuali unita a una esplorazione topografica sul campo è stato accertato che la zona ha le caratteristiche geografiche e topografiche presenti nelle antiche descrizioni della piana di Gaugamela. Grazie a questo studio dettagliato del team dell’Ateneo friulano, di cui fa parte anche lo storico polacco Micha? Marciak dell’Università di Rzeszów, è stato possibile identificare anche la possibile posizione degli accampamenti dell’esercito persiano e di quello macedone. La vittoria a Gaugamela permise ad Alessandro di aprirsi la strada per la conquista di Babilonia, Susa, Persepoli ed Ecbatana, capitali dell’impero della dinastia achemenide (550-331 a.C.). «Questa battaglia – spiega Morandi Bonacossi – ha da sempre conquistato l’attenzione degli studiosi perché, di fatto, essa marca l’inizio dell’età ellenistica e dell’impero globale di Alessandro che unì Oriente e Occidente fra India e Mediterraneo. Ancora oggi infatti, nonostante decenni di ricerche, si discute sull’identificazione del luogo dello scontro».
Restauro e conservazione del patrimonio archeologico in pericolo
Nei primi mesi del 2016 due rilievi rupestri assiri (datati tra l’VIII e il VII secolo a.C.), coinvolti nel progetto di tutela e valorizzazione condotto dall’Università di Udine, sono stati oggetto di atti di vandalismo. Numerosi graffiti sono stati dipinti con bombolette spray sulla superficie degli antichi e fragili rilievi. Il direttore delle Antichità di Dohuk, Hassan Ahmed Qasim, ha chiesto l’aiuto del team friulano per l’operazione di pulizia e restauro. Dopo uno studio accurato dello stato di conservazione della roccia è stato possibile procedere al restauro della superficie dei rilievi rupestri. «Questa operazione – sottolinea Morandi Bonacossi – rientra in un più ampio progetto di restauro e conservazione degli splendidi e unici rilievi rupestri assiri della regione di Dohuk, messi in pericolo dalla millenaria esposizione agli agenti atmosferici, dal vandalismo e dalla minacciosa presenza dell’Isis nell’area; Mosul infatti è a soli 60 chilometri da Dohuk».
Prossimi obiettivi
Nel 2017 il progetto dell’Università di Udine avvierà due nuovi scavi archeologici nei siti di Asingrian e Tell Gomel. Lo scavo di questi due siti chiave nella regione permetterà di ottenere dati ancora più precisi riguardo all’occupazione e la cultura materiale dei periodi preistorici e storici più antichi. Altro obiettivo di fondamentale importanza rimane la creazione del parco archeologico-ambientale e la definizione dei perimetri delle aree di protezione con vincolo archeologico. «Queste – spiega Morandi Bonacossi – costituiranno infatti la base di un’importante iniziativa di valorizzazione e disseminazione della conoscenza rivolta al grande pubblico e al turismo nazionale e internazionale, che si fonderà proprio sulla conservazione e musealizzazione dei siti archeologici nel quadro di un vasto parco archeologico-ambientale del sistema di canali costruito dal sovrano assiro Sennacherib».
Una collaborazione tra Friuli e Kurdistan iracheno
Il progetto PARTeN si svolge in cooperazione con le autorità locali. Gli archeologi del Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale dell’ateneo udinese collaborano infatti con la Direzione delle antichità di Dohuk, diretta da Hassan Ahmed Qasim. PARTeN è finanziato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dall’Università di Udine, dalla Fondazione Crup e dallo Studio Giorgiutti e Associati. Il progetto è sostenuto inoltre dall’Ambasciata italiana a Baghdad e dal Consolato italiano a Erbil.