La Cineteca del Friuli è anche quest’anno fra i protagonisti degli eventi organizzati presso lo stand della Regione Friuli Venezia Giulia al Salone Internazionale del Libro di Torino, in corso al Lingotto fino al 14 maggio. L’appuntamento è con Alina Marazzi, la regista di Un’ora sola ti vorrei, Per sempre, Vogliamo anche le rose e Tutto parla di te, che domenica 13 maggio alle 14.30 dialogherà con il direttore della Cineteca Livio Jacob nell’incontro moderato dalla storica del cinema Micaela Veronesi “Il ’68 delle donne: 10 anni di Vogliamo anche le rose – Le lotte femminili per l’emancipazione sociale e l’uso delle immagini d’archivio per riscrivere il passato alla luce di un futuro da costruire ogni giorno.”
Portare un incontro sul Sessantotto e sui materiali d’archivio al Salone 2018, che con lo slogan “Un giorno, tutto questo” intende proporre una riflessione sul futuro, è una contraddizione solo apparente, come ben sa chi conosce il lavoro di Alina Marazzi, che si caratterizza per una rilettura sempre originale e sfaccettata di un passato che non è mai soltanto memoria. Vogliamo anche le rose, di cui si mostreranno alcune sequenze chiave, interpella le tematiche della rivoluzione sessuale post-Sessantotto dal punto di vista delle donne, con uno sguardo rivolto al presente che rende il film, uscito dieci anni fa, di grande attualità e ricco di spunti – anche per le generazioni più giovani – per una riflessione sulla condizione femminile di oggi e di domani.
La struttura narrativa combina la lettura di diari privati con immagini d’archivio, sequenze animate, fotografie e nuove riprese. I materiali d’archivio, alcuni dei quali provenienti dalla Cineteca del Friuli, coprono almeno il settanta per cento della durata del film diventando un elemento essenziale della creazione artistica. Il loro riuso (o riciclo) per dare vita, attraverso il montaggio, a nuove relazioni emozionali e di senso è una pratica sempre più frequentata dai cineasti che, se portata avanti con un lavoro di ricerca attento e intelligente come quello della Marazzi, valorizza i materiali stessi e in certa misura ridefinisce ruolo e politiche, non più solo conservativi, delle cineteche, ridisegnando il rapporto fra archivio e filmmaker.