Trieste, 29 marzo 2011 – Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha reso pubblici, come ogni anno, i dati relativi al rapporto tra spesa per il personale e Fondo di Finanziamento Ordinario statale, nei singoli Atenei italiani. È noto che tra le 67 Università monitorate, 16 risultano, al 31 dicembre scorso, aver superato il rapporto del 90% tra i due indicatori: tra queste, le Università di Trieste e di Udine, che lo scorso anno figuravano invece al di sotto di tale soglia. Ambedue, si trovano pertanto assoggettate al divieto di assumere, per l’anno 2011, personale docente (ossia, professori di prima e di seconda fascia, nonché ricercatori, tanto a tempo indeterminato, quanto a tempo determinato) e tecnico amministrativo, in forza del decreto legge n. 180 del 2008, convertito nella legge n. 1 del 2009. In concreto, il sistema universitario del Friuli Venezia Giulia diviene l’unico in Italia a trovarsi assoggettato a integrale blocco del turn over.
A commento del dato, i rettori delle due Università regionali, Cristiana Compagno e Francesco Peroni sottolineano anzitutto il paradosso di tale scenario, a fronte di due Atenei, variamente distintisi, ancora di recente, nel gruppo di testa delle università italiane, nelle classifiche tanto nazionali, quanto internazionali, per ciò che riguarda la didattica e la ricerca scientifica (si vedano i dati diffusi dai rettori Compagno e Peroni, nei rispettivi discorsi di apertura dell’anno accademico (14 marzo 2011 e 15 novembre 2010). In effetti, la spiegazione di tale anomalia va ricondotta alle modalità di calcolo dell’indicatore 90% da parte del Ministero.
Il paradosso è reso evidente, anzitutto dal fatto che la spesa complessiva per stipendi nel 2010 ha registrato, per entrambi gli Atenei, una riduzione. Senonché, tale flessione è stata neutralizzata dall’impatto degli incrementi Istat e degli automatismi stipendiali biennali, che hanno assorbito parte dei risparmi generati dall’oculata gestione delle risorse e dalle cessazioni del personale di ruolo. All’effetto in parola hanno poi concorso, aggravandolo, i drastici tagli di FFO inferti al sistema universitario dalla legge Tremonti: tagli che, rispetto al 2009, per l’Università di Udine sono pari a 2.2 milioni di euro (-2,8%) e per l’Università di Trieste a oltre 4 milioni di euro (-4,8%).
Com’è evidente, si tratta di un doppio meccanismo, del tutto fuori dal controllo e dalla responsabilità delle Università: quello della riduzione del denominatore – realizzato dal tagli al FFO – e quello dell’aumento del numeratore, riconducibile ad automatismi stipendiali, stabiliti da leggi dello Stato e da contratti collettivi di lavoro, ma fatti gravare sulle casse delle Università.
Amareggia constatare – notano i rettori Compagno e Peroni – come, a fronte di faticosi percorsi collettivi, intrapresi nella direzione della crescita qualitativa, della modernizzazione organizzativa e della stabilizzazione finanziaria – apprezzati anche dal Ministro Gelmini, nell’occasione della sua visita in Regione, due anni or sono – corrisponda il peggioramento dell’indicatore del 90% che, evidentemente, manifesta tutta la sua inadeguatezza a riconoscere l’azione di quelle università che, come le nostre, hanno saputo raggiungere, a dispetto della congiuntura, considerevoli risultati nella didattica, nella ricerca e nella gestione. Un’inadeguatezza resa ancora più intollerabile, ove si tenga presente che l’importo del FFO 2010, nella sua quota premiale del 10%, non ha tenuto conto di alcuni parametri utilizzati l’anno precedente e risultati allora particolarmente premianti per le Università regionali: tanto vale per la percentuale di occupati a tre anni dalla laurea, per quella degli studenti “regolari” negli studi e per l’apprezzamento della didattica nella valutazione espressa dagli studenti. Indicatori dotati di oggettiva valenza dimostrativa, nei quali entrambi gli Atenei hanno sempre vantato posizioni di spicco su scala nazionale; e, tuttavia, “sospesi” – non è chiaro per quali ragioni – nella determinazione del FFO 2010.
Alla luce di queste considerazioni, ribadiamo – come già altre volte sottolineato pubblicamente – che dallo scenario di allarmante penalizzazione in cui il sistema regionale universitario si è venuto a trovare si potrà uscire solamente con una drastica inversione di rotta su diversi piani: per un verso, ponendo fine all’incessante azione di definanziamento nazionale delle università; per un altro, addivenendo a un modello stabile e oggettivo di valutazione degli atenei, adeguato alle loro reali prestazioni; ancora, ponendo mano a una revisione dell’indicatore assegni fissi/FFO, come prescritto, tra l’altro, dalla stessa riforma Gelmini.
Auspichiamo che il decreto legislativo che dovrà dar corso a tale revisione intervenga entro l’anno, in modo da rendere l’indicatore più aderente agli effettivi equilibri di bilancio degli atenei e da consentire di riavviare, sin dal 2012, i percorsi di assunzione e di progressione di carriera del personale docente e tecnico amministrativo. Sin dall’anno in corso, chiediamo che sia consentito il completamento delle procedure concorsuali bandite nel 2010 e non ancora portate a termine, per tempi tecnici non imputabili agli Atenei.
Com’è evidente, la posta in gioco è di ordine non solo nazionale, ma anche regionale. Le ripercussioni del blocco del turn over in tutto il sistema universitario regionale pongono infatti al centro la questione della competitività di un intero territorio e quella del suo futuro, in termini di sviluppo economico e sociale. Si tratta, dunque, di questioni di dimensione collettiva che, lungi dal riguardare solamente le due Università e le rispettive comunità, chiamano a responsabilità tutti gli attori istituzionali del territorio.
Per parte nostra, consapevoli di ciò, chiederemo un incontro urgente con il Ministro dell’Università, che auspichiamo possa svolgersi alla presenza anche del Presidente della Regione