“Stanno bene”, ma una volta nell’aula giudiziaria per il processo a loro carico cominciano a “rendersi conto della portata della vicenda”, dell’accusa di aver ucciso un uomo e delle conseguenze di questo gesto, di cui sin dall’ inizio si sono assunte la responsabilità. Le due adolescenti udinesi, alla sbarra con l’accusa di omicidio volontario per la morte del pensionato delle ferrovie Mirco Sacher, rinvenuto privo di vita in un campo alla periferia di Udine il 7 aprile scorso, sono comparse oggi davanti al Gup del tribunale dei minorenni di Trieste. Sedute al fianco dei loro avvocati, accompagnate da genitori e familiari, oltre che dai responsabili delle due comunità in cui vivono da mesi, le due ragazzine hanno assistito alla prima udienza preliminare del processo, che verrà celebrato con rito abbreviato condizionato, come chiesto dalle difese, allo svolgimento di due perizie, una di natura medico-legale e una psicologica sulle ragazzine. L’udienza è durata un paio d’ore. Il tribunale ha conferito oggi gli incarichi al medico legale Claudio Rago e allo psichiatra Mario Novello, insieme alla psicologa Erika Jakovcic. La perizia medica dovrà stabilire l’esatta causa della morte del pensionato. Un’asfissia da strozzamento con contemporaneo schiacciamento del torace e dell’addome, secondo il medico legale Carlo Moreschi, consulente della Procura. Di tipo neurologico, avvenuta in pochi secondi e non necessariamente a causa della pressione esercitata sul collo della vittima, secondo la difesa. La perizia psicologica è diretta invece a valutare la maturità delle due ragazzine, che all’epoca dei fatti avevano compiuto 15 anni, e dunque sopra il limite di imputabilità a 14, ma che, secondo i loro legali, erano ben più immature della loro età. Il Tribunale ha concesso ai periti 60 giorni di tempo per assolvere all’incarico e ha fissato una nuova udienza il 29 gennaio per discutere le loro conclusioni, salvo richieste di proroghe dei termini. Per tutta la durata delle operazioni peritali, le due adolescenti dovranno continuare a rimanere nelle due comunità protette di Veneto e Lombardia. Il Tribunale ha infatti prorogato la misura. Nelle due comunità, sembra che le ragazze abbiano avuto modo di riflettere su quanto è accaduto. Smessi i panni da “grandi” che indossavano, come fanno gli adolescenti, forse per nascondere insicurezze, le ragazzine hanno mostrato oggi tutta la loro fragilità di minorenni, poco più che bambine. In aula non hanno rilasciato alcuna dichiarazione.
(di Elena Viotto) (ANSA)