Giovedì 5 novembre 2009 sarà un giorno speciale per il Friuli e per Casarsa, luogo pasoliniano per eccellenza e città natale dell’amatissima madre Susanna. E, sulla traccia del pensiero di Pasolini, sempre folgorante e tuttora di vitale attualità, saranno le arti a incontrarsi, in un intreccio di punti di vista che vedrà chiamati all’appello il teatro, la pittura, la musica, la fotografia e, non ultima, la filosofia.
Artefici e promotori di questa inedita iniziativa a più facce sono il Comune di Casarsa, il Centro Studi Pier Paolo Pasolini, l’Ert del Friuli Venezia Giulia e, primo motore, il collettivo dei Chille de la balanza, storica compagnia teatrale di ricerca, fondata a Napoli, ma da anni attiva a Firenze attorno alla vulcanica creatività di Claudio Ascoli e Sissi Abbondanza.
Due gli appuntamenti in programma, a partire dalle ore 17, quando, nel Ridotto del Teatro Pasolini, inizierà la tavola rotonda “Intorno a Pasolini” , con la partecipazione di vere autorità in materia: il fotografo Mario Dondero, firma storica delle foto pasoliniane più significative; i filosofi dell’Università di Trieste Pier Aldo Rovatti (direttore della rivista “aut aut”) e Raoul Kirchmayr, entrambi autori di studi di rimando pasoliniano, rispettivamente sul gioco e sulla passione-Passione; il saggista e critico letterario Fabio Pierangeli, docente all’Università romana “Tor Vergata”, esegeta raffinato dell’opera di Pavese e, inoltre, acuto osservatore delle arti della scena.
Seguirà poi in prima nazionale alle ore 20.45, nella Sala grande dello stesso Teatro, la nuova produzione teatrale dei Chille Pier Paolo Pasolini… Me ne vado, con cui, nel segno del grande concittadino Pier Paolo, si inaugura la stagione teatrale casarsese, organizzata dall’Ert. E anche in questo spettacolo, frutto di un lungo scavo sul campo, condotto nel mesi scorsi nella stessa Casarsa, lo stile di scena vedrà il convergere di vari linguaggi artistici. Accanto agli attori (Sissi Abbondanza, Vincenzo De Caro, Marco Pecchioni, Martina Lino, Marco Mangani, Beatrice Massaro, e Silvia Minichino), la scena si avvarrà infatti anche dell’ intervento del cantautore carnico Lino Straulino, su musiche originali, delle foto di Mario Dondero e, vera novità da happening, della performance di Amedeo Lanci, pittore e fondatore della corrente “Arte Sentimentale”, che realizzerà in diretta durante lo spettacolo una sua originale creazione su tela gigante di due metri per tre.
Lo spettacolo si riferisce largamente allo strappo-sradicamento del poeta dal Friuli, evento di cui quest’anno cade il sessantesimo anniversario. Risale infatti al 1949, dopo le accuse di oltraggio al pudore, l’espulsione di Pasolini dalla sezione del Pci di San Giovanni di Casarsa, di cui era segretario, e dalla Scuola Media di Valvasone, in cui insegnava italiano. Così, all’indomani di quel surreale editto di scomunica, Pasolini si trasferì a Roma, dove, ironia del destino, giunse proprio all’inizio dell’Anno Santo, il 1950. Pier Paolo Pasolini… Me ne vado ripercorre con parole, azioni, gesti, immagini, musiche, fiabe (La Sagra degli Osei, con il rifiuto dello straniero e la perdita conseguente di ogni suono), gli anni friulani dell’infanzia e della giovinezza del poeta, le sue sentimentali ossessioni (il suono delle campane, le fontane, i treni…), il crescente manifestarsi di una vitalità prorompente e incantata. Da qui i giochi sulla Livenza, l’amore per il cinema, l’adesione alle lotte dei contadini con i proprietari terrieri all’indomani del Lodo De Gasperi, ma soprattutto i difficili incontri-rapporti di lui, omosessuale, con il femminile: con la madre Susanna, con la violinista Pina Kalz, che avvicinò Pasolini alla musica di Bach, e con la scrittrice Silvana Mauri, suo quasi-amore. Nello spettacolo assume un forte rilievo anche il conflitto con il padre, militare di carriera, di cui il poeta ricorda una violenta inoculazione, quand’era ragazzo, di gocce di collirio su un tavolo di cucina, lo stesso tavolo sul quale egli vedrà consumarsi (forse) una scena di violento amore tra i genitori.
La scrittura scenica, firmata da Claudio Ascoli, rifugge da un percorso filologico o cronologico, optando piuttosto per una composizione cartografica che spazia liberamente tra diversi episodi. Di Pasolini sottolinea in particolare la voglia di gioco e la passione (Passione), sulla base di una persistente tensione pedagogica: tensione che si svela attraverso il personaggio fortemente autobiografico di Don Paolo, presente in Romans, prima stesura de Il sogno di una cosa, ma poi rimosso nella versione definitiva del romanzo. Non mancano citazioni del periodo romano o anche visioni dall’ultima incompiuta fatica di Petrolio.
I Chille ritengono che svelare oggi le complesse radici della creazione pasoliniana aiuti a comprendere come siano stati principalmente il crudele distacco dai luoghi materni, la morte del mondo antico, poi l’avanzare del consumismo e soprattutto la “fine del corpo” a condurre Pasolini verso l’unico possibile, tragico epilogo. Non è perciò un caso che Pier Paolo Pasolini… Me ne vado veda anche la ripresa del celebre scritto corsaro del 1974 “Io so. Ma non ho le prove!” e dell’ultima intervista che Pasolini rilasciò all’allora giovane giornalista Furio Colombo, poche ore prima di essere ucciso, e per la quale indicò come possibile titolo “Siamo tutti in pericolo”. Questa intervista è “giocata” in scena attraverso la scrivania di Pasolini e i suoi libri, nel libero scorrere della vicenda biografica pasoliniana dagli anni friulani alla solitudine di Chia. Intervengono qui anche le immagini, tra le quali alcune tratte dal film documentario 12 dicembre, realizzato con “Lotta continua” ad un anno dalla strage di Piazza Fontana alla Banca dell’Agricoltura di Milano.
Info, Biblioteca di Casarsa della Delizia, via 11 febbraio 16, tel. 0434.873981, cell. 335. 7929497; Centro Studi Pier Paolo Pasolini, tel. 0434. 870593; Ert Fvg, 0432.224266.
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