Boccia e la battaglia «di equità»: anche i colossi digitali paghino le tasse

Boccia e la battaglia «di equità»: anche i colossi digitali paghino le tasse

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L’onorevole componente della V commissione è intervenuto ieri al Future Forum con Michele Carbone della Gdf, intervistati su google tax, tasse ed evasione da Stefano Feltri de Il Fatto Quotidiano

Regole chiare per quanto riguarda la tassazione anche per i colossi del web con cui le imprese tradizionali hanno scarsa possibilità di competere, soprattutto a causa della disparità di trattamento quando si tratta di fisco. Ne ha parlato oggi al Future Forum l’onorevole Francesco Boccia, dal 2010 impegnato nella battaglia per far pagare le tasse all’economia digitale. Boccia è stato intervistato dal vicedirettore de Il Fatto Quotidiano Stefano Feltri e ha condiviso il palco con Michele Carbone, generale di divisione della Guardia di Finanza. L’appuntamento è stato aperto dal presidente della Cciaa Giovanni Da Pozzo, che ha sottolineato come la sharing economy stia generando «situazioni complesse, con molte aree grigie. Una vasta parte dell’economia, soprattutto i grandi del digitale, vanno regolamentati soprattutto per quanto riguarda la fiscalità». Per Boccia la parola d’ordine è equità: fare business in Italia significa pagare le tasse in Italia. E la sua battaglia è partita nel chiedere quanto meno il pagamento delle imposte indirette. «Il commercio elettronico oggi vale 17 miliardi, in Italia, e il 90% è nelle mani di Amazon. Amazon manda la fattura dal Lussemburgo: per me – ha rimarcato – questo è un reato». In seguito alle prime regolamentazioni, qualcosa è cambiato, quanto meno in termini di ruling, di tracciabilità dei pagamenti. Almeno la Finanza può fare le indagini e la Procura le inchieste, ma «la cosa che mi fa arrabbiare – ha detto Boccia – è che noi facciamo pagare le imposte a questi qui dopo aver fatto le transazioni». Amazon e Google, ha ricordato, hanno fatto transazioni con la Procura di Milano, «ma non è possibile che le grandi multinazionali paghino le imposte dopo le inchieste. Tutto ciò ci fa sperperare soldi ed energie. Queste sono grandi imprese. E le grandi imprese pagano automaticamente le imposte, mentre tutto questo non accade per questi colossi, perché ci sono ancora fortissime resistenze e lobby a Bruxelles che non consentono l’accordo europeo, per questo siamo partiti all’interno di alcuni Stati».
E ora? «Ora – ha ammesso Boccia – anche il ministro Padoan ha ammesso che si tratta di un dibattito da affrontare. Amazon vale più di Borsa Milano. Una sola azienda. Non è mai successo. È evidente che, se stiamo fermi, la grande concentrazione di ricchezza andrà o negli Stati Uniti, nelle prime otto aziende al mondo, che sono tutte del digitale, o in Cina». Marriot, ha raccontato ancora Boccia, «ha 4000 alberghi di proprietà e centinaia di migliaia di dipendenti in tutto il mondo. AirBnB è il diretto concorrente. Ma Marriot vale 17 miliardi, la metà di AirBnB, che ha solo pochissimi dipendenti e semplicemente una rete di comunicazione. È evidente che la sproporzione è enorme, uno vince sempre e uno perde sempre».
E parlando di evasione fiscale, il dibattito non ha dimenticato che non esiste solo per il mercato virtuale, ma anche per quello tradizionale, di cui ha parlato Michele Carbone. «In Italia – ha detto – si parla di oltre 120 miliardi di euro evasi e, di questi, 45 riguardano l’Iva».