Pronte a ripartire, ma con cautela e con tanti punti di domanda. E’ questo lo spirito che accompagna verso la riapertura di lunedì 18 maggio le 2.624 imprese artigiane guidate da donne in Friuli Venezia Giulia che a tutt’oggi sono sospese. Ancora una volta sono queste ultime ad aver pagato il prezzo più alto all’emergenza. Lo dicono i numeri dell’ultimo report elaborato dall’ufficio studi di Confartigianato-Imprese Udine a partire dai dati di Unioncamere-Infocamere. Un report che mette a fuoco l’impatto di genere del lockdown svelando come siano appunto le imprese femminili ad aver patito di più. Numeri alla mano.
La fase due, scattata lo scorso 4 maggio, non ha infatti interessato tutti e in particolare ha tagliato fuori gran parte delle imprese individuali guidate da donne. Sul totale delle imprese artigiane tornate in attività, quelle femminili rappresentano appena il 10,4%, 1.829 su 15.842, al contrario, balzano oltre il 71% se si considerano quelle sospese. Sul totale delle imprese individuali artigiane con titolare femmina il 58,9% è ancora fermo, 2.624 su 4.453, il quadruplo del dato complessivo (15,2%), dieci volte tanto la percentuale di sospensioni tra le imprese individuali con titolare maschio (6,1%). A livello territoriale paga il prezzo più alto l’ex provincia di Gorizia, dove sono sospese il 63,5% delle imprese individuali con una donna alla guida, seguita da quelle di Pordenone con il 59,9%, Udine con il 58,1% e infine Trieste con il 57,2%.
«Ante Covid – commenta la presidente del Movimento Donne Impresa di Confartigianato Udine, Filomena Avolio – l’imprenditoria femminile cresceva, ora invece ci ritroviamo a fare i conti con una nuova battuta d’arresto e con le conseguenze che ne deriveranno. Se da un certo punto di vista infatti la ripartenza di lunedì non può che essere considerata una buona notizia per le imprese, dall’altro porterà in dote nuovi problemi a meno non la sia accompagni con adeguati strumenti». Il rischio infatti è che a pagarne il prezzo siano proprio le donne, che la marcia sulla strada dei diritti si arresti e che il conto finale sia salatissimo, con aziende costrette ad abbassare le serrande.
Welfare. Il problema principe che si pone per molte realtà a guida femminile con la riapertura di lunedì è legato alla cura della famiglia: dai figli ai genitori anziani. Al riavvio praticamente completo delle attività economiche non corrisponderà infatti una riapertura delle scuole. Se a questo si aggiunge l’impossibilità di contare sulle reti di protezione familiare ecco che la ripartenza per le imprenditrici rischia di trasformarsi in un nuovo momento di difficoltà. «Per far fronte a queste situazioni – dichiara Avolio – non basteranno le misure di contenimento e vari bonus, spesso insostenibili se consideriamo che ci vorrà tempo per recuperare i livelli di reddito pre-Covid e che in ogni caso ci sono 2/3 mesi di perdita netta di fatturato. Abbiamo bisogno di un piano, di indicazioni chiare, di strumenti che non scarichino gli oneri solo sulle imprese”.
Previdenza. L’incidenza femminile delle domande per il bonus di 600 euro transitate dal patronato di Confartigianato Udine è del 20,7% tra i titolari, ma sale al 37,7% tra i collaboratori. «Per questi ultimi il calo di fatturato aziendale potrebbe mettere particolarmente a rischio la regolarità della contribuzione previdenziale e più in generale la possibilità di ottenere una retribuzione – sottolinea ancora Avolio – in altre parole questa fascia di lavoratrici autonome appare ancora più esposta ai contraccolpi negativi dell’emergenza coronavirus. Ogni intervento sulla sostenibilità del peso contributivo a carico di tutte le artigiane, e in particolare di queste figure, risulterebbe dunque particolarmente positivo per la salvaguardia del relativo reddito e del percorso contributivo verso la pensione. Buona – continua la presidente del Movimento donne impresa – è l’idea di riconoscere contributi figurativi a fronte del lavoro di cura che spesso resta a carico del femminile».
Futuro. Particolarmente importante sarà stimolare l’avvio di nuove iniziative da parte delle donne, in nuovi settori e con nuovi modelli di business, specie se, come prevedibile, si restringeranno le possibilità di fare impresa in modo sostenibile nel terziario tradizionale (servizi alla persona, ristorazione-ospitalità). «Dovranno essere incoraggiate le iniziative nel terziario avanzato, oltre che in settori manifatturieri con prospettive di sviluppo – conclude Avolio – A questo proposito, speriamo che in Fvg possa prender corpo una misura ad hoc per sostenere, incentivare e far crescere le imprese femminili. Il tutto, non dimentichiamolo, con la massima attenzione che il momento impone sul fronte delle misure di sicurezza. Anche in questo senso chiediamo alle istituzioni che ci diano indicazioni chiare, che nulla sia lasciato al caso. Per l’artigianato, specie femminile, un’altra emergenza avrebbe effetti devastanti».