“Più che test di massa”, i test sierologici per la ricerca degli anticorpi sono test che si fanno su “strati significativi della popolazione”, campioni mirati. Lo ha chiarito il Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia e professore emerito di Microbiologia dell’università di Padova, in merito all’utilità di questo strumento nell’emergenza coronavirus.
“Il Veneto ha iniziato già da 2 settimane a fare esami soprattutto al personale sanitario, ai dipendenti e ai residenti delle case ricovero – ha ricordato il virologo, ospite di ‘Mezz’ora in più’ su Rai3 – e adesso da sabato è partita un’indagine più estesa”.
“Quello di misurare gli anticorpi specifici contro il virus, quindi in grado di riconoscere Sars-CoV-2 dal virus della Mers, da quello della Sars e dai 4 virus del raffreddore che sono coronavirus umani con noi da migliaia di anni, è uno dei modi di fare la diagnosi”, ha aggiunto. “La diagnosi in virologia si fa in modo diretto, cercando e isolando il virus e poi sequenziandolo, o i suoi antigeni – ha precisato – o misurando la presenza di anticorpi specifici”.
“Non ci sono tanti test che siano validati – ha detto ancora Palù – anzi ce ne sono pochi, pochissimi”. In Veneto “noi ne abbiamo scelti un paio che hanno il marchio europeo”, con “criteri di sensibilità, specificità e valore predittivo positivo e negativo assolutamente affidabili, ovviamente con i limiti che hanno tutti i test diagnostici”. Quindi quello sierologico “è un test che si può affiancare al prelievo diretto con tampone per diagnostica molecolare – ha sottolineato lo specialista – ma è un test molto più adattabile per gli studi di sieroprevalenza” e cioè “per dirci quale sia la diffusione del virus nella popolazione”.
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