“E’ davvero un dolore” il risveglio di sentimenti no-vax, espressi sui social dell’Istituto Spallanzani di Roma dove oggi è partita la fase clinica I della sperimentazione sul vaccino italiano contro Covid-19. “Percepire queste negatività, a fronte di una serie di ricerche svolte con grande attenzione e rigore”, suscita innanzitutto tristezza nel virologo dell’università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco, sentito dall’Adnkronos Salute.
Pur “non negando che sul tema ci sono interessi economici e geopolitici importanti”, come dimostra la corsa di Usa e Cina verso l’obiettivo di un prodotto-scudo efficace, solo per citare due delle più grandi potenze mondiali, l’esperto sottolinea che “ci saranno più vaccini disponibili, non soltanto uno”. Naturalmente “bisognerà approfondire gli studi – precisa Pregliasco – verificare il profilo di sicurezza del futuro vaccino ed essere certi che garantisca una protezione duratura nel tempo”. Ma al di là delle perplessità individuali e del rispetto della libertà di scelta, “è un dolore – ripete il virologo – che non si veda l’aspetto di solidarietà che può essere rappresentato dalla vaccinazione. Perché anche un soggetto giovane, che magari non riporterebbe di per sé effetti pesanti” dal contagio da coronavirus Sars-CoV-2, “se si vaccina può comunque contribuire alla sicurezza della comunità in cui vive”.
“La grande infodemia che si è sviluppata parallelamente alla pandemia – ammette d’altra parte Pregliasco – ha evidenziato una massa di informazioni a volte difficili e contraddittorie che in qualche modo, mi rendo conto, possono aver reso complicato per un cittadino interpretare le difficoltà che la ricerca ha in tutti i casi e in particolare di fronte a un virus nuovo come questo”. Un patogeno “caratterizzato da aspetti che, visti da angolazioni diverse, sono tutti plausibili” anche se apparentemente contrastanti.
“Non a caso, quindi – analizza l’esperto – quella quota di no-vax che aveva già una difficile percezione” sulla profilassi contro le malattie infettive, “ritenendo meno pericoloso rischiare il contagio che fare la vaccinazione, trova in tutto quello che viene detto degli elementi per avvalorare i propri dubbi”: uno su tutti, la perplessità sulla “velocità della registrazione” dei prodotto allo studio. “Mentre riguardo alla meningite, che dà un’evidenza di malattia rara ma grave, magari la vaccinazione convince di più – ragiona il virologo – l’estensione di malattie come il morbillo, l’influenza o la Covid riducono la percezione di gravità della patologia essendo meno impattanti per il singolo”. Per questo, conclude Pregliasco, è fondamentale insistere sul valore medico, sanitario e sociale dei vaccini.
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