“Ho commesso un errore di comunicazione, Ho detto che non mi farei il vaccino in assenza di dati. E’ chiaro che con i dati me lo faccio. Darò l’esempio, mi farò il vaccino che mi daranno”. Andrea Crisanti prova ad archivare definitivamente il ‘caso’ legato alle dichiarazioni sul vaccino rilasciate la scorsa settimana. “In assenza di dati non farei il vaccino a gennaio”, ha detto il direttore del laboratorio di microbiologia e di virologia dell’università di Padova qualche giorno fa.
“Non rifarei l’affermazione nello stesso modo, ho commesso un errore di comunicazione ma il senso rimane quello. Ho detto che non mi farei il vaccino in assenza di dati. E’ chiaro che con i dati me lo faccio e sono assolutamente fiducioso nella capacità degli organi regolatori di arrivare ad una conclusione”, dice Crisanti a Piazzapulita.
“Io ero irritato da questi annunci in assenza di dati condivisi a sufficienza”, dice ripensando alle comunicazioni delle aziende che hanno fatto riferimento all’efficacia elevatissima dei vari vaccini. “Se vengono fatte comuncazioni orientate verso il mercato e non sostanziate dai dati, è naturale volerne sapere di più. Questo modo di comunicare mi ha irritato e ho chiesto di conoscere i dati”, ripete Crisanti.
“Non necessariamente il campione selezionato rappresenta tutta la popolazione, potrebbe essere arricchito da soggetti tra 18 e 50 anni. Potrebbe non rappresentare persone con patologie sottostanti. Quando il vaccino viene somministrato a fasce più ampie, si verifica se protegge anche soggetti che non sono stati selezionati nella sperimentazione”, spiega. “In questo momento nessuno può dire se ci sono effetti collaterali a lungo termine. Il vaccino è la strategia da seguire. L’altra strada era quella della sorveglianza per consolidare i dati ottenuti con il lockdown: avevamo poche centinaia di casi”.
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