Udine, 22 ott – La Regione Friuli Venezia Giulia è impegnata a
favorire la trasformazione digitale, ma, in Italia, sussiste
ancora un forte divario tra le grandi realtà urbane e i Comuni
con meno di 20 mila abitanti, che sono il 93 per cento del
totale. Il diritto alla cittadinanza digitale, la possibilità di
dialogare con la pubblica amministrazione e non solo, dovrà
invece divenire tale per ogni cittadino. E se si affermerà
l’alleanza tra il mondo digitale, l’economia, il lavoro e
l’ambiente, allora diverrà lo strumento per favorire un’adeguata
qualità della vita e un futuro più sereno per tutti i cittadini.
L’esperienza del recente lockdown deve rappresentare un impulso
per la digitalizzazione del Paese, per rafforzare la dimensione
pubblica della struttura digitale, con vantaggi per i cittadini,
l’economia, la condivisione e partecipazione ai processi di
crescita. Quanto sta succedendo a causa della pandemia deve
inoltre indurre le Regioni a riprogettare il proprio modo di
operare, con nuovi modelli di lavoro, valorizzando la formazione
permanente, ripensando il modo in cui rapportarsi con le altre
istituzioni e a interagire maggiormente con i cittadini e il
sistema sociale e produttivo verso una ripresa sostenibile”.
Lo ha affermato l’assessore regionale al Patrimonio, Sebastiano
Callari, intervenuto, come coordinatore della Commissione
speciale Agenda digitale della Conferenza delle Regioni e
Province autonome, alla videoconferenza “Cantiere Italia. Le
sfide e il ruolo delle Regioni nella trasformazione digitale”.
Callari ha innanzitutto evidenziato che la trasformazione
digitale sconta in Italia la frammentazione delle competenze ed è
divenuta di stretta attualità nel corso dell’emergenza legata
alla pandemia, con la necessità di mettere a disposizione di
tutti gli strumenti di contatto e informazione moderni e veloci.
Secondo l’assessore regionale nel nostro Paese si registra un
divario digitale, come evidenzia la relazione della Corte dei
Conti sul Piano triennale per l’informatica, da cui emerge il
forte squilibrio tra i centri più importanti e le località più
piccole. Inoltre, soltanto nel 36,7 per cento dei Comuni è stato
nominato un responsabile per la transizione digitale.
E ancora, come ha evidenziato Callari, nonostante i passi verso
l’innovazione digitale previsti dal legislatore, come ad esempio
lo SPID, il PAGO PA e APP IO, senza il modello di aggregazione
delle Regioni, i vantaggi possibili rischiano di essere
vanificati. Perciò la Conferenza delle Regioni ha chiesto al
Governo di formalizzare questo ruolo e di istituire un fondo per
poter far partire le programmazioni digitali territoriali.
“Tutt’ora – ha aggiunto l’assessore – il 16 per cento delle
famiglie italiane non dispone di una connessione domestica: in
Olanda tale dato scende al 2 per cento. Ciò evidenzia come non
tutti i cittadini abbiano la possibilità di lavorare da casa con
la formula dello smart working, modalità quest’ultima che ha
consentito di far ripartire al più presto gli enti pubblici e la
scuola durante il periodo del lockdown.
Callari ha poi ricordato che la Conferenza delle Regioni ha
chiesto al Governo il completamento dei lavori di
infrastrutturazione digitale nelle aree bianche, non coperte
dalla rete a banda larga, opere che interessano ancora ben 7 mila
comuni italiani. Un processo che la Regione Friuli Venezia Giulia
sta completando. Per questo, al fine di colmare anche altri
svantaggi in diverse zone della Penisola, occorre che l’esecutivo
nazionale apra un’interlocuzione con l’Ue e ottenga ulteriori
fondi.
“L’obiettivo che ci dobbiamo porre – ha aggiunto l’assessore – è
quello di poter assicurare, nel prossimo futuro, una connessione
di eccellenza e d’avanguardia a tutti i cittadini”.
Ma ciò potrà non bastare se non saranno diffuse le competenze
digitali: in Italia, le persone over 65 che non utilizzano
internet sono ancora quasi 10 milioni. “D’altro canto – ha
concluso Callari- negli Enti locali ancora non è completamente
affermata la cultura della messa a disposizione dei dati:
soltanto il 37 per cento dei Comuni italiani pubblica le
informazioni in formato aperto, e soltanto il 4 per cento delle
imprese le utilizza per la propria attività”.
ARC/CM/al
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