Ecco “L’infraordinario” del fotografo Alessandro Ruzzier

Ecco “L’infraordinario” del fotografo Alessandro Ruzzier

La fotografia contemporanea come strumento per un nuovo Umanesimo: perché, e in che modo, lo spiegherà il noto fotografo Alessandro Ruzzier in una conferenza in programma per domenica 27 marzo, alle 18, nella Polveriera napoleonica di Palmanova. L’evento (prenotazioni suhttps://www.respiralacultura.com/programma/#infraordinario) si inquadra nel fitto programma dell’inedito festival “Accademia dell’Incontro”, finanziato dalla Regione tramite il bando Ripartenze e inserito nel macro-contenitore culturale “Respira la cultura”, varato dall’Accademia Musicale Città di Palmanova. Finalità della rassegna, itinerante, è favorire la ripartenza del settore della cultura dopo la lunga fase delle restrizioni pandemiche, offrendo opportunità di lavoro a chi opera nel campo, restituendo la scena agli attori e ricreando una stretta relazione tra performers e pubblico: tutto ciò affiancando in cartellone nomi di spicco del panorama artistico nazionale – l’attrice Giuliana Musso, in primis – a tante meritorie realtà territoriali. 

Fotografia e Umanesimo dei nostri tempi, dunque: partendo dalla propria esperienza, Ruzzier – la cui ricerca è focalizzata sul dinamico, frastagliato e mutevole rapporto tra uomo e paesaggio – guiderà il pubblico in una riflessione su nuove possibilità “dialettiche” degli scatti, mettendo l’arte fotografica in relazione con una rinnovata, e più approfondita, capacità di raccontare la realtà, scavando al suo interno e indagandola a fondo. Si segue l’input di Georges Perec, insomma, che si chiedeva: “Quello che si ripete ogni giorno, il banale, il quotidiano, il comune, l’ordinario, l’infra-ordinario, il rumore di fondo, l’abituale, in che modo renderne conto, in che modo interrogarlo, in che modo descriverlo? Forse si tratta di fondare finalmente la nostra propria antropologia: quella che parlerà di noi, che andrà a cercare dentro di noi quello che abbiamo rubato così a lungo agli altri. Non più l’esotico, ma l’endotico”. 

E tutto si gioca, appunto, sulla capacità di individuare e valorizzare linguaggi inediti, anche utilizzando in maniera più duttile e approfondita, con opportune declinazioni, quelli già esistenti.