Trieste, 19 luglio – Come annunciato nelle scorse settimane, la Regione Friuli Venezia Giulia ha impugnato avanti al Tar del Lazio il decreto con il quale il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il 12 giugno ha stabilito la compatibilità ambientale relativamente al progetto di un metanodotto Trieste – Grado – Villesse, presentato dalla società Snam rete Gas spa.
Ad annunciarlo la presidente della Regione, Debora Serracchiani, che in proposito ricorda come la assoluta contrarietà a questo progetto nasce dalla analoga posizione negativa all’ipotesi di realizzare un rigassificatore nel golfo di Trieste, a Zaule. “Le due opere – ribadisce Serracchiani – sarebbero funzionalmente interconnesse e dunque senza il rigassificatore non ha senso pensare di costruire un metanodotto”.
“Pertanto – precisa – come a suo tempo la Regione si è opposta al rigassificatore, chiedendo proprio al Tar del Lazio l’annullamento del decreto di compatibilità di quell’opera per ragioni di sicurezza della navigazione e in quanto ostacolo oggettivo alle prospettive di sviluppo del Porto di Trieste, altrettanto oggi, fatti gli opportuni approfondimenti tecnici, abbiamo formalmente impugnato il decreto sul metanodotto”.
Come noto la vicenda, nel complesso, inizia nel 2004, quando Gas Natural avvia la procedura per l’autorizzazione alla costruzione di un impianto di rigassificazione che, “inspiegabilmente e illegittimamente”, evidenzia Serracchiani, si è di fatto conclusa con un via libera ministeriale, contro il quale la Regione ha presentato il suo primo ricorso al Tar ancora nell’aprile 2015″.
Se di fatto si è ancora in attesa del pronunciamento dell’organo di giustizia amministrativa, la presidente fa comunque notare in proposito che nel Piano energetico regionale il Friuli Venezia Giulia ha ribadito la volontà di non autorizzare la realizzazione sul proprio territorio del rigassificatore “in quanto progetto sovradimensionato e in contrasto con il previsto incremento del traffico portuale, peraltro sancito dalla recente firma del decreto di porto franco, elemento epocale che ne accresce ulteriormente le potenzialità”.
Una posizione peraltro ben nota al Governo e in particolare al ministro per lo sviluppo economico, Carlo Calenda, che in incontri e scambi epistolari con la presidente ha confermato di conoscere le determinazioni della Regione.
Dal secco no al rigassificatore nasce ora un altrettanto forte no al metanodotto, opera funzionalmente collegata al terminale di rigassificazione, per la quale a giugno è “inaspettatamente” arrivato un giudizio favorevole di compatibilità ambientale, dopo un decennio di istruttoria, nonostante una combinazione di pareri del tutto sfavorevoli: della Regione, dell’Autorità portuale – che nel frattempo (aprile 2016) ha approvato il nuovo piano regolatore dello scalo, evidenziando precise interferenze e incompatibilità -, della quasi totalità dei Comuni interessati, a cominciare dall’Amministrazione comunale di Trieste, che nella precedente consiliatura ha approvato il proprio Piano regolatore generale. E dunque nel ricorso, poiché il metanodotto è da considerarsi parte integrante di un’opera principale che non s’ha da fare, viene anche contestata dalla Regione la mancata valutazione congiunta dei due progetti, che avrebbe consentito di accertare il complessivo impatto sull’ambiente.
Il ricorso presentato al Tar è stato notificato anche agli enti pubblici interessati, e tra questi anche al Comune di Trieste, per l’adozione di eventuali iniziative giudiziarie per la tutela degli interessi dei quali sono portatori, che possono risultare compromessi dalla realizzazione del rigassificatore di Zaule e delle opere ad esso connesse.
In ogni caso “l’auspicio è che questa partita si chiuda definitivamente a breve, facendo calare il sipario su due opere che nessuno vuole”. ARC/PPD
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