27 giugno – introduzione live alla seconda giornata del Far East Film Festival. Mark Schilling e Pio D’Emilia converseranno con la giornalista Mochizuki Isoko e con Mori Tatsuya, regista di i-Documentary of the Journalist.
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Mori Tatsuya, uno dei documentaristi giapponesi odierni più apprezzati e anche più controversi, ha puntato la sua cinepresa sullo stato di repressione nei confronti dei media giapponesi e sulla libertà di stampa seguendo la giornalista Mochizuki Isoko, una reporter tosta che ha provocato l’irritazione del governo conservatore nipponico diffondendo continuamente notizie che i politici non vogliono siano rivelate.
Con la sua videocamera e un’espressione da cane bastonato, il regista Mori sta alle costole di Mochizuki durante tutta la prima metà del 2019 mentre lei indaga su alcune delle storie che hanno afflitto il governo negli ultimi anni, dallo spostamento della base aerea Futenma dei marine statunitensi a Okinawa, allo scandalo Moritomo Gakuen, relativo alla vendita di terreni di proprietà dello stato a prezzi scontatissimi all’operatore scolastico privato Moritomo Gakuen, che è legato al primo ministro giapponese Abe e a sua moglie, con tanto di immancabile curriculum nazionalista e di suicidio, che sembrano usciti direttamente da una trama clandestina di House of Cards.
Mochizuki dimostra resilienza nelle sue ricerche sia come giornalista investigativa sia come presenza fissa nelle conferenze stampa tenute due volte al giorno dal portavoce di Abe, l’impassibile e mellifluo capo segretario di gabinetto Yuga Yoshihide. Con gran disappunto del politico, le insistenti domande di Mochizuki durante queste conferenze stampa sono diventate leggendarie, e le sono valse un ammonimento ufficiale. In molti paesi questo sarebbe stato visto come un punto d’onore, ma nella timida sfera dei media giapponesi è considerato protocollo non adeguato e in molti circoli la giornalista è diventata una reietta.
i-Documentary of the Journalist è un opportuno e corroborante spaccato della cultura conservatrice e nazionalista giapponese, che fomenta una certa compiacenza da parte dei mezzi di comunicazione del paese, soprattutto quando notizie false e politica faziosa diventano dei meme finti e irritanti in tutto il mondo.
Alla pari delle precedenti opere di Mori – A (1998) e A2 (2001), due documentari sulla vita quotidiana dei seguaci della setta Aum Shinrikyo, e Fake (2016), un ritratto intimo di denuncia del compositore non udente Samuragochi Mamoru, che prima fu oggetto di venerazione e in seguito si nascose quando venne rivelato che le sue composizioni musicali erano opera di un autore ombra e che egli era stato insincero in merito alla propria disabilità – l’ultima opera del regista segue un altro soggetto dinamico, ma sempre sullo sfondo culturale circostante. Secondo una brillante recensione del Japan Times, “Mori non ci mostra soltanto come si fa la salsiccia; ci porta direttamente nel mattatoio”.
Cineasta e scrittore, Mori Tatsuya è noto per documentari che infrangono i tabù, come quelli sul culto religioso Aum, A (1998) e A2 (2001), girati nel periodo immediatamente successivo agli attacchi col gas sarin nella metropolitana di Tokyo nel 1995. Il controverso 311 (2011), realizzato in collaborazione con altri tre cineasti, è stato girato nel periodo immediatamente successivo al terremoto di Tohoku nel 2011. Nel 2016 Fake ha denunciato uno dei principali compositori giapponesi, Mamoru Samuragochi. Mori, vincitore del premio Kodansha per la saggistica, ha pubblicato oltre trenta bestseller sulla società e i media.