Un autobus carico di hongkonghesi viene travolto da un gran vortice di incognite in The Midnight After di Fruit Chan, uno straordinario ibrido tra commedia, horror, cinema catastrofico e – fatto insolito per Hong Kong – fantascienza. La storia è tratta dal web serial poi divenuto romanzo Lost on a Red Mini Bus to Taipo di Pizza. Nella scena notturna iniziale, tra la folla e le luci al neon del centro di Kowloon, un minibus sta per iniziare il suo viaggio verso la città lontana di Tai Po. Fin dall’inizio le cose non filano per il verso giusto: prima l’autista (Lam Suet), che è pieno di debiti fino al collo, imbocca una strada sconosciuta, mentre una coppia bisticcia, sale sul bus per scenderne subito dopo e restare coinvolta in un incidente. E appena il minibus ha lasciato Mongkok, ha attraversato il Lion Rock Tunnel ed è uscito nei Nuovi Territori, Hong Kong non è affatto la stessa di prima.
Durante il viaggio, il conducente e i suoi sedici passeggeri sono disorientati dalla totale mancanza di traffico intorno a loro, e quando il bus arriva a Tai Po non c’è anima viva. Quando le loro strade si separano, la stranezza della situazione diventa chiara per tutti, anche per il più avventuroso del gruppo, Yau Tsi-chi (Wong You-nam), che si avvia verso la sua casa vuota, poi prende la bicicletta e torna a Kowloon dalla fidanzata – ma trova soltanto la casa di lei, coperta di polvere, in mezzo a una città fantasma. In breve i passeggeri si ritrovano a Tai Po in un cha chaan teng, un tipo di trattoria hongkonghese molto comune, per tentare di capire cosa può essere accaduto e in quale anno si trovano.
Per gli spettatori che condividono le stesse perplessità di fronte allo svolgersi degli eventi, Chan non offre risposte facili nel suo film, che si sviluppa in molteplici direzioni. Le teorie si accumulano e parecchi dettagli sono sconcertanti. Internet è attivo e funziona, ma i siti web non vengono aggiornati. Sembra che ci sia stato un salto nel tempo, ma a Tai Po il cibo sembra fresco. Quando pare che stia diffondendo qualcosa di contagioso, le vittime sono colpite in modi estremamente diversi. E cosa significano le visioni spettrali, che Tsi-chi continua ad avere, della passeggera Yuki (Janice Man)?
Anche se la situazione rimane enigmatica, The Midnight After è cinema sensazionale. Chan stordisce con le immagini di una Hong Kong spopolata, dalle vaste distese di autostrade deserte a un teatro lirico all’aperto abbandonato, e la mancanza del solito rumore di fondo della città è semplicemente inquietante. The Midnight After appartiene a quel gruppo di nuovi film hongkonghesi che propongono un immaginario apocalittico, da fine del mondo, e qui il materiale è eccezionalmente sorprendente. Alla luce delle crescenti preoccupazioni sociali e politiche che affliggono Hong Kong da circa dieci anni a questa parte, e dei timori sempre più diffusi che la città stia perdendo la sua strada, la desolazione e il futuro ignoto di The Midnight After sono di estrema attualità. Agli spettatori vengono dati in pasto piccolo chicche che riflettono lo stato d’animo attuale, come quando un servizio web rifiuta il cantonese a favore del Putongua, riecheggiando i timori per la lingua e la cultura locali, o ancora le immagini dei conducenti di autobus vestiti con l’equipaggiamento protettivo che ricorda i tempi bui dell’epidemia di SARS del 2003.
La storia segue anche i cambiamenti che avvengono all’interno dell’eterogeneo campione di hongkonghesi del film mentre affrontano la loro difficilissima situazione e arrivano a riconoscere valori che forse avevano dato per scontati. Qui Chan trova spazio per un messaggio che non vuole essere un mero ammonimento, ma infonde anche un senso di speranza. In The Midnight After infatti non è proprio tutto negativo: la giocosità che pervade l’opera registica di Chan è molto evidente, dalle dinamiche battute musicali ai divertenti effetti speciali e alle battute vivaci – anche quando piove sangue. A tenere insieme il tutto c’è un cast corale di tutto rispetto, con Wong You-nam, Lam Suet, Janice Man e Simon Yam (che gigioneggia nei panni di uno sbruffone trasandato). Offrono memorabili interpretazioni anche Sam Lee, eccezionale come drogato allucinato, Kara Hui, Chui Tien-te e Vincci Cheuk. E poi c’è il novellino Jan Curious, un cantante rock che interpretando Space Oddity di David Bowie si distingue come uno dei momenti salienti del film – un’impresa non da poco in un film come insolito come questo.
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