Udine, 2 feb – “In Friuli Venezia Giulia lo abbiamo chiamato
misura attiva di sostegno al reddito: non è una forma
assistenziale ma un aiuto temporaneo, in base al quale il
beneficiario stringe un patto con la Regione che gli dà un aiuto
in cambio di un impegno a riqualificarsi professionalmente
attraverso corsi di formazione o a prendersi un impegno sociale”.
Lo ha affermato la presidente della Regione Friuli Venezia
Giulia, Debora Serracchiani, intervenendo alla seconda giornata
del Future Forum in Camera di Commercio a Udine, alla tavola
rotonda su “Cosa si può fare per cambiare direzione nel nostro
Paese? Soluzioni ortodosse ed eterodosse”, moderata da Antonio
Polito del Corriere della sera, con Stefano Sacchi
dell’Università Statale di Milano ed Emanuele Ferragina di
Sciences Po Paris e Università di Oxford.
“Per questa ragione – ha spiegato Serracchiani – sono contraria
a un provvedimento definito reddito minimo garantito, anche
perché in Italia c’è una parte del Paese che pensa che uno venga
pagato per restare a casa”.
Nei suoi interventi la presidente ha quindi spiegato che “il
Friuli Venezia Giulia è un microcosmo che ha avuto la possibilità
di compiere delle azioni in modo più determinato perché ha una
situazione di bilancio e di tessuto sociale migliori rispetto ai
numeri che può avere il nostro Paese” e ha citato il rapporto
debito-Pil del Friuli Venezia Giulia “che è al 2%, notevolmente
più basso di quello nazionale e, se hai i conti in ordine – ha
detto – puoi permetterti di fare delle cose che in altre
situazioni sono invece frenate”.
Parallelamente ha anche indicato come “scontiamo un tasso
demografico fra i più bassi in Italia: è l’immagine di un Paese
che invecchia tanto e che deve riadattare una parte del sistema
del welfare”. In proposito ha portato l’esempio di quanto fatto
in Friuli Venezia Giulia, in particolare con la riforma
sanitaria, “necessaria perché dagli inizi degli anni 90, dopo che
erano stati costruiti tanti ospedali, la società è cambiata, sono
aumentati i malati cronici e le esigenze sono profondamente
diverse”.
Per Serracchiani sono, inoltre, positive le ricadute derivanti
dalle modifiche apportate dalla riforma del jobs act: “siamo la
prima Regione in Italia per numero di contratti a tempo
indeterminato con un +83%”. E ha anche ricordato la riforma della
casa, appena approvata, di cui ha sottolineato la possibilità,
anche per chi ha contratti non a tempo indeterminato, di accedere
alle garanzie regionali.
Ferragina si è soffermato in particolare sugli aspetti legati al
welfare state “che in Italia è caratterizzato – ha precisato – da
un sistema fatto di leggi non omogenee mentre in altri Paesi è
più universale”. Secondo Ferragina serve una riduzione della
disuguaglianza e della povertà “si basa su questo, il modello
sociale europeo mentre, l’Italia è uno dei Paesi che riduce meno
degli altri la povertà ed ha il peggior sistema di welfare
dell’Ue a 15 nella riduzione della disuguaglianza”.
Per Stefano Sacchi, invece, le riforme sul lavoro introdotte
dalla metà degli anni 90 non hanno funzionato e hanno portato una
riduzione del tasso di crescita della produttività. Le risposte
del Governo a questi problemi, sempre per Sacchi, sono state
anche l’introduzione della riforma dei contratti di lavoro che ha
come obiettivo quello di “creare più occupazione attraendo
investitori e nel breve tempo creare una migliore occupazione e
quindi maggiore produttività”.
ARC/LP/Com
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