Gran finale e risate garantite alle Giornate del Cinema Muto Limited Edition, e davvero in questi tempi tristi la comicità sembra la miglior panacea. E quali medici migliori dei mitici Stan Laurel e Oliver Hardy – o più familiarmente Stanlio e Ollio – non già come coppia ma quando ancora agivano separatamente. Grazie alla Lobster Films di Parigi e all’americana Library of Congress, saranno loro i protagonisti dell’evento speciale di chiusura “Laurel o Hardy”, in streaming sabato 10 ottobre (a partire dalle 20.30) con l’accompagnamento di Neil Brand, e della replica in presenza al Teatro Verdi di Pordenone domenica 11 ottobre alle 16.30 con l’accompagnamento dal vivo dei musicisti della Zerorchestra.
Fu davvero una misteriosa alchimia artistica quella che diede vita al duo comico più famoso di sempre perché personalità e caratteristiche – oltre a quelle fisiche – più diverse non si potrebbero immaginare. Britannico di nascita, famiglia di attori e lunga gavetta nel music-hall e nel vaudeville, Stan Laurel si distinse all’inizio non solo come attore ma anche come sceneggiatore e regista, mentre Oliver Hardy, americano della Georgia, nato in una famiglia di origini inglesi e scozzesi completamente estranea al mondo dello spettacolo, aveva da piccolo la passione per il canto. Il cinema arrivò più tardi, intorno ai 18 anni. Favorito anche dalla notevole stazza fisica, Oliver (all’epoca noto con il soprannome “Babe”) Hardy non tardò a imporsi nelle comiche, all’inizio nel ruolo del grassone cattivo.
Alle Giornate vengo presentati due film con Hardy, The Serenade, del 1916, e The Rent Collector, del 1921, diretto e interpretato nel ruolo principale da Larry Semon, uno dei maggiori comici di Hollywood, famoso anche in Italia come Ridolini. Semon, che era molto generoso con gli attori che lavoravano con lui, valorizzò da subito Oliver, di cui divenne grande amico e al quale trasmise l’amore per il golf, uno sport che per Hardy divenne un’ossessione.
Stan Laurel attore lo troviamo in Detained (1924) di Percy Pembroke e Joe Rock, con sceneggiatura di Tay Garnett (che diventerà il regista di Il postino suona sempre due volte) e nella parodia di Rodolfo Valentino, che diventa Rhubarb Vaselino, nell’unico rullo rimasto di When Knights Were Cold (1922), film in costume che, come si usava all’epoca, sfruttava i set già costruiti per altri film più fastosi e costosi. Piatto forte del programma è la prima mondiale del ricostruito Moonlight and Noses, del 1925, di cui Laurel è regista e sceneggiatore. Il film è stato restaurato integrando la copia esistente alla Library of Congress con una copia in 16 mm proveniente dal National Film & Sound Archive di Canberra, conservata forse per la presenza nel cast da protagonista di Clyde Cook, gloria del cinema australiano. Nel film appare anche Fay Wray, l’eroina del primo King Kong, indimenticabile ospite delle Giornate del Cinema Muto nel 1999, quando il festival si svolgeva a Sacile.
Il programma “Laurel o Hardy” è preceduto nel pomeriggio (dalle ore 17) da un’altra interessante proposta che arriva dal Danske Filminstitut di Copenaghen: il nuovo restauro di Ballettens Datter (La figlia del balletto), del 1913, diretto da Holger-Madsen, uno dei registi di punta della Nordisk Film nel periodo d’oro del cinema scandinavo. Protagonista di questa “commedia moderna” – com’era definita nel programma danese dell’epoca – è l’attrice e ballerina Rita Sacchetto, tedesca di origine italiana (il padre era veneziano), famosa per aver portato negli anni ’10 del 900 sui palcoscenici di tutto il mondo i Tanzbilder, quadri danzanti ispirati ai dipinti di pittori come Botticelli, Velázquez e altri. Il film ne mette in risalto le doti sia di attrice che di ballerina, interpreta infatti la danzatrice Odette Blant di cui si innamora il conte de Croisset dopo averla ammirata in alcuni spettacoli. Per sposarlo Odette promette di abbandonare il palcoscenico ma ha nostalgia della propria arte e su invito dell’impresario del teatro finirà per accettare di sostituire una collega infortunata. Nel 1917 Rita Sacchetto sposò un conte polacco e la sua carriera di ballerina si interruppe bruscamente nel 1924, quando un amico del marito la ferì incidentalmente al piede con un colpo di pistola.
Per l’approfondimento live che segue la visione di Ballettens Datter, al direttore del festival Jay Weissberg si uniranno Mary Simonson della Colgate University (New York), Casper Tyberg dell’università di Copenaghen e, da Londra, il pianista John Sweeney, che ha accompagnato il film.
Al termine del programma “Laurel o Hardy” di sabato sera, Weissberg dialogherà con Rob Stone della Library of Congress (Culpeper, Virginia), Serge Bromberg della Lobster Films di Parigi; David Robinson, direttore emerito delle Giornate; la figlia di Fay Wray, Victoria Riskin, dal Massachusetts; il pianista Neil Brand da Londra.