Un guerriero mite e gentile che abitava «fra l’ultima parola detta e la prima nuova da dire». Un poeta dolcemente convinto che la poesia, quella vera, «si sporca sempre le mani con la terra». Pierluigi Cappello, “Pier” per gli amici, manca a tutti. Inutile sottolinearlo. E saranno proprio i suoi amici a parlare di lui, attraverso aneddoti e ricordi personali, nella serata speciale organizzata dal CEC assieme a Vincenzo Della Mea: un incontro affettuoso e informale, non una commemorazione, fissato per mercoledì 27 dicembre alle 20.30 al Visionario (ingresso libero).
Da Manuel Buttus a Stefano Montello, da Mario Turello a Gian Mario Villalta e Alberto Garlini, sono davvero numerosi i compagni di viaggio che hanno accettato – con vera gioia – di “raccontare Pier”. Di trasmettere al pubblico non tanto la figura del poeta quanto, piuttosto, la sua immagine più familiare e quotidiana. Un’immagine che, nel 2013, la regista Francesca Archibugi aveva messo a fuoco nel film documentario Parole povere.
Friulano (anzi: friulanissimo), classe 1967, Pierluigi Cappello se n’è andato lo scorso 1° ottobre ed è considerato uno dei maggiori poeti italiani. Ha ottenuto tutti i riconoscimenti più importanti, come i Premi Montale Europa (2004), Bagutta Opera Prima (2007) e Viareggio-Rèpaci (2010). Nel 2012 ha ricevuto il Premio Vittorio De Sica sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e, nel 2013, è stato insignito del Premio che l’Accademia dei Lincei assegna ogni anno alle personalità che si siano distinte nel mondo della cultura.
Per Carlo Sgorlon era «Il più europeo dei poeti friulani», per Jovanotti «Uno dei più grandi poeti di sempre», ma Pierluigi Cappello, timido e schivo, non era incline ai trionfalismi: «Sono semplicemente un uomo che, per ventura, scrive poesie».