Le sorti di Latterie friulane sono appese a un filo
. Dopo mesi di trattative, ipotesi di fusione e rischio di chiusura, non si sa ancora quale sarà il futuro della storica cooperativa del latte di Campoformido. L’ultimo colpo di scena è arrivato stamattina, all’assemblea dei soci, convocata in via straordinaria per votare la liquidazione dopo l’annuncio del ritiro di Granarolo dall’operazione di acquisizione della coop friulana. La presenza del notaio, convocato per registrare la volontà dei soci, aveva fato sembrare la decisione ormai ineluttabile, da attuare subito. Invece si è preso tempo. Accogliendo l’appello lanciato dal vicepresidente regionale Sergio Bolzonello, i soci hanno votato all’unanimità il rinvio dell’assemblea al 5 aprile per formalizzare la decisione, in attesa di un’assemblea in cui i lavoratori incontreranno Bolzonello la prossima settimana e dell’incontro al ministero del Welfare che ieri è slittato al 25 marzo. Per i lavoratori sarà l’ultima chiamata: se non si troverà l’accordo per la cassa integrazione straordinaria con tutti i sindacati, i soci voteranno la liquidazione volontaria della cooperativa. Lo votazione è stata chiara: 30 favorevoli, 3 contrari, 1 astenuto. Se così fosse, sarebbe la fine della storica cooperativa della Città del Trattato, ma anche della filiera lattiero-casearia friulana. I circa 180 lavoratori impiegati nei due stabilimenti di Campoformido e Spilimbergo andrebbero a casa. Tutti, con una cassa integrazione senza integrativi, non solo gli 89 previsti dall’accordo ipotizzato un paio di settimane fa al tavolo in Regione con Granarolo. Il gruppo emiliano aveva espresso disponibilità anche a garantire un integrativo alla cassa per portare nelle tasche dei dipendenti gli stessi soldi del contratto di solidarietà ora in vigore e a impegnarsi a riassumere una quindicina di dipendenti in caso di segno positivo nella produzione. Il verbale relativo era stato sottoscritto da tutti i sindacati, ma poi la Cgil, che ha la maggioranza degli iscritti in azienda, ha fatto marcia indietro. La successiva assemblea dei lavoratori ha votato contro l’accordo e Granarolo ne ha preso atto ed ha abbandonato l’operazione non volendo infilarsi in una situazione conflittuale. Resta da capire se il colosso del latte di Bologna intenda tornare della partita nel caso il 25 marzo si firmasse l’accordo della cassa. Non sembra invece si possano riaprire spiragli per il piano industriale presentato in extremis dal Consorzio agrario del Friuli Venezia Giulia e bocciato nella precedente assemblea dei soci, convinti che per garantire il futuro della cooperativa serva una rete di distribuzione dei prodotti, Montasio compreso, già collaudata. L’azienda è stata chiara: gli allevatori non sono più in grado di sostenere da soli gli oneri produttivi e sarebbero pronti a trasformarsi in una commerciale del latte, da vendere sul mercato. A quel punto, il fermo produttivo dello stabilimento, anche solo di un mese, renderebbe gli impianti inutilizzabili. Con l’effetto di azzerare il valore sul mercato dell’azienda agli occhi di possibili compratori.