Le Voci dell’Inchiesta: 13 aprile 2018

Le Voci dell’Inchiesta: 13 aprile 2018

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Venerdì 13 aprile, la terza giornata dell’undicesima edizione de Le Voci dell’Inchiesta – il festival di cinema del reale promosso e ospitato da Cinemazero – si apre alle 10.30 con l’anteprima nazionale de Naila and The Uprising di Julia Bacha. Un film che pone l’accento sul coraggio delle donne, sul potere della resistenza non violenta, sulla lotta per la libertà, la dignità e l’uguaglianza, documentando l’incredibile viaggio di Naila, donna simbolo della resistenza pacifica palestinese. Tra animazione, materiali d’archivio e interviste intime, il film esplora una parabola pressoché sconosciuta: l’organizzazione di una rete clandestina femminile talmente potente da sfociare in un movimento che fece della liberazione della Palestina e della parità di genere la sua bandiera.

A presentare il documentario, Luisa Morgantini già Vicepresidente del Parlamento europeo e Presidente di AssoPacePalestina, ha ricevuto il premio per la pace delle donne in nero israeliane, il premio Colombe d’Oro per la Pace di Archivio disarmo ed è tra le 1000 donne nel mondo che sono state candidate al Premio Nobel per la pace. Ma la sua presenza è soprattutto dovuta al rapporto personale che la lega a Nayla Ayesh, di cui è personale amica da anni, avendo contribuito a farla scarcerare, e della pluripremiata regista, che ha seguito sin dal suo primo documentario girato a Budrus.

Il filone a tematica femminile continua alle 18 con il film in concorso A Woman Captured, alla presenza della regista Bernadett Tuza-Ritter e di Giulia Bosetti, giornalista e autrice delle inchieste filmate per L’Infedele di Gad Lerner, Annozero, Servizio Pubblico e M di Michele Santoro, e chiamata a intervenire proprio per l’ottimo reportage per Presadiretta in cui ha recentemente saputo ricostruire i diversi rivoli e declinazioni degli abusi di potere legati a molestie sessuali in Italia, dall’emblematico titoli Sesso e potere. L’anteprima nazionale – in collaborazione con Carta di Pordenone e Voce Donna Pordeone, ha come protagonista Marish, una donna ungherese di cinquantadue anni che da più di dieci è al servizio di una famiglia per cui lavora venti ore al giorno senza ricevere alcun compenso. Una storia di schiavitù, ma anche di speranza e liberazione. È proprio la presenza della cinepresa a innescare un percorso di consapevolezza che porterà la protagonista a decidere di cambiare vita, mostrando contestualmente il ricatto subdolo e costante che fino a quel momento l’ha incatenata. Con questo film il nome di Marish diventa infatti sinonimo dell’unica “libertà” possibile: quella che passa per una presa di coscienza coraggiosa e determinata a pretendere il rispetto, innanzitutto di se stessi.

Nella giornata inizia anche l’approfondimento sul tema mai risolto della minaccia atomica, con due documentari che testimoniano con estrema efficacia il potere distruttivo delle armi nucleari e l’impossibilità del loro reale controllo.

Alle 20.45 Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo, introduce il film in anteprima nazionale Command and Control di Robert Kenner, un’interessante ricostruzione sulla più grande, impressionante e mai riconosciuta catastrofe atomica su suolo americano. In Arkansas infatti il 19 settembre 1980, un incubo agghiacciante si materializza nella base missilistica Titan II: un impiegato danneggia accidentalmente il serbatoio di un missile balistico intercontinentale, caricato con la più potente testata nucleare dell’arsenale. Command and Control è un dramma in forma di saggio, intervallato da sbalorditive sequenze di filmati originali, la cronistoria di nove ore di pura tensione che hanno scongiurato un’esplosione seicento volte potenzialmente più disastrosa di Hiroshima.

A seguire una vera chicca, Crossroads di Bruce Conner (1976), uno dei più importanti artisti del secondo dopoguerra, al quale il MoMa nel 2016 ha dedicato una retrospettiva completa, esponendo più di 250 opere tra film, video, dipinti, disegni, sculture e fotografie. Pioniere del found footage film e maestro dell’assemblage, Conner restituisce in 37 minuti una tra le più profonde meditazioni mai viste sul nucleare. Il documentario, infatti, prende il nome da una serie di test nucleari americani condotti al largo dell’Atollo di Bikini nel 1946. Più di settecento cineprese e cinquecento operatori filmarono le ventitré sequenze di esplosioni. Una bellezza surreale, in controtendenza rispetto alla violenza delle immagini, impreziosita dalle musiche di Terry Riley e Patrick Gleeson. Un documentario fortemente sperimentale dal particolare interesse artistico e culturale.

Anche The Congo Tribunal di Milo Rau, in Sala Grande alle 16.00 gioca intersecando più arti, mescolando realtà e finzione al fine di far riflettere su concetti quali Giustizia, Diritto e Responsabilità, analizzando la terribile guerra civile in Congo che ha trasformato un’area grande quanto l’Europa Occidentale nell’inferno in terra. Chiamata “Terza Guerra Mondiale” per il coinvolgimento diretto o indiretto di tutte le superpotenze, finora ha ucciso circa sei milioni di persone. Il regista organizza, per la prima volta nella storia di questa guerra e nel mezzo della zona del conflitto, un simbolico processo, che coinvolge i protagonisti reali di questo disastro. Testimoni, politici, multinazionali, lobbies si susseguono sul palco/banco degli imputati rappresentando se stessi, riportando, seppur in una cornice d’artificio, la tremenda realtà di un conflitto globale che fa pagare tutto il conto per il benessere del “primo mondo” a questi luoghi maledetti dalla propria abbondanza. Un esperimento visivo, di regia, di società: fra documentario e finzione, il cinema può modificare la realtà.

E la realtà è il tema principale di Santiago, secondo elemento del dittico dedicato a João Moreira Salles presentato da Le Voci dell’Inchiesta (alle 14.30). Un viaggio nella vita di un delizioso maggiordomo di famiglia, spesso trattato con durezza eccessiva e ripreso con sguardo impositivo. Il regista crea un film dentro il film, sui meccanismi della rappresentazione stessa, sulla relazione tra il documentarista e il mondo storico che rappresenta: il racconto della trasformazione “sottile e senza fanfare” di un uomo nei confronti di se stesso.