Dal Duecento al Novecento, capolavori d’arte mai visibili al pubblico – in particolare, già meritano il viaggio e la visita le tavole medievali, le opere fiamminghe e le spettacolari tele del Rinascimento – introducono nel mistero e nello splendore di Maria di Nazareth.
Un nuovo passo verso Gorizia/NovaGorica Capitale Europea della Cultura 2025.
A 100 anni dalla ricollocazione del veneratissimo dipinto della Madonna di Monte Santo nel santuario di Sveta Gora, coronamento della ricostruzione di un luogo
distrutto dalle guerre e simbolo della comunione tra i popoli.
Un’altra mostra in Friuli Venezia Giulia, firmata da Illegio.
Il cammino verso GO!2025 Nova Gorica·Gorizia Capitale europea della cultura, si arricchisce di una nuova tappa, di un nuovo evento di bellezza che contribuirà a fare di Gorizia un luogo di grande interesse e richiamo culturale per tutto il territorio del FriuliVG e dall’Italia e da oltre confine. La mostra «Madre. Trenta capolavori segreti per la più bella tra le donne» offrirà
infatti meraviglia e sorprese ai visitatori che raggiungeranno nel cuore della città i suggestivi ambienti del Museo di Santa Chiara (Corso Verdi, 18), dal 27 aprile al 31 luglio 2022.
La mostra, firmata dal curatore Don Alessio Geretti, nasce da un’idea dell’associazione culturale “Comitato di San Floriano”, di Illegio, già nota per le annuali mostre d’arte nel piccolo paese carnico, per alcune grandi mostre realizzate a Roma e per la mostra di notevole successo appena proposta a Udine in Casa Cavazzini, “La forma dell’infinito”. La qualificata équipe di Illegio
– che, non dimentichiamolo, ha appena annunciato la prossima mostra ad Illegio, dal 15 maggio al 16 ottobre 2022, intitolata “La bellezza della ragione” – ha trovato accoglienza ed entusiasmo a Gorizia, prima di tutto da parte dell’Amministrazione Comunale, specialmente dopo il riuscito evento delle Dieci ore di bellezza per Gorizia, che aveva dato luogo a lunghe fila di ammirati visitatori per gustare quattro opere d’arte di Kandinskij, Van Gogh e Matisse esposte nel Teatro cittadino lo scorso 2 dicembre, anche grazie al sostegno della Rete d’impresa del Pinot Bianco nel Collio.
Questa nuova mostra solleverà il velo su otto secoli di bellezza, dal Duecento al Novecento, mettendo a disposizione dello sguardo, dell’intelligenza e della spiritualità trenta opere davvero notevoli tanto per l’elevata qualità artistica, quanto per le firme di alcuni dei più importanti maestri del Rinascimento, ma soprattutto per il fatto che le trenta opere scelte per la mostra non sono mai visibili al pubblico, appartenendo a pregevoli collezioni private: perciò si tratta, come dice il titolo, di capolavori “segreti”.
Tre le opere esposte, si può riconoscere come veri gioielli di altissimo pregio la Sacra Conversazione di Palma il Vecchio, del secondo decennio del Cinquecento, la Madonna col Bambino di Lazzaro Bastiani, di fine Quattrocento, la Madonna col Bambino di Giovanni Bellini e collaboratori, del primo Cinquecento, la stupenda tavola dedicata a Il Sonno del Bambino Gesù in braccio a sua Madre, opera del 1525 realizzata da Berardino Luini, genio lombardo tra i più straordinari seguaci di Leonardo da Vinci; ma anche la tavola con la Madonna e il Bambino tra due santi del Giampietrino, del 1523 circa, o la tavola cuspidata di Antoniazzo Romano con la Madonna e il Bambino, del primo Cinquecento, o lo spettacolare trittico fiammingo con l’Adorazione dei Magi, ascrivibile al cosiddetto “Maestro del fogliame ricamato”, attivo tra Bruges e Brussels a fine Quattrocento. E grandi capolavori sono pure le due opere che stanno agli estremi cronologici della mostra, la grande tavola lignea duecentesca abruzzese con la Madonna lactans, da una parte, e la scultura del volto della Vergine di Adolfo Wildt, del 1924, in marmo spiritualissimo, dall’altra.
La mostra «Madre» è una suggestiva immersione nell’iconografia mariana.
Le immagini della Madre di Dio hanno le loro radici nelle prime rappresentazioni realizzate nell’iconografia cristiana per venerare la figura di Maria. Il culto alla Theotokos, tanto nella chiesa d’Oriente quanto in quella d’Occidente, troverà un veicolo adatto per la sua diffusione in quelle icone che spiegavano in immagini quanto la riflessione teologica sosteneva e affermava riguardo l’incarnazione del Verbo di Dio. La venerazione delle immagini sante, che intorno al 600 aveva raggiunto a Costantinopoli il suo primo culmine, troverà attiva diffusione anche a Roma, in tutta Italia e più in generale nell’Occidente cristiano, dove era stata accolta la liturgia mariana d’Oriente e dove l’icona diventa oggetto di riti sontuosi, sul modello di quelli riservati alle sacre immagini dell’impero bizantino. All’epoca della controversia iconoclastica, Roma diventerà il rifugio delle icone in esilio da Costantinopoli e saprà dare un nuovo impulso ad esse e alla loro venerazione. Già dal sec. XIII era iniziata per le immagini della Madre di Dio un nuovo corso nella storia dell’arte occidentale, e ciò grazie anche alla diffusione della devozione mariana ad opera degli Ordini religiosi, a iniziare dai Premostratensi e dai Cistercensi. Nella società medievale l’intera compagine civile, pienamente coincidente con la comunità ecclesiale, “sente” di appartenere a Maria, riconoscendo in lei tutti i valori personali e comunitari e invocandola come compendio di ogni virtù e come baluardo contro le insidie del maligno, della barbarie e del caos. La figura della donna di Nazareth riempie gli occhi e i cuori di stupore estetico e di religiosa esaltazione.
Mentre il ciclo della vita di Maria, anche grazie alla Legenda Aurea e a molti altri analoghi santorali coevi, raggiunge una sua codificazione anche nell’arte, dal Medioevo al Rinascimento sono sempre più numerose e incantevoli le opere dedicate alla Madre della misericordia, alla Madonna del parto, alla Maestà in trono o alla Madonna dell’Umiltà, alla Pietà e all’Addolorata, all’Immacolata o all’Assunta incoronata nel cielo. Parallelamente, lo sviluppo della devozione personale, domestica, perfino in viaggio o in pellegrinaggio, induce la produzione di piccole immagini che riproducono a formato assai contenuto le grandi raffigurazioni delle chiese e degli altari.
Sempre di più, di secolo in secolo, le arti che si concentrano in Maria cercano di dare forma a un ideale di perfetta bellezza, onorando l’avvenenza spirituale della donna piena di ogni grazia ma anche delineando i canoni della stessa bellezza, quasi come aveva fatto con il corpo maschile atletico l’antico mondo greco.
Nella mostra «Madre. Trenta capolavori segreti per la più bella tra le donne» si ripercorre l’itinerario sopra descritto. Un caso di studio, infine, attira in mostra l’attenzione, suggerito proprio dalla collocazione goriziana della mostra stessa. Gorizia e Nova Gorica, insieme al territorio d’intorno, da sempre sono unite dalla grande devozione a Maria che si esprime nella venerazione della Madonna di Monte Santo, santuario in cui in particolare è custodito un dipinto di piccole dimensioni, ornato di corone votive, dalla storia ben ricostruibile. L’immagine raffigura la Madonna col Bambino accanto a San Girolamo e a San Giovanni Battista. Risulta dalle fonti che Egidio Falcetta, vescovo di Caorle e vicario generale del Patriarca di Aquileia Marino Grimani, consacrando la nuova chiesa del Monte Santo nel 1544 recò in dono questo dipinto, inviato dal Patriarca e custodito con la memoria che andasse ascritto alla bottega di Palma il Vecchio. L’opera venerata nel santuario va messa in relazione con due dipinti esposti nella mostra goriziana, che attestano in modo inequivocabile come il dipinto di Monte Santo sia stato realizzato da collaboratori della bottega di Francesco Rizzo da Santacroce. Proprio nel 1922, cento anni or sono, in una processione solenne, a cui partecipano migliaia di fedeli, il quadro della Madonna venne trasportato da Gorizia, dove era stato custodito e venerato durante il nefasto tempo della Prima Guerra mondiale, sul Monte Santo, dove venne collocato nella nuova cappella del santuario appena ricostruito dopo gli scempi bellici.
In un momento come l’attuale, tormentato da foschi riverberi di guerra a est della nostra regione, nel cuore dell’Europa, celebrare con questa mostra quel centenario è anche un messaggio sulla possibile unità e pace tra i popoli e le stirpi che costituiscono la civiltà europea – quella slava, quella latina e quella germanica –, ammirando in Maria e nella sua virtù e dedizione d’amore una donna che ha saputo unire, a differenza di tanti uomini che hanno diviso e continuano a dividere dolorosamente il mondo.
È confermata la necessità della prenotazione per tutti, ma sarà accettata anche il giorno stesso con preavviso minimo. Si prenota attraverso la mail (madre.gorizia@gmail.com), a partire da oggi stesso, oppure attraverso il telefono (0481.550744) a partire dal giorno di apertura della mostra stessa.
La mostra si potrà visitare dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.30 nelle giornate di venerdì, sabato e domenica, oltre alle aperture eccezionali previste il 28 aprile, in occasione del compleanno di Gorizia, e il 2 giugno. La visita sarà accompagnata per tutti dall’audioguida, compresa nel biglietto d’ingresso, con i commenti di Don Alessio Geretti che consentiranno di entrare nei segreti delle opere e di coglierne i valori culturali, storici ed estetici.
La mostra è organizzata in collaborazione con il Comune di Gorizia e grazie al supporto della Rete d’impresa del Pinot Bianco nel Collio, nonostante l’impegno che un’esposizione di questa levatura comporta, il costo del biglietto per l’ingresso e l’audioguida sarà assai contenuto (5€, salvo i casi di gratuità previsti), offrendo così una grande accessibilità alla bellezza e alla cultura.