Magnifico Rettore, Autorità, Comunità universitaria e ospiti tutti, siamo onorati di portarvi i saluti del personale tecnico, bibliotecario, linguistico e amministrativo dell’Università degli Studi di Udine che opera nelle sedi di Gemona, Gorizia, Pordenone e Udine.
Nel corso di questo intervento daremo alcuni spunti su ciò che ci caratterizza, passando dalle note meno liete, che in linea di massima ci vedono parte di un Sistema Paese quantomeno da rivedere, agli aspetti positivi più specifici del nostro Ateneo.
Mettiamo quindi l’accento sulle note più dolenti per il nostro comparto di lavoro, per parlare di immobilismo, quando non di movimento verso il basso.
Il comparto del personale tecnico-amministrativo degli Atenei italiani può essere infatti visto come lo specchio di un Paese per molti versi immobile: a cominciare dagli stipendi fermi dal 2008. A fine 2015 saranno 8 anni di immobilità, pari a circa 4 contratti economici, mentre non ci risulta sia altrettanto fermo il costo della vita, in particolare nei servizi essenziali.
Negli ultimi anni, sia nel settore pubblico che in quello privato sono stati persi posti di lavoro (nel settore pubblico i posti di lavoro cancellati sono stati più di 200.000, dei quali circa 5.300 nel comparto università) e conseguentemente i lavoratori e le lavoratrici hanno perso capacità di spesa. Nonostante questa perdita comune, c’è chi tenta di metterci l’uno contro l’altro in una sorta di “guerra tra poveri”, distogliendo così l’attenzione sui veri problemi, che non stanno nella distinzione tra lavoratore pubblico e privato, ma tra chi lavora e chi non lavora e, sul fronte delle remunerazioni, tra chi percepisce compensi al limite della sopravvivenza e chi invece continua a percepire retribuzioni non solo alte, che ci può stare, ma addirittura sproporzionate. E se è vero che il nostro posto di lavoro è stato, almeno finora, maggiormente garantito rispetto ai lavoratori del privato, è anche vero che la sicurezza del lavoro non dovrebbe essere vista in negativo come un privilegio di alcuni da dover eliminare ma, al contrario, vista in positivo come un diritto da estendere a tutti.
Di immobilismo dobbiamo parlare anche dal punto di vista della contrattazione di II livello, quella definita oggi “aziendale”, che, a causa dei tagli di bilancio, si traduce in un fondo fermo al 2009, in progressioni orizzontali e verticali inesistenti, in valutazioni e contro valutazioni utili ad erogare in termini compensativi un valore poco più che simbolico.
Immobilismo anche sul fronte del turnover: mancate sostituzioni per uffici che perdono personale a partire dalle mancate sostituzioni di assenze per maternità. Guardiamo allora al quadro anagrafico del nostro Ateneo, che pure rispetto ad altre università può essere considerato giovane: su 543 persone, a inizio 2014 solamente 2 persone a tempo indeterminato e 9 a tempo determinato hanno meno di 30 anni. E questo in sintonia con l’andamento nazionale: un Paese nel quale le persone devono lavorare sempre e troppo più a lungo e dove i giovani stentano sempre più a trovare spazio; giovani di cui la nostra Amministrazione avrebbe un gran bisogno a tutti i livelli e in tutti i settori.
E immobilismo infine sui i contratti a tempo determinato: dobbiamo già dirci fortunati se nel corso del 2014 sono stati confermati gli esistenti, fermo restando che l’esigenza principale è quella di rimettere in moto un meccanismo fermo ormai da troppo tempo: ci aspettiamo che già nel corso di quest’anno l’Ateneo possa riaprire la partita delle assunzioni a tempo indeterminato.
A fronte di tanto immobilismo e tante perdite, di posti e di potere di acquisto delle retribuzioni, un unico aumento registrato: i carichi di lavoro. Lavoriamo infatti in un contesto di eccesso e di sempre maggiore burocrazia, di cui a volte veniamo accusati, ma che noi per primi subiamo e del quale faremmo volentieri a meno: la buona amministrazione dovrebbe essere fatta di azioni snelle, semplici e a maggior ragione efficaci, ma non è la prima volta che diciamo che si fa un gran parlare di semplificazione mentre le norme legislative man mano introdotte vanno regolarmente nella direzione opposta.
Da un punto di vista interno invece, registriamo con favore dei cambiamenti.
Nel 2014 abbiamo assistito a un miglioramento delle relazioni sindacali e, man mano, affrontato assieme numerose problematiche, alcune risolte, altre in via di risoluzione. Forte impulso è stato dato al concetto di lavorare per processi con una maggior consapevolezza e con una tensione al risultato in termini di qualità, del resto confermata in termini di certificazioni dei servizi alla didattica.
È stato inoltre portato a termine un questionario sul benessere organizzativo, un’indagine interessante per capire come il personale tecnico-amministrativo percepisce il proprio ambiente di lavoro e il grado di coinvolgimento nei processi lavorativi, con lo scopo di innescare un percorso di attenzione, miglioramento e motivazione.
Si sono registrati dei punti deboli, come in ogni organizzazione complessa che si rispetti: in particolare la comunicazione interna è considerata ancora insufficiente, e il sistema viene percepito come non premiale rispetto alle professionalità che il personale mette a disposizione dell’organizzazione. Se è possibile trovare le soluzioni nel primo caso, è più complicato, perché un problema di sistema nazionale, nel secondo, eppure anche in questo caso qualcosa si dovrebbe poter fare. Quello che ci preme sottolineare però sono anche i nostri punti di forza: un deciso senso di appartenenza all’organizzazione, uno spirito di coesione che si manifesta anche attraverso la ricerca di sempre nuove sinergie tra colleghi e tra uffici, un elevato senso del valore dell’immagine del nostro Ateneo all’esterno e la capacità del personale tecnico-amministrativo di sottoporsi alla valutazione, sentita come strumento per avviare processi di miglioramento dell’ambiente e delle condizioni di lavoro.
Ribadiamo infine in questa occasione, tra le questioni da affrontare e possibilmente risolvere già nel corso del 2015, la richiesta di una rappresentanza in Consiglio di Amministrazione, come avveniva già in passato, e come avviene in altri Atenei, Rinnoviamo la richiesta di un incremento del valore del voto del personale tecnico-amministrativo nelle elezioni del Magnifico Rettore e, per i Collaboratori Esperti Linguistici, del riconoscimento del loro ruolo a livello di Statuto e la loro presenza negli organi didattici. E continuiamo infine a contare sulla possibilità di partecipare in modo propositivo e attivo alle decisioni organizzative e a voler dare il nostro contributo, in particolare, ma non solo, alla realizzazione del Piano Strategico, alla riorganizzazione dipartimentale e, più in generale, alla riorganizzazione dei servizi alla didattica e alla ricerca, attività core del nostro Ateneo che ottengono risultati lusinghieri anche grazie alla nostra professionalità.
Richieste che lungi dall’essere delle mere rivendicazioni vanno invece intese come coerenti con l’impegno che mettiamo nel nostro lavoro di tutti i giorni, con lo spirito di sacrificio e la volontà di fare che da sempre ci anima e che ci accomuna agli abitanti della nostra bella Regione che tanto hanno fatto prima per ottenere e poi per mantenere viva la nostra Università.