Fino a pochi secoli fa la scrittura era prerogativa di una classe ricca e privilegiata. Decidere di rivolgersi a un popolo attraverso un libro sarebbe stato da considerarsi poco saggio, oltre che inefficace. Le sacre scritture potevano essere lette e comprese forse dall’otto per mille della popolazione. L’interpretazione del messaggio divino rimaneva così nelle avide mani di una minoranza facoltosa.
E gli umili? I semplici?
Non c’era alternativa, dovevano fidarsi, allo stesso modo in cui dovevano fidarsi delle leggi che, si diceva, erano fatte proprio a loro difesa. Anche quando arrivò una buona novella che parlava di liberazione, subito al racconto tramandato si sostituirono testi scritti e ufficiali.
Accadde così che proprio gli schiavi, i diseredati, gli ultimi della terra; proprio quelli a cui era rivolta la parola di speranza del messaggio cristiano, erano in realtà tagliati fuori dalla comprensione di quel messaggio. E hanno dovuto farselo raccontare dai loro padroni, dai loro sfruttatori, dai loro oppressori.
Ma cosa poteva capire di quel messaggio chi aveva occhi per vedere, orecchie per intendere ma non aveva ricevuto dal cielo un cervello per mettere insieme le cose? Cosa potevano raccontare quelle scritture a un idiota?
Questo spettacolo narra le avventure di Gesù e degli apostoli, ma non attraverso le scritture, non attraverso i libri. I fatti della buona novella sono raccontati da un idiota. I dodici gli avevano detto che era meglio si tenesse a debita distanza da loro e soprattutto doveva smetterla di rivolgere loro quelle stupide assillanti domande. Ma lui era un idiota, non c’era libro che avrebbe potuto distoglierlo dalla sua ostinata incomprensione del mondo.
Colugna – Teatro Bon – ore 20:45