Spostamenti, coprifuoco, congiunti. E poi scuola, ristoranti, bar, impianti sciistici. Tutto questo sul tavolo nel confronto tra governo e regioni in vista del varo del nuovo Dpcm per Natale, che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte firmerà nelle prossime ore e che sostituirà il provvedimento in scadenza il 3 dicembre.
Con il ministro della Salute Roberto Speranza e il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia ci saranno anche il commissario straordinario all’emergenza Covid Domenico Arcuri e il capo della Protezione civile Angelo Borrelli. Dall’altro lato, Regioni, Anci e Upi.
L’impalcatura del Dpcm appare delineata, con il coprifuoco anche a Capodanno, i ristoranti chiusi il 25 e il 26 dicembre, l’orario d’apertura dei negozi fino alle 21. Spostamenti vietati tra le regioni -probabilmente dal weekend prima di Natale – anche in fascia gialla, con eventuali eccezioni per chi ha la residenza in un’altra regione o per chi dovrebbe far ritorno al proprio domicilio e, con l’occasione, rivedere la propria famiglia. Nella zona arancione, secondo le regole già adottate, non è consentito lasciare il proprio comune. Più libertà di movimenti potrebbe essere concessa a chi vuole raggiungere la propria seconda casa all’interno della zona gialla prima del blocco.
La posizione delle regioni è stata illustrata per sommi capi da Giovanni Toti, governatore della Liguria. “Le regioni chiedono un ulteriore confronto che dia trasparenza al processo decisionale che attiene alla divisione in fasce del paese. Le regioni ribadiscono che occorre semplificare e qualificare il processo decisionale, sapere come vengono interpretati i parametri”, dice Toti.
“Quasi tutti i governatori hanno sottolineato che occorre accorciare il meccanismo di uscita da una zona. Nell’attuale Dpcm questo processo richiede almeno 21 giorni di calendario, riteniamo possa essere più rapido. Bisogna poi rendere più attuali i numeri su cui si basa l’attribuzione di una zona alle regioni”, aggiunge.
“Il principio del divieto di assembramento deve essere il cardine del prossimo Dpcm, anche per un criterio di mera equità rispetto alle varie attività”, dice, ripensando alle scene viste nel weekend nelle principali città, con file davanti ai negozi. “Torneremo a chiedere ristori per le categorie che soffriranno per un Natale condizionato dalle misure restrittive, chiediamo che ci sia una campagna di informazione importante”, afferma ancora. Capitolo sci: “Le regioni si sono interrogate sulla possibilità di riaprire gli impianti di risalita per gli ospiti degli hotel o per chi possiede una seconda casa per dare una parziale compensazione a località sciistiche o, in caso questo non sia possibile, la chiusura dei confini del paese per evitare che il nostro pubblico vada a sciare in paesi in cui gli impianti saranno verosimilmente aperti: la Svizzera lo sta facendo, l’Austria, la Slovenia. Vedremo come si comporterà la Francia. Non vorremmo subire oltre al danno anche la beffa di tenere chiuso il nostro arco alpino e vedere persone che vanno altrove in vacanza e poi rientrano magari importando il contagio”, spiega Toti.
Quindi, l’ipotesi di creare una ‘zona bianca’ che si aggiunga alle aree già previste. “Vorremmo comprendere se oltre le zone rosse, arancioni e gialle è possibile immaginare anche una zona dove ci sono ulteriori possibilità economiche se i dati del contagio lo consentiranno”, dice ipotizzando “l’apertura serale di ristoranti e bar, non illimitata e non per le feste, ma nei limiti di protocolli rigorosi vigenti”.
Sulla scuola, la posizione dei governatori è chiara: bisogna ripartire a gennaio. “Le regioni hanno ribadito che sembra surreale una discussione per riaprire una settimana prima delle vacanze natalizie. Occorre un tavolo per prepararsi all’apertura di gennaio. Auspichiamo che il confronto sia produttivo, vogliamo dare il nostro contributo in una situazione in cui l’epidemia sta calando un po’ ovunque”, afferma.
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