Al Centre Pompidou di Parigi, tempio mondiale dell’arte moderna, in occasione della prima grande retrospettiva dedicata al designer francese Pierre Paulin, non poteva mancare la fedelissima riedizione del divano Osaka, eseguita da LaCividina, azienda friulana conosciuta in tutto il mondo grazie alle collezioni di divani e poltrone per il settore contract e residenziale.
Un’esposizione che sta avendo enorme successo, grazie a oltre cento opere inedite tra mobili, disegni originali e prototipi di Paulin, progettista geniale che ha segnato lo stile di vita della Francia degli anni Cinquanta.
Tra queste il divano flessibile Osaka, che LaCividina ha riportato in auge dopo avere conosciuto Maïa e Benjamin Paulin, moglie e figlio del designer scomparso nel 2009. Da quel felice incontro, è derivata la versione – assolutamente fedele all’originale – oggi presente al Centre Pompidou: una seduta originale, versatile e modulare che l’azienda friulana guidata da Fulvio Bulfoni e Paola Mesaglio ha prodotto con grande orgoglio e rispetto del progetto iniziale.
Osaka fu originariamente prototipato da Mobilier National e scelto come prodotto rappresentativo della Repubblica francese, in occasione dell’Esposizione Universale tenutasi nel 1970 nella città giapponese omonima.
Da allora e fino all’accordo tra LaCividina e la famiglia Paulin, Osaka attendeva di tornare ad essere valorizzato per la propria genialità, a partire dai materiali inediti utilizzati come la plastica estrusa e il tessuto stretch.
Ed è proprio con quest’ultimo – perfetto nell’assecondare le forme curve – che LaCividina ha realizzato la versione Osaka per il Pompidou e per tutti i visitatori che potranno comprenderne appieno la pioneristica ricerca ergonomica.
Composto da tre strisce unite grazie a una particolare struttura in acciaio, Osaka risponde a un concetto avanzato e originale di collettività. Il divano, infatti, si costruisce grazie a moduli snodabili che permettono anche di cambiare forma con la massima facilità.
Foto: © Exposition Pierre Paulin Photo G. Meguerditchian, Centre Pompidou 2016