Bruxelles, 13 ottobre – Un Modello Friuli nato dalla tragica esperienza del terremoto del 1976, diventato quindi esempio per l’Italia e ora possibile laboratorio per l’avvio di una Protezione civile dell’Unione Europea che di fatto, dal punto di vista della prevenzione e della preparazione, ha avviato i suoi primi passi legislativi appena nel 2013.
È quanto emerso oggi a Bruxelles nel corso della tavola rotonda promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia per ricordare e illustrare, qui nella capitale europea, l’opera di soccorso e di ricostruzione a 40 anni dal sisma che sconvolse, ma non annientò, quelle nostre comunità.
Dal 1976 la nascita della Protezione civile regionale, sistema trainante per lo sviluppo nazionale ed europeo della tutela dai disastri naturali non a caso il tema dell’incontro, al quale sono tra gli altri intervenuti i presidenti Debora Serracchiani (Regione) e Franco Iacop (Consiglio regionale), l’assessore regionale alla Protezione civile Paolo Panontin, l’ambasciatore d’Italia in Belgio Vincenzo Grassi, il sindaco di Gemona del Friuli Paolo Urbani, l’europarlamentare Isabella De Monte, l’ex assessore regionale Diego Carpenedo, Marco Canaparo della Rappresentanza d’Italia presso l’Unione Europea, Ian Clark, responsabile della Gestione del Rischio al Joint Research Centre di Ispra, e Gaetano Vivo, della Direzione europea per la Protezione civile e gli Aiuti umanitari.
Dunque ancora tanta strada per una Protezione civile europea, anche se alcuni passi importanti – in questo senso – non mancano: a iniziare, come ha ricordato Serracchiani, da quella Scuola per l’Emergenza che si sta sviluppando a Portis Nuovo di Venzone, con il coinvolgimento anche delle strutture di Protezione civile di Slovenia e Austria e il contestuale e indispensabile contributo del tessuto universitario (Udine, Trieste e SISSA) e della ricerca (in primis l’OGS) del Friuli Venezia Giulia, ha rimarcato Panontin.
Non è dunque un caso che anche il Centro di Ispra sia in pratica nato con il sisma in Friuli, dettando una radicale trasformazione nei suoi interventi e nelle sue attività, ha ricordato Ian Clark, mentre Gaetano Vivo ha segnalato come ancora oggi proprio “prevenzione e preparazione siano ancora concetti nuovi per l’Unione Europea”, introdotti in modo limitato solo con i Trattati di Lisbona e che potranno svilupparsi compiutamente da qui al 2020.
Coordinati dal giornalista Roberto Collini, i lavori della tavola rotonda hanno poi messo in luce come nel passaggio della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia dallo spontaneismo dei primi periodi all’attuale organizzazione strutturata mai è mancata la convinta attenzione di tutti i governi regionali succedutisi negli anni. Un Modello di riferimento (l’ultima grande prova di efficienza è stata dimostrata, purtroppo, anche nel recentissimo sisma che ha colpito l’Italia Centrale) che il Friuli Venezia Giulia mette a disposizione della comunità internazionale, ha confermato l’assessore Panontin, rimarcando comunque come restino indispensabili per affrontare un’emergenza straordinaria di questo tipo la capacità di programmazione del livello regionale e il ruolo/coinvolgimento stretto dei sindaci del territorio.
Un’esigenza ribadita anche da Diego Carpenedo, che ha ricordato sia l’accordo politico che maturò in Consiglio regionale per affrontare “assieme” l’opera di ricostruzione sia la “delega totale” assegnata dallo Stato alla Regione (“mai più ripetutasi con questa intensità”), nonché la decisione di affidarsi a un commissario straordinario, allora Giuseppe Zamberletti, che ora è stata replicata con il terremoto in Italia Centrale.
Resta peraltro confermato da tutti, anche oggi a Bruxelles, come resti indispensabile affidarsi sempre di più alle attività di prevenzione, che assolutamente “devono diventare strumento culturale prioritario”, in particolare negli interventi strutturali nelle opere e negli edifici pubblici, ha dichiarato la presidente Serracchiani.
ARC/RM/EP
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