Regionali 2013; FVG, il programma di Bandelli

Appena nati, avevamo individuato in cinque punti il percorso propositivo che Un’Altra Regione doveva seguire per presentarsi alle elezioni regionali della prossima primavera.
. da regione di confine a centro dell’Europa
. dal centralismo regionale all’autonomia dei territori
. dalla sanità d’area vasta al diritto alla salute delle comunità locali
. dalle misure emergenziali anticrisi alla politica per una piena occupabilità
. dalle politiche ambientali alla salute dei territori
Nel frattempo, abbiamo immaginato strade da percorrere, persone da incontrare, progetti da realizzare. Abbiamo, soprattutto, voluto non fare promesse o proposte che rimanessero sulla carta, ma dessero certezze di continuità con quello che è l’impegno che da ormai tre anni abbiamo preso con la gente. Abbiamo, infine, scritto un programma che rispecchiasse questa Regione, custode di enorme ricchezza, fiera e forte di ciò che ha saputo costruire, pronta a difendere i propri interessi, a pretendere ciò di cui ha diritto, senza paura del futuro e dei sacrifici che può portare se destinati a far star meglio chi verrà dopo di noi.
Siamo centro dell’Europa, non piccola regione a margine dell’Italia.
Siamo forti per l’autonomia dei nostri territori, non per la specialità di cui sentiamo parlare.
Siamo stanchi delle tante battaglie che non sono state affrontate per paura di perdere.
Nei punti programmatici che seguono, ossatura del nostro confronto con le persone, raccontiamo il nostro progetto, unico e solo tavolo di confronto con chi sceglierà di dialogare e ragionare per costruire un’alternativa al triste spettacolo (bipolare) che ogni giorno ammorba le nostre vite.

 

DAL MERCATO DEL LAVORO AL DIRITTO AL LAVORO
Non è soltanto una questione di termini, ma di valori. Per tutta la comunità regionale. Chi ha governato questa Regione ha ridotto il lavoro a semplice merce di scambio, ha – per molti aspetti – fatto smarrire la sostanza di un principio costituzionale che fa del lavoro un diritto e non una merce da acquistare o guadagnarsi sacrificando condizioni di vita accettabili e dignitose.
Il Friuli Venezia Giulia ha passato gli ultimi due anni, quelli più intensi per la crisi, ad applicare misure di emergenza, senza una programmazione di un politica di rilancio occupazionale. Ha lasciato che l’utilizzo di forme temporanee di lavoro, sempre più instabili, diventassero lo strumento privilegiato per l’assunzione lavorativa.
La crisi è stata utilizzata come alibi per non decidere e lasciare inalterata una situazione che già a partire da questo autunno aggraverà i suoi effetti, con la cessazione della Cassa integrazione per migliaia di lavoratori di questa regione, l’esaurimento per molti cittadini della loro ultima fonte di reddito. Si sono sperperati milioni di euro cercando, con strumenti tampone, di tappare un falla che ogni giorno genera instabilità e impoverimento nel tessuto socio-economico.
L’obiettivo di Un’Altra Regione è quello di arrivare ad un accordo con le associazione sindacali e datoriali, per recuperare il valore sociale del lavoro. Poiché il progetto di riforma del Governo Monti punta a forme di liberismo che rendono sempre più fragili gli individui, è necessario riscrivere la Legge 18/2005 per mettere in campo azioni che sappiano leggere il mutato quadro economico, per offrire reali opportunità di inserimento lavorativo ai giovani, per indicare concreti spazi di ricollocamento di migliaia di disoccupati – anche riorganizzando i servizi di collocamento – con un diverso quadro normativo, fiscale e burocratico che difenda la crescita sociale del lavoro dalla logica esasperata della produttività, in modo da avere una spesa pubblica per le imprese più efficace per l’affermazione del diritto al lavoro. Ma soprattutto, rinunciando al ricorso a mere forme assistenziali che la dignità umana non accetta più.

PER UNA SOCIETÀ PIÙ EQUA. IL FONDO SALVA CITTADINI

La politica dei sacrifici ha accentuato la crisi economica in atto perchè quando si vuole limitare l’intervento pubblico si prende a pretesto la riduzione delle risorse finanziarie, per poi dall’altro perseverare nel privilegiare spese delle quali si fatica a vedere le ricadute sullo sviluppo e sulla coesione sociale.
Dopo il fondo salva banche passando per il fondo salva imprese, gli unici ad apparire privi di tutela sono quei cittadini che, privati di un lavoro, vengono spogliati di un reddito che dà dignità alla persona ed anche quelle tante famiglie in cui la condizione lavorativa è rimasta umiliata da un salario pressoché fermo a fronte del galoppo dell’inflazione, impoverito dall’esagerata morsa fiscale del Governo Monti.
Per Un’Altra Regione c’è una priorità: fare economia per la società.
Occorrono interventi mirati da sostenere con quelle risorse che, seppur ridotte, continuano ad esserci, perché la priorità per questa Regione è agire a favore della società sostenendo il benessere dei cittadini e non già la ricchezza di chi produce.
Crediamo sia il tempo di smettere di millantare virtù di governo perchè si pensa che il rilancio di una società debba essere affidato alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali – per le quali si e’ disposti ad impegnare in tempo di crisi ben 150 milioni di euro del bilancio regionale (che sono soldi dei cittadini). Non si contrasta la crisi economica continuando sulla strada dell’as-sistenzialismo; al contrario è necessario qualificare il settore dell’agricoltura, commercio, produttivo e terziario (servizi per il turismo, nautica) affinché nel tempo ci sia autofinanziamento con la creazione di lavoro e ricchezza (come già avviene in Regione quando le imprese si mettono in rete e praticano un’economia solida e concreta di investimenti).

INFRASTRUTTURE PIÙ UTILI E MENO COSTOSE

Ciò che è mancato negli ultimi anni, è un disegno complessivo che desse senso alle scelte compiute e una prospettiva agli impegni che si sono assunti. Uno dei settori in cui maggiormente si è fatta sentire l’assenza di una strategia complessiva è quello delle infrastrutture dove sarà necessario un disegno complessivo che fissi priorità e direttrici di sviluppo. Proseguire la strada del trasporto su strada non crediamo possa più rientrare fra le scelte di una Regione che deve fissare nello sviluppo sostenibile un imprescindibile presupposto del suo rilancio.
Sarà necessario recuperare la vocazione intermodale  di questa regione, valorizzando l’esistente e puntando sulla logistica quale chiave per recuperare il gap oggi esistente fra imprese locali ed europee.
In primo luogo la gigantesca spesa pubblica affrontata nel passato per lo scalo ferroviario intermodale di Cervignano non è ancora oggi premiata, per la mancanza totale di una politica consapevole dell’importanza della logistica in un’economia moderna. Questa Giunta si è interessata di autostrada e portualità, lasciando di fatto le
cose ferme all’anno del suo insediamento, senza parlare di integrazione del traffico su ruota con quello su rotaia e con il sistema portuale regionale. Da anni sentiamo parlare di rilancio ma dopo aver lasciato tramontare l’idea di rendere lo scalo di Trieste l’hub adriatico di un’autostrada del mare, occorre rimettere in rete gli scali di Monfalcone e Porto Nogaro, guardando a Capodistria e Venezia in un’ottica di collaborazione competitiva che permetta realmente lo sviluppo di un unico grande scalo portuale dell’alto Adriatico. Un’Altra Regione fa analisi della realtà e non privilegia le visioni politiche: un unico grande scalo portuale dell’alto Adriatico avrà senso quando la politica si prenderà seriamente l’incarico di portare traffici e merci ai porti della Regione; questo richiede alla politica di passare dall’ingegneria dei sistemi portuali alla sviluppo del mercato, perché sono i mercati che comprano e scambiano le merci e richiedono specifiche infrastrutture; non il contrario.
Va inoltre evidenziato il fatto che la spesa per la terza corsia A4 è stata voluta dal governatore Tondo con la conseguenza di un pesante debito per i cittadini di questa Regione. Tale infrastruttura soddisfa in maniera prevalente un traffico pesante che attraversa la Regione da est a ovest e viceversa, senza lasciare ricchezza in questa Regione (i pedaggi pagati saranno utilizzati per pagare il debito). Sia chiaro: la terza corsia si può e si deve fare ma non al costo stratosferico di oltre 2 miliardi di euro. Il progetto va rivisto per dimezzare la spesa, il resto deve venire da una riduzione dei costi delle opere pubbliche e da una compartecipazione del Governo nazionale e dell’Europa.
In Veneto l’uso delle intermodalità di trasporto (dalla gomma alla ferrovia) ha ingigantito l’utile annuo dell’Interporto di Padova e Verona; invece in FVG ben due autoporti si interrogano ancora sul loro futuro (Fernetti e Alpe Adria di Cervignano del Friuli, quest’ultimo con un raccordo autostradale di cinque chilometri già finanziato ma mai realizzato dal gruppo societario di Autovie Venete).
Il trasporto regionale per i cittadini. Dopo anni trascorsi a inseguire le concessioni romane su un diritto, quello alla mobilità, che questa regione ha pagato con le risorse dei cittadini, è ancora da costituire una società regionale di trasporto ferroviario che tuteli le esigenze di collegamento dei cittadini all’interno di questa regione. Un’Altra regione vuole una politica diversa: maggiore efficienza e redditività, che soddisfi le esigenze del quotidiano pendolarismo dei lavoratori e studenti oggi vessati da condizioni di trasporto spesso al di sotto di standard minimi di qualità.
Occorre infine rivedere le politiche di collegamento adottando scelte promozionali che rilancino il turismo regionale, penalizzato dalla scarsità di collegamenti adeguati.
ASSICURARE CERTEZZA ALLE SPERANZE DEI GIOVANI

Non ci rassegniamo all’idea che questa non sia una regione “per giovani”. Il dato che ha fatto arrivare nell’ultimo anno la disoccupazione giovanile sopra la soglia psicologica del 20% in Friuli Venezia Giulia, non è il solo dato che allarma. A fianco va posto il ricorso ormai sistematico – anche per le donne – a quelle forme contrattuali che penalizzano la stabilità e la qualità del lavoro a favore di utilizzi intermittenti di prestazioni lavorative, che mortificano competenze, professionalità e soprattutto aspettative di vita.
Occorre anzitutto trasformare gli istituti finanziari regionali – Friulia e Mediocredito – in attori principali di una revisione complessiva degli strumenti oggi disponibili, per creare opportunità di crescita economica per i giovani, e per offrire quegli strumenti necessari a costruire certezze e a far crescere le loro speranze.

DISEGNARE IL PIANO ENERGETICO REGIONALE

Da subito e fra i primi atti la convocazione di un tavolo regionale, con Enti scientifici e di Ricerca, con imprese, sindacati ed istituzioni locali per stilare un piano energetico regionale, che individui fabbisogni, fissi regole e dia priorità alle necessità energetiche del territorio. Un piano energetico che da un lato privilegi, così come nelle realtà economicamente più solide del consesso europeo l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, attraverso incentivi finalizzati alla garanzia di un comparto economico credibile, competitivo e duraturo, che corrispondano alle esigenze della popolazione e che spingano verso la riduzione dei costi energetici per famiglie e imprese nel pieno rispetto del territorio e della sicurezza dei cittadini. Un’Altra Regione vuole il coinvolgimento dei territori interessati (attraverso procedure burocratiche snelle e coerenti), rifiutando l’inserimento in regione di stabilimenti invasivi che hanno già ricevuto il diniego degli Enti locali – come il rigassificatore di Zaule – o il progettato elettrodotto Udine ovest – Redipuglia, (anche quello Wurmlach – Somplago) che rischia di imporsi nonostante il parere contrario delle Amministrazioni locali rappresentative dei cittadini.

PER RIDARE SENSO ALL’IDENTITÀ E ALL’AUTONOMIA REGIONALE

Il dibattito sull’Autonomia, mai spento e sempre pronto ad essere riacceso in prossimità di ogni campagna elettorale, deve trovare un approccio che superi i retaggi del passato per collocarlo in una dimensione che tenga conto del presente e del futuro

che si immagina per la nostra Regione. Ripensare allo statuto autonomo della regione è un tabù?
Sul piano istituzionale, oltre alla certezza di rendere Trieste e l’area Giuliana una sola Città metropolitana, occorre delegare ai cittadini della regione le scelte sul futuro assetto di governo dei loro territori attraverso processi di consultazione popolari. L’assetto istituzionale appartiene alla volontà della comunità e non è prerogativa esclusiva del Consiglio regionale. Gli unici infatti a poter valutare realmente la qualità dei servizi offerti e la loro sostenibilità sul piano finanziario sono i fruitori. Il superamento delle Province e l’aggregazione dei Comuni non è uno slogan pronto per la campagna elettorale ma una convinzione imprescindibile per candidarsi a governare questo territorio.
Sul piano identitario se da un lato occorre superare e lasciare alla storia ogni forma di nostalgia per ciò che storicamente è irripetibile e politicamente inattuabile, si deve collocare il Friuli Venezia Giulia in un quadro europeo dove la sua specialità diventi motore di sviluppo e di eccellenza e non baluardo per difendere istituzioni e prerogative non compatibili con una realtà socio – economica troppo complessa per poter essere ridotta a campanilismi e identità storiche percepite da componenti sempre più minoritarie della società regionale.
L’identità caratterizzata dalla sua posizione geopolitica nel cuore dell’Europa al centro dell’asse di sviluppo Est-Ovest, dalle realtà  imprenditoriali che la fanno conoscere ogni giorno nel mondo, dall’alta concentrazione sul suo territorio di realtà scientifiche di rilevanza mondiale, dall’eterogeneità del suo territorio che produce turismo e le decine di eccellenze eno-gastronomiche che rendono questa, una regione che può aspirare ad un ruolo maggiore rispetto a quello previsto per lei nella macroregione e nell’unità delle regioni del nord.

PER UNA NUOVA POLITICA INDUSTRIALE

Al centro della nostra idea di impresa ci sono il territorio e la qualità della vita delle persone.
Troppe volte in questi anni e in particolare in questi ultimi mesi, abbiamo assistito al plauso che le istituzioni regionali hanno riconosciuto a nostre imprese che trasferivano all’estero la loro produzione, dimenticando che la forza del nostro sistema industriale e’stata la capacità di radicare qui in regione un modello produttivo basato sul senso di appartenenza di intere comunità locali ad un’idea imprenditoriale.
Dallo sperpero di ingente spesa pubblica praticato per attrarre investimenti in regione,

si è passati alla delocalizzazione di intere produzioni privilegiando così un modello low cost, che non appartiene alla virtù imprenditoriale di questa regione. Dimenticando che solo la qualità e l’eccellenza del prodotto industriale  hanno garantito i primati che sono stati raggiunti nel settore.
Per Un’Altra Regione la competizione globale deve essere un elemento di vantaggio e non uno strumento di impoverimento del nostro territorio. Un principio in base al quale va sostenuto chi porta l’eccellenza regionale nel mondo, e non chi vi trasferisce le sue risorse; incentivato chi esporta i nostri prodotti e non le nostre produzioni, togliendo lavoro e certezze alle nostre famiglie. La Regione sarà chiamata a sostenere le imprese che creano ricchezza per il territorio e non chi dirotta altrove le risorse per crescere.
Le forme di defiscalizzazione per le imprese devono essere una scelta politica proiettata in un convinto percorso per la riduzione del costo del lavoro. Come in parallelo deve esserci la consapevolezza, per scelta politica, che l’apparato pubblico deve rispondere alle esigenze immediate di chi sul territorio investe e programma.

PERCHE’ LE CURE DIGNITOSE SONO UN DIRITTO E NON UN PRIVILEGIO

La riorganizzazione sanitaria proposta dalla Regione – che in una certa misura ricalca la mentalità del governo nazionale – appare come una operazione propagandistica in cui l’apologia dei diritti è solo una mascherata demagogica per nascondere o quanto meno minimizzare i doveri essenziali di una sanità efficiente ed efficace. Come Un’Altra Regione riteniamo fondamentale un’analisi rigorosa e approfondita delle reali esigenze e delle concrete fattibilità, alla luce di precisi indicatori scientifici e di razionali parametri tecnici. L’emotività elettoralistica e la rincorsa alle voglie di esibizione populistica non hanno nulla a che vedere con la serietà di una programmazione clinica ed economica. Per questi motivi riteniamo anche indispensabile una serie di incontri con i medici ospedalieri e di medicina generale, al di là e al di sopra delle parti, per condividere insieme domande, risposte e progetti.