I TELEVISION, una delle più innovative band emerse dalla scena underground della New York della metà degli anni ’70, in grado di ideare un nuovo linguaggio chitarristico e di influenzare decine di band a venire, arrivano in Italia per riproporre in versione integrale quello che è considerato il loro indiscusso capolavoro, Marquee Moon. IMPERDIBILE!!!
New York, alla metà degli anni Settanta, è il laboratorio della new wave. Nel tempio underground del CBGB’s, Patti Smith, Ramones e Television incendiano l’audience con un nuovo sound, che getta le basi del punk e cambia forse per sempre la storia del rock. Rifacendosi ai maestri decadenti Velvet Underground, i pionieri newyorkesi innestano nella forma canzone tradizionale una serie di variazioni sonore che esprimono le nevrosi e l’alienazione di una nuova generazione, sospesa tra i miti infranti degli anni Sessanta e la smania anticonformista dell’era punk. Di questo quartetto, gli ultimi ad arrivare alla loro opera prima sono proprio i Television di Tom Verlaine (all’anagrafe Thomas Miller), stralunato chitarrista dal collo da cigno, appassionato di poesia decadente (da cui il suo pseudonimo) e con un passato di scaricatore di porto e commesso di libreria. La band, oltre a Verlaine, comprende Bill Ficca, Richard Lloyd e Fred Smith: un ensemble di tutto rispetto al quale si interessa anche Brian Eno, in cerca di nuovi talenti.
Preceduto dal singolo “Little Johnny Jewel”, edito dall’etichetta indipendente Ork, arriva il loro album d’esordio per la Elektra: Marquee Moon (1977). Il disco, capolavoro assoluto dell’intera new wave, è una struggente rivisitazione della vecchia psichedelia underground, un mosaico di accompagnamenti dissonanti e assoli stranianti, entrambi impostati sulla ripetizione monotona della stessa frase e su variazioni di timbro. Le canzoni sono segnate soprattutto dalle straordinarie frasi di chitarra di Verlaine. Basi blues, riff irresistibili ricchi di arpeggi, feedback, tremoli e glissati, assoli bizzarri, vagamente jazzati che strizzano l’occhio anche ad alcune suggestioni orientali reinventano, di fatto, l’uso della chitarra elettrica nella musica rock, proprio in piena era punk, quando gli assoli di chitarra erano stati messi al bando.
Patti Smith, che con il leader dei Television ha condiviso relazioni sia sentimentali sia artistiche, ha detto di lui una volta: “Il suono della chitarra di Tom Verlaine fa pensare all’urlo di mille uccelli”. La chitarra di Verlaine, infatti, suona acida, stridula, straniante, assecondando le tonalità gutturali del suo canto da androide allucinato.
Nascono così il folk-rock sgraziato (e memorabile) di “Venus”, con un affilato fraseggio di chitarra e un giro di basso circondato dai cori suadenti e da un ritornello delizioso e da magie percussive, la dolcezza scomposta della ballata “Elevation”, giocata su una personalissima linea di basso che si interseca con gli arpeggi dolorosi della chitarra, e l’andamento meccanico dell’algida “See No Evil”. Sono folgorazioni di un rock vibrante e lirico, che sa trasmettere al contempo scosse di nevrosi e un senso di rassegnata desolazione. E poi ci sono le due lunghe jam di “Marquee Moon” e “Torn Curtain”, inquietanti progressioni nella psiche umana dalle tinte nere e malate. La title track, meravigliosa suite “lunare”, è una dilatata sequenza di art rock circolare, che si perde in effetto ipnotico con reminescenze progressive. Ed è soprattutto una raggelante dimostrazione di quello che la chitarra di Verlaine può riuscire a fare: inquietante ed evocativa (il famoso “urlo di mille uccelli” decantato da Patti Smith), ma anche ossessiva e sfibrante, conduce l’ascoltatore lungo un sentiero tortuoso, sottilmente cerebrale. “Torn Curtain”, invece, è una cavalcata elettrica dalle cadenze blues, una serenata acida che, alternando la sponda tenera di organo e piano alla foga della batteria, raffigura una lunga notte che si stende inesorabile sul mondo. Il brano mette anche in evidenza il sostegno fornito da Fred Smith al basso e Billy Ficca alla batteria, preziosi anche negli arrangiamenti.
Sono jam alienate e desolate, figlie del free-jazz di Coltrane e della psichedelia dei Grateful Dead, che si trascinano maestosamente in agonie interminabili. La voce strozzata di Verlaine rievoca a tratti quella di Patti Smith, ma è ancora più tesa e nevrotica, mentre il suo canto puo’ considerarsi una variante “sofisticata” del recitato perverso di Lou Reed. Il rock stralunato dei Television è solo l’altra faccia di quella desolazione urbana, di quella paura per il futuro raccontata dai Pere Ubu in “Modern Dance” e da band come Devo e Ultravox: un passaggio fondamentale nella costruzione di un nuovo genere musicale, la new wave, che si rivelerà tra i più fertili del decennio successivo. Marquee Moon conquisterà la critica di tutto il mondo, ma in patria vende poco. Scriverà John Rockwell di Rolling Stone: “I Television erano troppo stridenti e anacronistici (quasi dei Byrds a nervi scoperti) per avere successo”.
Verlaine e soci spopoleranno invece in Inghilterra, influenzando non poco il passaggio alle forme più desolate della new wave di Joy Division, Echo & The Bunnymen, Cure, Siouxsie and The Banshees, Smiths e tanti altri. E l’insegnamento dei Television resterà fondamentale anche nei successivi decenni, come dimostreranno Smog, Interpol e tanti altri.
Tom Verlaine: chitarra – voce
Jimmy Rip: chitarra – cori
Fred Smith: basso – cori
Billy Ficca: batteria