Ventitreesima edizione, dal 19 al 25 gennaio 2012, per il Trieste Film Festival, il principale appuntamento italiano con il cinema dell’Europa centro-orientale; al Teatro Miela e al cinema Ariston la rassegna diretta da Annamaria Percavassi offrirà un programma che insieme ai tradizionali concorsi internazionali (lungometraggi, cortometraggi, documentari) darà spazio ad omaggi, retrospettive, incontri (quelli con il pubblico e la stampa quest’anno al Caffè Tommaseo).
Ad aprire il festival sarà Milcho Manchevski (autore del suggestivo e premiatissimo Before the Rain, Leone d’Oro a Venezia nel ’94 e nomination all’Oscar); il suo MAJKI (Madri / Mothers) inaugurerà al Miela la sera del 19 gennaio l’edizione 2012. Una sorta di trittico macedone che inizia come una fiction e si trasforma in un documentario: per usare le parole dello stesso regista “è come quei trittici che vedi nelle chiese o nei musei, dove i tre dipinti non sono completi se presi da soli, ma solo quando vengono visti nel loro insieme. Tutte e tre le storie affrontano la verità come viene riflessa da uno specchio incrinato. Scopriamo qualcosa e poi veniamo a sapere che potrebbe non essere la verità. Majki non è un film sulla verità, ma sulla sua natura”.
Manchevski sarà presente a Trieste, dove terrà un’attesa masterclass il 21 gennaio.
A chiudere il festival, il 25 gennaio, ODCHÁZENÍ (Partire / Leaving), che porta la firma di Václav Havel, scomparso di recente. Tratto dalla pièce teatrale omonima (che Havel aveva iniziato a scrivere nell’estate del 1989, prima dei rivolgimenti politici che lo portarono alla Presidenza della Repubblica Ceca), ODCHÁZENÍ è l’esordio alla regia cinematografica del geniale drammaturgo e politico e racconta in chiave tragicomica la storia di un anziano signore che ha occupato a lungo la poltrona di Cancelliere, ed ora che è stato esautorato non può accettare serenamente la nuova situazione, lo sgretolamento del suo ambiente e il vero volto della sua “corte” personale. Oltre al fatto che si accorge di non conoscere le persone che lo circondano…
Prosegue anche quest’anno la collaborazione con l’Associazione Corso Salani; il Premio Corso Salani, istituito in memoria del cineasta scomparso nel giugno 2010, verrà scelto fra i 5 finalisti: LA FABRIL di Caterina Gueli, MATERIA OSCURA di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, L’ORA BLU di Stefano Cattini, IL PASSO di Alessandra Locatelli, Francesco Ferri, Mattia Colombo e TIR – CORRIDOIO 5 di Alberto Fasulo.
Nelle giornate del festival verranno proiettati anche il film vincitore del Premio Salani 2011, PALAZZO DELLE AQUILE di Stefano Savona, Alessia Porto, Ester Sparatore (premiato poi al festival di Buenos Aires, al Cinema du Réel, all’Indie Lisboa Festival) e i finalisti 2011 LASCIANDO LA BAIA DEL RE di Claudia Cipriani e OCCHIO DI VETRO CUORE NON DORME di Gabriele di Munzio.
Nello spirito del lavoro di Salani si attribuiranno 10.000 euro ad uno fra i “work in progress” di questi filmmaker indipendenti italiani, al fine di contribuire concretamente al completamento del progetto medesimo.
I 5 progetti selezionati saranno presentati il 25 gennaio in una sessione aperta al pubblico del festival, ma rivolta espressamente alla giuria.
Il vincitore sarà annunciato nel corso della cerimonia di premiazione del Trieste Film Festival.
Le 3 sezioni competitive del festival come ogni anno cercheranno di documentare e interpretare i segnali di tendenza più originali provenienti dai paesi dell’Europa centro-orientale, e i premi saranno attribuiti dal pubblico.
Nel Concorso Internazionale Lungometraggi (tutti e 8 i titoli in anteprima italiana), c’è THE LONELIEST PLANET diretto dall’americana (di origine russa) Julia Loktev e tratto da un racconto di Tom Bissell. Protagonisti Gael García Bernal (popolare attore messicano visto anche nei film di Almodovar e di Iñárritu) e Hani Furstenberg nei panni di due giovani fidanzati ad un passo dalle nozze che compiono un’escursione nelle montagne del Caucaso dove, marciando per ore alle prese con un paesaggio selvaggio e suggestivo, il loro rapporto cambierà.
La “nuova onda” della cinematografia rumena, di anno in anno sempre più apprezzata dalla critica internazionale, vede tra i maggiori esponenti C?t?lin Mitulescu. A Trieste ci sarà in concorso il suo LOVERBOY (già a Cannes nella sezione “Un certain regard”), storia del ventenne Luca che seduce ragazze in discoteca e poi le lascia nelle mani dei suoi amici nel porto di Costanza, facendole entrare nel giro della prostituzione; ma a un certo punto il ragazzo si innamorerà.
In competizione fra i lunghi anche ADIKOS KOSMOS (Mondo ingiusto / Unfair World) di Filippos Tsitos, miglior regia e miglior attore protagonista (Antonis Kafetzopoulos) al festival di San Sebastian, storia di un poliziotto e di una donna infelici che desiderano un’altra vita; ed ELENA di Andrej Zvjagincev (che con il film d’esordio, il folgorante Il ritorno, vinse a Venezia nel 2003 il Leone d’Oro), Premio Speciale della Giuria a Cannes nella sezione “Un certain regard”, che -dice il regista- “è l’analisi del tema della sopravvivenza del più forte, un dramma contemporaneo che cerca di sottoporre allo spettatore le domande eterne sulla vita e sulla morte”.
In IZLET (Un viaggio / A Trip) di Nejc Gazvoda, di produzione slovena (girato con camera a mano), un viaggio verso il mare si trasforma in un conflitto rabbioso fra tre giovani amici (miglior attore, miglior attrice, miglior sceneggiatura, montaggio e musica all’ultima edizione del Festival del cinema sloveno).
Fra i 17 cortometraggi selezionati a concorrere per il Premio Mediterraneo Cinema si segnalano: APELE TAC di Anca Miruna L?z?rescu, una toccante storia di immigrazione, l’ungherese FINALE di Balász Simonyi, realizzato con un unico e divertente piano sequenza e l’italiano L’ESTATE CHE NON VIENE di Pasquale Marino, già in concorso all’ultimo festival di Cannes.
Anche quest’anno, si aggiunge inoltre una selezione non-competitiva di 11 cortometraggi di animazione provenienti dai paesi dell’Europa Centro-Orientale.
Il Concorso Internazionale Documentari, curato da Fabrizio Grosoli, propone 18 film, tutti in anteprima nazionale, provenienti dalle nazioni che fanno parte delle aree tradizionalmente investigate dal Festival. Tra questi IVAN & IVANA dell’americano Jeff Silva, un quadro inedito dell’immigrazione negli Stati Uniti. Dopo essere sopravvissuti a 78 giorni di bombardamenti Nato e odio etnico, Ivan e Ivana decidono di lasciare il Kosovo alla volta dell’America, dove contano di ricostruire la loro vita. Arrivano però in California proprio nel mezzo della crisi finanziaria globale. C’è poi NAŠA GAZETA (Il nostro giornale / Our Newspaper) di Eline Flipse, incentrato sulla figura di un giornalista della Russia più profonda e rurale, quella lontana da Mosca, che decide di creare un giornale tutto suo, dove scrive solo delle vicende quotidiane degli abitanti della zona (come il dottore che viaggia per chilometri in bicicletta ogni giorno a molti gradi sotto zero, della cittadina rimasta senz’acqua o del contadino che ha ritrovato in modo rocambolesco il proprio cane), e ha gran successo. In THE BOY WHO WAS A KING di Andrej Paounov, l’affascinante storia di Simeone di Sassonia-Coburgo-Gotha. Nel 1943, alla morte improvvisa del padre, a sei anni diviene re della Bulgaria. Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale però, con l’arrivo del comunismo, il piccolo re e la sua famiglia sono costretti all’esilio. Cinquant’anni dopo e con la caduta del comunismo Simeone ritorna nella sua terra, dove nel 2001 viene eletto Primo Ministro. ?COALA NOASTR? (La nostra scuola / Our School) di Mona Nicoar? e Miruna Coca-Cozma segue bambini Rom che vivono in un paese rurale della Transilvania e fanno parte di un progetto sull’integrazione nelle scuole rumene, dove vige ancora la segregazione; in ALEKSANDRINKE (Le donne di Alessandria / The Alexandrians), Metod Pevec racconta la storia dolorosa di una migrazione. A causa della povertà e della politica di assimilazione fascista, molte persone lasciarono la valle del Vipacco (nella parte occidentale della Slovenia) prima della Seconda Guerra Mondiale. Gli uomini se ne andarono in Argentina, mentre donne e ragazze partirono alla volta dell’Egitto, per Alessandria, dove rimasero per decenni in qualità di balie, bambinaie e governanti. Il documentario ANNA PAVLOVA LEBT IN BERLIN (Anna Pavlova vive a Berlino / Anna Pavlova lives in Berlin) di Theo Solnik è incentrato sulla figura bizzarra di Anna, discendente da una famiglia aristocratica russa, per la quale il weekend dura 7 giorni e che vive ‘sotto l’influenza di’, come dice lei stessa, mentre il regista la segue nella notte da un party all’altro.
Sempre a cura di Fabrizio Grosoli è l’importante omaggio alla WAJDA SCHOOL, nato dalla consapevolezza della crescita e dell’evoluzione di una imponente nouvelle vague di documentaristi polacchi che deve moltissimo al più grande cineasta polacco di sempre, Andrzej Wajda, classe 1926, e alla scuola di cinema che prende il suo nome e che nasce 10 anni fa con il semplice -ma quasi rivoluzionario- intento di puntare sullo sviluppo dei progetti più interessanti che i filmmaker portano alla Scuola come bagaglio creativo personale. Un altro grande autore degli anni Ottanta, Wojciech Marczewski, si è dedicato interamente ai corsi e tutto il miglior cinema polacco si è proposto come corpo docente: da Agnieszka Holland a Zanussi, da ?ozi?ski a B?awut, da Kolski a Pawlikowski. Nell’ambito del Trieste Film Festival sarà presentata una selezione che tiene conto di tutte le anime della Scuola: un corpus di documentari (alcuni dei quali già presentati nelle precedenti edizioni del Concorso) che dimostrano la felice diversità degli approcci stilistici e narrativi, un numero più ridotto di corti di finzione, e due lungometraggi scelti tra la ventina che risultano realizzati con la supervisione artistica e produttiva della scuola.
La retrospettiva IL CAOS COME VISIONE DEL MONDO, curata da Federico Rossin, è dedicata a Grzegorz Królikiewicz, forse il regista più sorprendente e misconosciuto del cinema polacco. Nato nel ’39, autore di un’opera vastissima e articolata in forme e generi diversi (film di finzione, documentari sperimentali, film per la televisione, film-performance teatrali), è un cineasta-chiave dell’avanguardia in Polonia, un maestro che ha radicalmente innovato la tradizione cinematografica del suo Paese grazie alla personalissima tempra visionaria, alla sconfinata inventiva formale ed all’importante opera di teorico e di professore di cinema. I suoi film vengono considerati dalle giovani generazioni come i capolavori negati degli anni bui della Polonia, e hanno conquistato un posto di primo piano nel cuore dei cinefili più esigenti di tutto il mondo, con la capacità straordinaria di sondare il lato oscuro dell’uomo che lo affratella a Dostoevskij, a Nietzsche, a Camus. Solo di recente la sua opera è stata oggetto di parziale riscoperta da parte di critici e curatori internazionali.
A Królikiewicz è dedicato il primo volume di una nuova collana di cinema, I QUADERNI DI TRIESTE FILM FESTIVAL, edita dalla Beit, casa editrice di Trieste che focalizza le sue scelte editoriali su temi inerenti storia, cultura e letteratura dell’Europa centro-orientale. Il libro (“Grzegorz Królikiewicz. Un maestro del cinema polacco”) curato, come la rassegna, da Federico Rossin sarà presentato sabato 21 gennaio al Caffè Tommaseo.
MURI DEL SUONO, lo spazio curato da Giovanna Tinunin che il festival dedica ai film a tematica musicale, propone quest’anno FREAKBEAT di Luca Pastore e BIJELO DUGME di Igor Stoimenov. Il primo è un road-movie alla ricerca del ‘Sacro Graal’ del Beat italiano: il nastro perduto di una mitica session fra l’Equipe 84 e Jimi Hendrix. Freak Antoni, leader degli Skiantos, in un tour psichedelico e demenziale attraversa la campagna emiliana in compagnia della figlia adolescente, tra rosette alla mortadella e cascinali perduti nella nebbia.
I Bjielo dugme sono stati la band rock più famosa dell’ex Jugoslavia. I loro concerti richiamavano centinaia di migliaia di fan, vendevano milioni di album e furono i primi a scandalizzare la nazione con storie di droga e sregolatezza. Il fondatore, Goran Bregovi?, è in seguito divenuto un fenomeno globale della world music. Lo sviluppo cronologico del film rispecchia passo passo la trasformazione vissuta dalla Jugoslavia, arrivando fino al 1989, anno in cui i Bjielo dugme si sciolgono e il paese-modello del blocco orientale si affaccia sull’orlo dello sfacelo.
Con WHEN EAST MEETS WEST (19-20 gennaio) si rinnova a Trieste l’appuntamento con il meeting di coproduzione organizzato dal Fondo per l’Audiovisivo del FVG insieme al Trieste Film Festival, in collaborazione con EAVE, EURIMAGES, CEI (Central European Iniative), Antenna Media Torino, Cineuropa, e Consorzio Collio Carso.
182 progetti ricevuti da 29 nazioni europee, oltre 150 professionisti dell’audiovisivo provenienti da tutta Europa: l’evento prevede sessioni di pitching, tavole rotonde, presentazioni, case studies e incontri individuali. Obiettivo principale è quello di riunire un gran numero di rappresentanti dell’industria cinematografica europea provenienti dall’Italia, dall’Europa dell’Est (Albania, Armenia, Azerbaijan, Austria, Bielorussia, Bosnia e Herzegovina, Bulgaria, Cipro, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Georgia, Grecia, Kosovo, Lettonia, Lituania, Macedonia, Moldavia, Montenegro, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Turchia, Ucraina, Ungheria e, per la prima volta, Russia) e da una singola regione dell’Europa occidentale selezionata e diversa di anno in anno. Il focus di quest’edizione sarà dedicato ai paesi scandinavi (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia). Il nuovo sito interamente dedicato al progetto è www.wemw.it.
Il progetto EASTWEEK curato da Elena Giuffrida, giunto alla quarta edizione, rinnova il proprio impegno con le Scuole e le Accademie di Cinema dell’Europa centro-orientale, portando a Trieste una ventina di giovani registi, produttori e sceneggiatori e dando loro l’occasione di partecipare, oltre che al festival, ad incontri, seminari e proiezioni speciali. Tra gli altri, incontreranno gli studenti e il pubblico, per parlare del loro lavoro e della loro carriera, due maestri quali Milcho Manchevski (suo il film d’apertura del festival, MOTHERS) e il grande regista ungherese István Szabó (tra i suoi titoli più noti, Mephisto, per cui ha ricevuto il premio Oscar, e Il colonnello Redl).
Tra gli eventi speciali di questa edizione, la serata “XXX rated” di sabato 21 gennaio al Miela; la TFF DIRTY NIGHT vedrà sul grande schermo DAD MADE DIRTY MOVIES (Papà faceva film ‘sporchi’) di Jordan Todorov, cronaca della storia e della vita di Stephen C. Apostolof (aka A. C. Stephen), fuggito negli Stati Uniti dalla Bulgaria comunista, cristiano devoto e buon padre di famiglia, uno dei più famosi registi di cinema erotico degli Stati Uniti, unanimemente riconosciuto come il re del genere sexploitation.
Il film ripercorre la sua fuga dalla dittatura comunista bulgara e il suo viaggio a Hollywood, dove realizza il suo sogno americano. Nel corso della carriera, che durò due turbolenti decenni, ha realizzato 17 film softcore a basso budget. Oggi il ricordo di A. C. Stephen occupa un posto di rilievo nel mondo dei B-movies: ed è firmata proprio da Stephen l’altra pellicola della notte, ORGY OF THE DEAD (L’orgia dei morti), del 1965, sceneggiatura dell’amico Ed Wood dal suo romanzo omonimo: cimiteri, diavolesse, orge di morti dominate dall’Imperatore della Notte e dalla splendida Imperatrice alcuni degli ingredienti.
Un altro evento speciale, per ricordardare la Giornata della Memoria, è la proiezione il 25 gennaio, in anteprima, del documentario HOLTAK ORSZÁGA (Il paese dei morti) di Sándor Lász e Róbert Kollár, alla presenza dei registi e di Annamaria Háberman, un viaggio nella memoria che porterà la protagonista a scoprire risvolti inediti della propria famiglia di origine ebraica.
A completare l’edizione 2012 la sezione ZONE DI CINEMA, destinata ad ospitare i più interessanti esempi della produzione cinematografica strettamente collegata al territorio e a dare spazio e visibilità alla produzione locale e ai molteplici fermenti che la caratterizzano; realizzata con il sostegno della Provincia di Trieste, attribuirà il Premio Zone di Cinema per l’opera ritenuta migliore dal pubblico.
Nel ricco programma del festival, ci sarà spazio per un tributo ad una grande firma della critica italiana, Callisto Cosulich (Trieste, 1922). Ha attraversato, con sessantacinque anni di attività critica, più della metà dell’intera storia del cinema: dal 1948, quando è diventato titolare della critica cinematografica al “Giornale di Trieste”, ad oggi, firma del quotidiano “Il Piccolo” e curatore di una rubrica sul settimanale “Film Tv”, ha pubblicato migliaia di recensioni, saggi e articoli diventando un punto di riferimento per il pubblico e gli addetti ai lavori. Al Trieste Film Festival verrà presentato il 24 gennaio al Caffè Tommaseo il volume “Il coraggio della cinefilia. Scrittura e impegno nell’opera di Callisto Cosulich”, a cura di Elisa Grando e Massimiliano Spanu (edito da Eut – Edizioni Università di Trieste), la prima monografia dedicata alla sua opera completa. Il libro costituisce il coronamento della rassegna di film scelti da Cosulich per la quarta puntata del progetto Lo schermo triestino, a lui dedicata nella scorsa edizione del Trieste Film Festival.
Nuova opportunità anche per gli aspiranti filmmaker e videomaker: il festival, insieme alla radio dell’Università di Trieste Radioincorso e a BIP Computer – Apple Premium Reseller, organizza la prima edizione del 2 Days Short Contest, un concorso estemporaneo di 48 ore, durante le quali ai partecipanti viene richiesta la realizzazione di uno spot di 30” a tema. Tema, titolo e vincoli verranno comunicati solo il 20 gennaio alle ore 20.