Nell’ambito del periodico controllo dei siti archeologici sommersi i Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Udine, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia di Trieste, hanno organizzato per i primi di luglio il monitoraggio di un vasto specchio d’acqua compreso tra Grado (GO) e le Foci del Timavo. In questa occasione i Carabinieri subacquei del Nucleo di Genova, la Motovedetta in forza alla Stazione di di Grado, coadiuvati dal personale tecnico della Soprintendenza e con la consulenza scientifica del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine, hanno individuato i resti di un inedito relitto di età romana nella laguna di Grado (denominato Grado 6, video https://youtu.be/2JFDJcdSSYU).
Nei giorni immediatamente successivi è stata così avviata dagli archeologi subacquei dell’Ateneo friulano una campagna breve di approfondimento, finalizzata soprattutto ad acquisire dati utili alla maggiore conoscenza del sito, nonché delle informazioni necessarie per poter progettare un primo intervento di tutela e messa in sicurezza dello stesso. Per quanto si è potuto osservare dalla gengiva del canale di accesso alla laguna di Grado affiorano alcune ordinate lungo un allineamento di oltre 12 metri e con una pulizia a mano è stato così possibile mettere in luce anche parte del pagliolato e soprattutto di un corso di fasciame, in cui è perfettamente visibile l’assemblaggio tramite mortase e tenoni, tipico dell’epoca romana.
Conclusa questa attività si è deciso di proseguire le operazioni congiunte tra la Soprintendenza e l’Università con la verifica di un sito segnalato nel 2019 nello spazio acqueo antistante il lungomare di Grado in esito delle ricognizioni strumentali condotte dall’ente di tutela con il supporto della ditta di lavori subacquei Caressa e di appassionati volontari, dal quale era stato recuperato un ceppo di ancora romana.
La verifica autoptica da parte degli archeologi subacquei dell’Università di Udine ha consentito di determinare la presenza di un nuovo relitto (chiamato Grado 5, video https://youtu.be/2JFDJcdSSYU) costituito da alcuni corsi di fasciame – sempre assemblati tramite mortase e tenoni – ed elementi dell’ossatura dello scafo riconducibili alla fiancata di una nave. Per questo secondo relitto è possibile fornire una indicazione cronologica più precisa grazie al rinvenimento di un’anfora del tipo Lamboglia 2 arcaico che colloca il naufragio tra la fine del II e gli inizi del I secolo avanti Cristo.
«Queste eccezionali scoperte frutto della grande e preziosa collaborazione tra la Soprintendenza, l’Arma dei Carabinieri e il nostro Ateneo – ha detto il Rettore, Roberto Pinton – confermano la straordinaria ricchezza culturale del Friuli Venezia Giulia. Un patrimonio archeologico sommerso che i docenti del nostro dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale, coinvolgendo anche gli studenti, hanno nel corso degli anni contribuito a portare alla luce e a valorizzare anche a beneficio della fruizione pubblica».
«Un relitto costituisce sempre un ritrovamento importante, poiché quando una nave affonda è come se venisse scattata una fotografia di quell’istante del passato – spiega Massimo Capulli, docente di metodologia della ricerca archeologica all’Università di Udine e coordinatore delle ricerche subacquee – ma quando i relitti sono due, entrambi di epoca romana, distanti tra loro solo 2 km in linea d’aria, e che al tempo stesso si trovano uno in laguna e l’altro in mare, siamo di fronte a una scoperta che non esito a definire straordinaria. Due inedite testimonianze archeologiche di quello che doveva essere il sistema portuale diffuso della metropoli Aquileiese, in cui lo scalo gradese costituiva una vera cerniera tra le rotte marine e la vasta continuità d’acque interne fluvio-lagunari dell’arco adriatico».
«Una della attività più fruttuose poste in essere nell’ambito dei servizi preventivi organizzati dal Nucleo Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Udine è senza dubbio quella che periodicamente viene condotta a tutela dei siti archeologici sommersi, al fine prevenire l’eventuale attività clandestina mirata all’impossessamento illecito del patrimonio culturale sommerso e che consente, ad ogni edizione, di effettuare importanti rinvenimenti di natura archeologica attraverso un lavoro sinergico tra i diversi assetti dell’Arma impiegati, la Soprintendenza e il Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’ateneo udinese, con i quali si è ormai consolidata, di fatto, una preziosa e costante collaborazione», spiega il Maggiore Lorenzo Pella.
Il Sindaco di Grado Claudio Kovatsch, nel ringraziare per il lavoro fatto l’Università di Udine, la Soprintendenza ABAP FVG e i Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Udine, sottolinea come questi ritrovamenti abbiano non solo una valenza culturale indubbia, ma anche una valenza di promozione turistica. «I turisti stranieri, in particolare dalla Mitteleuropa, che frequentano Grado sono infatti assetati di cultura e in particolare di archeologia», osserva il Sindaco.
«Le due eccezionali scoperte premiano il rinnovato impegno della Soprintendenza per la tutela del patrimonio archeologico subacqueo, spesso trascurato se non minacciato, che invece fornisce dati importantissimi e unici per la ricostruzione della storia economica regionale nell’antichità. – conclude il Soprintendente, Simonetta Bonomi – Questa attività, destinata a proseguire con costanza e metodo, è stata resa possibile, oltre che dall’instancabile lavoro del personale tecnico specializzato interno, anche da una fitta rete di preziose collaborazioni pubbliche e private, che nel caso dei rinvenimenti oggi presentati evidenziano sia quella consolidata con il Nucleo TPC di Udine dei Carabinieri sia quella di recente formalizzazione con l’Università di Udine».?