Che il suo ruolo fosse essenziale nella riparazione del DNA di cellule danneggiate era ben noto da tempo ma che la proteina APE1 fosse anche indice di “qualcosa che non funziona”, quando è presente in quantità particolarmente elevate nel siero dei pazienti, lo si è scoperto soltanto da poco.
Livelli alterati nelle cellule e nei fluidi ematici sono infatti, ad oggi, un indice di possibile epatocarcinoma in corso, riconoscendo dunque in questa molecola l’insospettabile ruolo di nuovo biomarcatore prognostico. A scoprirlo, il brillante studio finanziato da Fondazione AIRC che, con la collaborazione della Fondazione Italiana Fegato, è valso all’autrice, Giovanna Mangiapane, ben due riconoscimenti, l’annuale PhD Award dell’Università di Udine e il Premio SIMAG – Società Italiana di Mutagenesi Ambientale e Genomica. Un traguardo importante, raggiunto attraverso una Tesi di Dottorato, giudicata la migliore dell’anno, che oggi offre alla Scienza la prospettiva concreta di trattamenti terapeutici più efficaci cui poter ricorrere in un futuro che il DAME sta certamente concorrendo a disegnare.
«Questo studio preliminare, avviato tre anni fa e in fase di ulteriore sviluppo, è stato fondamentale per individuare il nuovo ruolo di APE1 in diverse attività non riparative e dunque riconoscere nella proteina la funzione insospettabile di biomarker del tumore epatocellulare, una delle principali neoplasie maligne al mondo per incidenza – spiega la giovane ricercatrice, oggi Assegnista nel Laboratorio di Biologia molecolare e riparazione del DNA del Dipartimento di Area Medica UniUD, diretto dal prof. Gianluca Tell – Ci ha inoltre permesso di comprendere il meccanismo, mai descritto prima, con cui la proteina viene secreta nelle cellule e nei fluidi ematici, e di scoprire che APE1, in una condizione tumorale, può addirittura causare chemioresistenza rendendo quindi inefficace l’impiego dei farmaci generalmente utilizzati in fase di trattamento».
Ancora più cogente, dunque, la necessità di proseguire nello studio per individuare, adesso, possibili inibitori di questa molecola multifunzione. «La ricerca, che apre certamente la strada a nuove e preziose prospettive sul ruolo di APE1 nel cancro, consentirà di sviluppare strategie terapeutiche e diagnostiche più efficienti – sottolinea il prof. Gianluca Tell, ordinario di biologia molecolare presso il DAME mentre rimarca l’importanza, nel settore della ricerca, dell’impegno e dell’attenzione profusi dall’Ateneo – È essenziale sottolineare la spiccata sensibilità dell’Università di Udine in questo ambito e nella divulgazione dei suoi risultati, soprattutto in un’ottica di genere». Terreno su cui sempre più il mondo accademico sta sviluppando iniziative mirate. «In attuazione del Gender Equality Plan di Ateneo – anticipa la prof.ssa Valeria Filì, delegata del Rettore per le pari opportunità e Presidente del Comitato Unico di Garanzia (CUG), mentre plaude al riconoscimento ottenuto dall Ricercatrice – verrà creata una pagina ad hoc sul sito web dell’Università dedicata alle eccellenze femminili con l’obiettivo di darne il risalto che certamente meritano e per creare al contempo dei modelli di riferimento per le giovani genererazioni, specialmente per le donne, troppo spesso marginalizzate e sotto stimate anche nella ricerca scientifica».
Link: https://www.jbc.org/article/S0021-9258(21)00347-1/fulltext#relatedArticles