Tutte le mostre del Festival di Fotografia a Savignano sul Rubicone

ATLAS 33a edizione del Festival di Fotografia di Savignano sul Rubicone con la Direzione Artistica di Alex Majoli dal 13 al 29 settembre. A seguire le mostre presenti

Richard Billingham | Ray’s a Laugh

Mio padre Raymond è un alcolizzato cronico. Non gli piace uscire, mia madre Elisabeth non beve quasi mai, ma fuma troppo. Le piacciono gli animali domestici e gli oggetti decorativi. Si sono sposati nel 1970 e io sono nato poco dopo. Mio fratello Jason è stato dato in affido quando ha compiuto 11 anni, ma ora è di nuovo con Ray e Liz. Ray dice che Jason è indisciplinato. Jason dice che Ray fa ridere, ma non vuole essere come lui” (Richard Billingham). Pubblicate per la prima volta nel 1996 in un libro che ha segnato la storia della fotografia contemporanea, le immagini di Ray’s a Laugh del fotografo inglese Richard Billinghamsono un’opera fondamentale per la cruda rappresentazione della povertà e del disagio. A distanza di trent’anni, le foto profondamente intime della casa dei genitori di Billingham, segnata dai pesanti effetti dell’alcolismo, sono un riferimento per la generazione dei giovani fotografi. In mostra ad Atlas SI FEST 2024, una selezione di immagini miserabili e straordinarie a cura di Alex Majoli.

Richard Billingham (Birmingham, 1970) è un fotografo e artista inglese, regista e insegnante d’arte. È noto per il libro fotografico Ray’s a Laugh (1996), sulla vita del padre alcolizzato Ray e della madre Liz. Un lavoro incluso in mostre come Life/Live (Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, 1996), Sensation (Royal Academy of Art, Londra 1997) e Wounds (Moderna Museet, Stoccolma 1998). Ha realizzato cortometraggi come Fishtank (1998) e Ray (2016) e nel 2001 è stato selezionato per il Turner Prize. Le sue opere sono nelle collezioni permanenti di Tate, Victoria and Albert Museum e altre istituzioni internazionali. Insegna alla Middlesex University e all’Università di Gloucestershire.

Istituto Comprensivo Giulio Cesare
via Galvani, 4

Educazione civica

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Adam Broomberg & Oliver Chanarin | Chicago

Chicago è una città artificiale nel deserto del Negev, costruita dal governo israeliano per addestrare l’esercito al combattimento urbano. Una scenografia disabitata, costruita come quelle palestinesi di Ramallah e Nablus, con finti graffiti in arabo sui muri, carcasse di automobili per la strada, moschee e campi profughi. A Chicago tutto, anche un cartone di latte al supermercato, può essere l’ordigno per un attentato: un non luogo grottesco, estremamente efficace per descrivere diffidenza, pregiudizio e il sentire degli israeliani nei confronti dei palestinesi. Il progetto è una riflessione sul tema della costruzione – reale e simbolica – di un territorio, espressione della condizione di violenza e insicurezza originate dalla irrisolta questione dei territori nel rapporto Israele-Palestina. Con questo ciclo fotografico del 2006-2007, gli autori si interrogano sul valore della fotografia in rapporto ai conflitti contemporanei: in una società ormai satura di immagini in cui il fotoreportage ha perso gran parte del significato originario, superato da tecnologia e ragioni della politica, questa riflessione si rivela ancor più attuale oggi, dopo il 7 ottobre 2023. Un lavoro che, a quasi vent’anni dalla sua pubblicazione, rivela tutta la sua amara attualità. 

Adam Broomberg (Johannesburg, Sudafrica, 1970) e Oliver Chanarin (Londra, UK, 1971) vivono e lavorano tra Londra e Berlino. Professori di fotografia alla Hochschule für Bildende Künste(HFBK) di Amburgo e alla Royal Academy of Art (KABK) dell’Aia, il loro lavoro è in importanti collezioni internazionali pubbliche e private tra cui Pompidou, Tate, MoMA, Yale, Stedelijk, V&A, Art Gallery of Ontario, Cleveland Museum of Art e Baltimore Museum of Art. Tra i premi più importanti lo ICP Infinity Award (2014), il Deutsche Börse Photography Prize (2013), l’Arles Photo Text Award (2018). Nel 2021 hanno cessato la collaborazione.

Istituto Comprensivo Giulio Cesare
via Galvani, 4

Tecnica

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Abdulhamid Kircher | Rotting from Within

Questo progetto racconta il trauma dell’autore relativo alla figura del padre, detenuto per droga e tentato omicidio, con il quale Kircher ricostruisce una relazione nel corso di nove anni. Un corpus fotografico che tratteggia, tra Berlino e la Turchia, la figura di quest’uomo, in un lungo e faticoso viaggio, fisico e psicologico, teso alla riconciliazione e alla ridefinizione di un rapporto familiare. Le fotografie dell’autore, che inizia a scattare a 17 anni, sono accompagnate dal suo diario in cui descrive i sentimenti e il dolore di quel percorso di riavvicinamento.

Abdulhamid Kircher (Berlino, 1996) è un artista del Queens, New York. È nato a Berlino da genitori tedeschi e turchi ed è emigrato con la madre negli Stati Uniti all’età di otto anni. Il suo lavoro è un archivio vivente di luoghi e persone, ma anche una dedizione al linguaggio della fotografia, ai meccanismi e alle possibilità estetiche di questa forma, tra documento e narrazione. Ha conseguito il BA in Cultura e Media presso la New School nel 2018 e il MFA in Arti Visive presso la University of California San Diego nel 2022. Vive e lavora tra Berlino e Los Angeles.

Consorzio di Bonifica
via Garibaldi, 45

Religione

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Stacy Kranitz | The Year After a Denied Abortion

Anche se lo stato americano del Tennessee vieta l’aborto in quasi tutte le circostanze, dà ben poco aiuto alle madri. Invitata dall’associazione giornalistica indipendente americana ProPublica, la fotografa Stacy Kranitz ha documentato per un anno la vita di una donna a cui è stato impedito abortire nonostante una gravidanza a rischio. L’aborto era contrario alle convinzioni di Mayron ma il feto si era impiantato in modo molto pericoloso per la vita di entrambi: dopo un parto di emergenza in cui ha perso l’utero, Mayron si è ritrovata sola e senza aiuto da parte dell’assistenza sociale. “Mi hanno costretto ad avere un figlio” ha dichiarato in seguito, ma “non mi hanno aiutato a prendermi cura di quel figlio”. Per la prima volta in Italia ad Atlas SI FEST.

A cura di Andrea Wise e Anna Donlan

Presentato da ProPublica

Stacy Kranitz (Frankfort, Kentucky, USA, 1976) è una nota fotografa documentarista che vive sui Monti Appalachi del Tennessee orientale. Si è laureata alla Gallatin School della New York State University e ha un master all’Università della California. Ha lavorato per riviste e giornali come National Geographic, Vanity Fair USA, The Atlantic. Le sue fotografie fanno parte della collezione del Museum of Fine Arts di Houston e dell’Harvard Art Museum. Nel 2015 è stata nominata da TIME Magazine Instagram Photographer of the Year.

Istituto Comprensivo Giulio Cesare
via Galvani, 4

Letteratura

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Billy H.C. Kwok | For So Many Years When I Close My Eyes

Quando Wai-ling, il figlio di Yu Lai, un ragazzo autistico, scompare tra la folla in una stazione della metropolitana di Hong Kong, la madre comincia a cercarlo. Un’indagine instancabile che il fotografo Billy H.C. Kwok ha testimoniato assemblando un archivio sulla ricerca e su una storia di dolore e determinazione. Disperso al di là del confine cinese per un errore del Dipartimento di immigrazione di Hong Kong, il ragazzo finì per rappresentare la stessa ex colonia britannica, fantasma che languiva nella madrepatria straniera che l’aveva assorbita nel 1997. For So Many Years When I Close My Eyes raccoglie ritratti in polaroid di senzatetto e disabili, volantini, carte da gioco, annunci con il volto del ragazzo che la madre ha raccolto nel corso di vent’anni, nel tentativo di colmare il vuoto, di dimostrare l’esistenza del figlio per sottrazione. Nell’unico ritratto che Kwok fece di Yu Lai, la signora scelse di chiudere gli occhi. Quando le chiese perché, rispose: “La fotografia sta catturando un momento di felicità”, perché ogni giorno, spiegò, chiudeva gli occhi e sognava suo figlio.

Billy H.C. Kwok vive e lavora a Hong Kong, e dal 2015 anche a Taiwan. La sua fotografia rivela i rapidi cambiamenti geopolitici e delle strutture di potere presenti in Cina e nei paesi limitrofi. Accanto alla fotografia tradizionale si dedica, da solo o in collaborazione, a narrazioni multimediali. Il lavoro di Kwok è stato pubblicato su The New York Times, TIME Magazine, The Washington Post, Libération, The Wall Street Journal, Getty Images, Bloomberg e The Financial Times. Nel 2022 ha ricevuto la Abigail Cohen Fellowship dalla Magnum Foundation e nel 2021 è stato selezionato come Foam Talent dal Photography Museum di Amsterdam. Ha esposto al Landskrona Foto Festival in Svezia, la Dynasty Gallery a Taiwan, l’Asia Contemporary Art Show a Hong Kong, DOK:15 in Norvegia e il Mino Art Center in Cina.

Scuola primaria Dante Alighieri
corso Perticari, 55/57

Storia

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Danny Lyon | Conversations with the Dead

Splendido classico della fotografia di documentazione pubblicato nel 1971, tra i primi ad includere ephemera e documenti scritti tra le pagine di fotografia. Conversations with the Dead non descrive solo la vita in sei prigioni del Texas tra il 1967 e il ’68, ma è anche un diario dell’autore, che si racconta attraverso la sua relazione con i carcerati ritratti. Grazie alla collaborazione del Dipartimento Penitenziario del Texas, a Lyon venne concesso per 14 mesi un accesso incondizionato nelle carceri, in tutti i momenti della vita dei prigionieri. In quel momento il sistema carcerario in Texas era ancora fermo alla schiavitù, i detenuti erano segregati e sottoposti a violenze fisiche e psicologiche, e le guardie assumevano un potere quasi assoluto. Un progetto che rivela quanto Lyon da giornalista non si limitasse alla superficie e al sensazionalismo, ma rispettasse i soggetti ritratti, con la responsabilità che questo comportava.

Danny Lyon (Brooklyn NY, 1942) si è laureato in storia all’Università di Chicago. Dal 1967 ha lavorato come fotografo indipendente e associato a Magnum Photos. Ha ricevuto la Guggenheim Fellowship in fotografia e cinema, la Rockefeller Fellowship, la Medaglia d’onore Missouri per il giornalismo, e il Lucie Award. Il suo lavoro è stato esposto all’Art Institute di Chicago, Whitney Museum of American Art, Menil Collection, M.H de Young Memorial Museum di San Francisco e il Center for Creative Photography dell’Università dell’Arizona.

Consorzio di Bonifica
via Garibaldi, 45

Sociologia

Francesco Lughezzani | San Servolo 

Dal 1800 all’avvento della Legge Basaglia nel 1978, l’Isola di San Servolo a Venezia, ha ospitato una clinica psichiatrica, un manicomio, protagonista oggi, attraverso i suoi archivi fotografici, di questo progetto di Francesco Lughezzani. I registri storici di San Servolo sono pieni di ritratti fotografici che, accostando il volto dei pazienti prima e dopo la degenza, ne testimoniano l’avvenuta guarigione.

Sul rapporto tra psichiatria e fotografia esiste un’ampia letteratura, e questo progetto testimonia una fase ancora profondamente lombrosiana della psichiatria soggetta a una cultura della contenzione forzata e a una definizione della neurodivergenza positivista e ottocentesca. Da quelle premesse, Lughezzani indaga come la fotografia sia stata impiegata a San Servolo come strumento, non solo come “occupazione terapeutica”, soprattutto nelle fasi dello sviluppo e della stampa, ma anche nella sua dimensione relazionale, nel definire un rapporto nuovo tra medico e internato.

Francesco Lughezzani (Verona, 1989) dal 2017 lavora come redattore e responsabile della programmazione culturale del Circolo del Cinema, associazione che custodisce un vasto archivio cartaceo e fotografico. Ha frequentato il corso progettuale 2022/23 a Spazio Labo’ e il Master in fotografia di Reportage Contemporaneo con Arianna Arcara l’anno successivo. Ha condotto ricerche sulla Mostra del Cinema di  Venezia nell’ambito del programma Biennale College, presso gli archivi della Biennale, e ha lavorato agli archivi della Cineteca di Bologna, occupandosi del Fondo Blasetti e Calendoli. Insegna materie audiovisive presso scuole e associazioni e nel 2020 è tra i fondatori della casa di produzione cinematografica Ezme Film, dove lavora come filmmaker e coordinatore di progetti di film education in istituti scolastici e universitari.

Immagini concesse dall’Archivio storico di San Servolo, San Servolo srl – Città Metropolitana di Venezia.

Consorzio di Bonifica
via Garibaldi, 45

Scienze

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Maurizio Montagna | Toros: The marking of a territory

Nel 1988 la Ley de Carreteras (Legge Autostrade) vieta la pubblicità sulle strade statali spagnole per questioni di sicurezza. Da quel momento i cartelloni sono stati progressivamente rimossi o cancellati, in una particolare forma di iconoclastia che però ha risparmiato i “Toros de Osborne”, i popolari cartelli a forma di toro disegnati negli anni Cinquanta dall’artista Manolo Prieto per pubblicizzare una marca di brandy. La sagoma dei tori è stata conservata intatta e posizionata lontano dalle carreggiate, visibile da grandi distanze in una pubblicità geniale e senza nomi. Questa sagoma, diventata un oggetto vernacolare, viene scelta da Maurizio Montagna come soggetto per un libro fotografico che diventa una mostra in questa edizione del SI FEST. Un progetto fotografico che testimonia un viaggio lungo dieci anni – dal 2012 al 2021 – in cui i tori diventano un mezzo per descrivere il paesaggio, aprendo un dibattito sul significato di paesaggio stesso e rivelando il ruolo delle immagini come interferenza tra pubblico e privato, potere e percezione, politica e persone.

Maurizio Montagna (Milano, 1964) lavora con la fotografia da 25 anni. Docente di fotografia presso NABA Milano e prima all’accademia di Belle Arti di Bologna, il suo lavoro è stato esposto in musei e gallerie nazionali e internazionali, dalla Triennale a Palazzo Te, dall’Istituto Nazionale per la Grafica al Museo dell’Ara Pacis a Roma. Nel 2018 realizza la sua prima installazione permanente Billboard Site Specific per il progetto d’arte pubblica A Cielo Aperto, a Latronico, e ha partecipato alla XXIV Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Tra le sue pubblicazioni, le monografie Albedo (2004), Giulio Minoletti, Visioni Urbane (2009), Billboards (2008), selezionato anche da Paris Photo, e Toros: The marking of a territory (2022).

Scuola primaria Dante Alighieri
corso Perticari, 55/57

Geografia

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Adam Rouhana | Before Freedom

L’autore definisce il progetto Before Freedom, iniziato nel 2022, come un’osservazione della Palestina contemporanea e del momento attuale che sta vivendo, quello precedente alla sua libertà, quando si è trasferito prima in America, poi a Londra e Gerusalemme. Chi guarda le fotografie di Before Freedom, per la prima volta esposte in Italia, è come se si mettesse nei panni di un palestinese oggi. Rouhana oppone al racconto di massacri e occupazione, scene di vita, di “resiliente normalità”.

Adam Rouhana (Boston, USA, 1991) è un artista e fotografo palestinese-americano che vive tra Gerusalemme e Londra. Attraverso le sue indagini lavora per decostruire l’orientalismo, mettendo in discussione la sua posizione sia come occidentale cresciuto in America, che come arabo. Ispirato a scene legate ai primi ricordi in Palestina e introducendo nuove narrazioni, Rouhana abbraccia temi del passato per creare una visione palestinese contemporanea. Il suo lavoro è apparso, tra gli altri, su The New York Times, Aperture e Dazed Magazine.

Istituto Comprensivo Giulio Cesare
via Galvani, 4

Storia

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Roland Schneider | Zwischenzeit

A prima vista il progetto di Roland Schneider, Zwischenzeit, sembra rientrare in quella scomoda tradizione di lavoro ai margini della società, il cui soggetto è l’Altro, l’emarginato, il drogato, il malato mentale, soggetto di una fotografia “interessata” e poco autentica. Invece no, perché in questo caso lo stesso Schneider era il paziente di un ospedale psichiatrico in seguito a un crollo nervoso. I medici compresero che, essendo fotografo, documentare l’ambiente poteva diventare il modo di trovare un significato in ciò che lo circondava, una terapia per comprendere il proprio stato mentale. Consapevole delle questioni etiche legate alla documentazione di un luogo come quello, Schneider ha nascosto i riferimenti personali dei pazienti, restituendoci un viaggio in uno spaziotempo “altro”. Zwischenzeit, che letteralmente significa nel frattempo, venne esposto per la prima volta nel 1988, proprio negli spazi dello stesso ospedale in cui era stato degente.

Roland Schneider (Solothum, Svizzera, 1939-2022), seminarista e maestro elementare, negli anni Sessanta studia fotografia all’Accademia d’arte e design Folkwang di Essen con Otto Steinert; nel 1964 comincia a lavorare come “fotografo industriale” in Svizzera, Germania, Olanda, Lussemburgo, Francia, Spagna e Italia,

ma il suo interesse è rivolto ai lavoratori e al rapporto tra persone e industria. Dal 1972 fino al 1990 inizia una collaborazione con il fotografo Franz Gloor (1948-2009) con cui realizza mostre e pubblicazioni per aziende e istituzioni. Nel 1987, una grave crisi personale lo costringe a ricoverarsi nella clinica psichiatrica di Solothum, dove nasce il progetto Zwischenzeit. Per la prima volta in Italia ad Atlas SI FEST 2024.

Istituto Comprensivo Giulio Cesare
via Galvani, 4

Psicologia

Lindokuhle Sobekwa | I carry Her photo with Me

Quando era piccolo, in seguito a una lite, Lindokuhle Sobekwa, mentre è inseguito dalla sorella Ziyanda, viene investito da una macchina e finisce in ospedale per tre mesi. Non vedrà più la sorella per 15 anni, quando lei tornerà a casa per morire poco tempo dopo.

Il fotografo sudafricano ha iniziato il progetto I carry Her photo with Me dopo aver trovato un ritratto di famiglia con il volto di Ziyanda tagliato via.  La sorella diventa una presenza segreta, ribelle e ruvida, protagonista del progetto con cui Sobekwa si è impegnato a conservare e ricostruire la memoria ma anche a comprendere la storia più ampia delle sparizioni che accomuna molti suoi coetanei sudafricani. Un progetto che Sobekwa intende universale, non soltanto per se stesso e la sua famiglia, ma anche per “chiunque possa identificarsi con esso. Non devi essere del Sudafrica. L’esperienza della scomparsa, della perdita di qualcuno e del dolore è una cosa universale. Lo sperimentiamo tutti, anche se in modo diverso”.

Lindokuhle Sobekwa (Katlehong, Sudafrica, 1995) appartiene a una generazione di fotografi sudafricani “nati liberi” dopo le prime elezioni democratiche del 1994. Il suo lavoro è stato esposto in Sud Africa, Iran, Norvegia, Stati Uniti e Paesi Bassi. Nel 2017, Sobekwa è stato scelto dal programma Fotografia e giustizia

sociale della Magnum Foundation per sviluppare il progetto I carry Her photo with Me. Nel 2018 ha ricevuto

il Magnum Foundation Fund per il progetto a lungo termine Nyaope. Nel 2018 è stato invitato a entrare nella Magnum Photos, di cui è diventato membro a pieno titolo nel 2022. Nel 2023, ha vinto la prima borsa di studio della John Kobal Foundation.

Scuola primaria Dante Alighieri
corso Perticari, 55/57

Letteratura

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Aby Warburg | Bilderatlas Mnemosyne

Non lo portò mai a termine ma il Bilderatlas Mnemosyne [Atlante illustrato di Mnemosyne, personificazione mitica della memoria e del potere di ricordare], summa del lavoro di una vita del grande storico dell’arte e della cultura tedesco, è una delle opere più note di Aby Warburg, fondamento dell’iconologia. Iniziato nel 1927, era composto da una serie di tavole su cui appuntava, in un continuo work in progress, fotografie,

diagrammi, schizzi, cartoline, pubblicità e ritagli di giornale. Numero dei pannelli, immagini e disposizione cambiavano costantemente, e vennero fotografati tre volte: due – tra maggio e settembre 1928 – per produrre una memoria del processo di composizione delle pagine del futuro atlante, e una, la più conosciuta, fotografata nel 1929 dopo la morte di Warburg, di cui vengono esposte 12 tavole in questa edizione del SI FEST.

Aby Warburg (Amburgo 1866 – 1929). Esperto di Rinascimento, si dedica allo studio dell’arte come strumento di comprensione delle civiltà fondando quel metodo d’indagine all’origine dell’iconologia. Viaggia molto da Firenze agli Stati Uniti, dove visita gli Amerindi del Nuovo Messico, rifiutando incarichi ufficiali ma impegnandosi nella formazione di una biblioteca che costituì il primo nucleo del Warburg Institute di Londra. La varietà delle sue ricerche, dai dipinti mitologici di Botticelli agli arazzi borgognoni, dai ritratti di Memling alle feste di corte, riflettono solo in parte la vastità dei suoi interessi. Superata una malattia mentale che lo costrinse sei anni in una casa di cura, torna alla sua biblioteca diventata un istituto di ricerca, dove negli ultimi anni lavora all’incompiuto Bilderatlas Mnemosyne.

Consorzio di Bonifica
via Garibaldi, 45
Letteratura
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I Premi

Ariya Karatas | Arjen 

Con questo progetto la fotografa di origini russe e curde ha vinto il Premio Marco Pesaresi per la fotografia contemporanea 2023. Arjen è la ricostruzione della figura del padre, la cui origine ibrida, al confine tra Occidente e Oriente, ha richiesto una dolorosa riscrittura storica e personale. Il progetto è una raccolta di ricordi e la testimonianza della vita fuori dal comune del padre, le cui fasi sono accompagnate ogni volta da un nome diverso: Arjen è colui che mantiene vivo il fuoco. In questo lavoro Karatas dà il via a un’indagine sul reperto fotografico all’interno del contesto della fotografia contemporanea, in cui l’archivio di famiglia, simbolo dell’ultimo legame possibile tra chi resta e chi non è più, culmina in un rito con un incendio catartico e purificatore delle fotografie originali.

Ariya Karatas (Sofia, Bulgaria, 1997)

Monte di Pietà
corso Vendemini, 53

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Tommaso Palmieri | (BO)yz N The Hood

Partendo da una forte passione personale per il punk, (BO)yz N The Hood è un diario visivo delle controculture musicali bolognesi contemporanee. Dopo più di quarant’anni dal concerto dei Clash che segnò un’epoca per Bologna, Palmieri ripercorre le tracce paterne diventando testimone dell’evoluzione di quella scena musicale, e interrogandosi sul ruolo di motore culturale e sociale per la sua generazione. Affinità e divergenze col passato, luoghi, persone, segni, simboli e macerie della scena punk e rap tra il 2016 e il 2024 a Bologna, configurano una ricerca che diventa un modo per interrogarsi su quali siano oggi le nuove forme di collettività, gli ideali e i fenomeni che le caratterizzano. Un testamento collettivo, un album di famiglia

generazionale, che evidenzia difficoltà e capacità di una città che non vuole rinunciare a spazi di espressione, conflitto e dialogo per le nuove generazioni.

Tommaso Palmieri (Bologna, 1996) è un fotografo laureato in Lettere Moderne. Attualmente frequenta Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna e dal 2022 cura e conduce con Chiara Pirra Dentroecontrocultura, format di talksulla fotografia. Selezionato dal programma formativo Photograph-ER 2023, vince la borsa di studio del Premio Fondazione Zucchelli e il Premio Portfolio “Werther Colonna” a SI FEST. Da ottobre 2023 è assistente presso Cesura. La sua ricerca si concentra sulla creazione ed evoluzione di nuove forme controculturali e il loro impatto sulla collettività e le nuove generazioni.

Monte di Pietà
vicolo del Monte di Pietà, 1

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Massimo Napoli | Omotesando 

Omotesando cerca di cogliere una rappresentazione della quotidianità frenetica di una delle zone dello shopping più frenetiche di Tokyo. Con un uso sapiente del nero e della luce, il modo di fotografare di Napoli è teso alla sorpresa, all’elogio della luce. Premiato con il Premio Portfolio Italia 2023, il progetto presenta scatti in cui ogni scena sembra svelata su un palcoscenico in cui la luce naturale impreziosisce piccoli particolari: volti dai contorni delicati, sguardi intensi, sorrisi accennati, il vento che scompiglia i capelli, il dettaglio di un vestito, arricchiscono ogni fotografia di una dimensione di bellezza e sorpresa, mentre il forte bianco e nero conferisce a tutte un carattere misterioso e contemporaneo. Il progetto, cominciato nel 2015,

non ha un vero sviluppo ma sembra totalmente casuale: solo a un’analisi più dettagliata rivela tutta la raffinatezza di un bellissimo esempio di street photography, che ci invita, grazie alle sue protagoniste femminili, a cogliere il Genius Loci di un luogo in cui lusso, modernità e tradizione si incontrano. 

Massimo Napoli (Salerno, 1978). Al Giappone deve soprattutto la moglie e l’amore per la fotografia. Ama fotografarlo ad anni alterni, per poche settimane alla volta, e vede la sua attività fotografica in altri luoghi come mero esercizio per la successiva spedizione in terre d’Oriente, anche se probabilmente è il contrario. Preferisce essere definito fotografo amatore, perché gli amatori hanno a che fare con l’amore.

Monte di Pietà
vicolo del Monte di Pietà, 1

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Scuole

Testimone oculare: visioni domestiche

Mostra esito del laboratorio fotografico realizzato dagli studenti e dalle studentesse della Scuola secondaria di primo grado, Istituto Comprensivo Giulio Cesare. Guidati dalle professoresse Paola Belletti e Elisabetta Cangini con il maestro di fotografia Mario Beltrambini, 21 alunni delle classi 3C e 3D, hanno partecipato al progetto didattico Testimone oculare con cui da anni SI FEST promuove un percorso di educazione all’immagine per ragazzi e adolescenti. Il tema delle Visioni domestiche è stato scelto per sottolineare l’antico legame della fotografia con la memoria, orientando il campo d’azione a una quotidianità spesso trascurata che invece, in un’era di bulimia fotografica, può aiutare i ragazzi a comprendere la differenza tra ciò che è significativo e quello che invece è superficiale.

Le fotografie esposte sono state realizzare da: Laura Amadio, Tommaso Berlati, Carlos Bevilacqua, Aurora Celli, Cristian Biagio Colonna, Matvei Derkach, Imbtissam El Acker, Francesco Facchinetti, Aya Harroud, Giorgia Hoxha, Riccardo Lupi, Dino Maleskic, Sara Marini, Jacopo Motta, Dior Ndiaye, Yuri Paolucci, Diego Pazzaglia, Andrea Salvatore Romano, Beatrice Scarpellini, Cecilia Zamagni e Andrea Zanotti.

Istituto Comprensivo Giulio Cesare
via Galvani, 4

Io autoritratto

Mostra esito del laboratorio fotografico realizzato con gli studenti e le studentesse dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Marie Curie”, questa mostra, a cura di Susanna Venturi e Mario Beltrambini, ha coinvolto nove studenti dell’Istituto “Marie Curie” in una riflessione sull’approccio alla propria immagine. Dalla visione di alcuni grandi autoritratti fotografici alla ricerca delle motivazioni che spingono l’uomo a ritrarsi, e delle varie tecniche utilizzate, gli studenti, tutti nativi digitali, hanno potuto considerare in modo più profondo quello stesso selfie, nato spesso da un desiderio di “controllo” di sé e della propria immagine. Argomento che, nel complesso periodo dell’adolescenza e di quel cambiamento fisico e psicologico che l’accompagna, assume una valenza ancora più profonda. La mostra presenta fotografie di Nicol Bondi, Erika Pia De Robertis, Anastasiya Lopatina, Estrela Malia, Claudia Matteucci, Valeria Mazzotti, Cloe Narducci, Matteo Pighini e Melissa Pozzi, nate nell’ambito di un progetto individuale basato sulla riflessione e sull’accettazione di sé.

Monte di Pietà
vicolo del Monte di Pietà, 1

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Fototeca

Silvia Camporesi | Archivio vivo. 2004 – 2024

Nella chiesa del Suffragio la mostra a cura di Mario Beltrambini e Jana Liskova, inaugurata in occasione dell’apertura della Fototeca Comunale “Marco Pesaresi”, fino al 29 settembre fa riemergere dall’archivio dell’artista due lavori realizzati a distanza di dieci anni, Indizi terrestri e Ofelia (2003) e Atlas Italiae (2013), cui si aggiunge Sommersi salvati, lavoro realizzato nel 2023 durante l’alluvione che ha colpito la Romagna. Archiviare è selezionare cose con un senso, per conservarle e proteggerle, un processo in cui ogni cosa “merita di esistere”, fotografie, cataloghi, quaderni, appunti. I tre lavori testimoniano il percorso di Camporesi, dagli esordi dedicati a temi femminili a una ricerca progressiva sui luoghi d’Italia, come il progetto dedicato a edifici e paesi abbandonati sparsi nella penisola. Sommersi salvati rappresenta invece un aspetto inedito della sua ricerca, quella documentale dedicata al lavoro degli Angeli del fango che, a maggio 2023, hanno ripulito le strade delle città romagnole colpite dall’alluvione. Una testimonianza iconica dedicata a figure che diventano monumenti alla solidarietà cittadina.

Silvia Camporesi (Forlì, 1973), laureata in filosofia, vive e lavora a Forlì.

Usando fotografia e video costruisce racconti a partire dal mito, la letteratura, le religioni e la vita reale. La sua ricerca si è concentrata negli ultimi anni sul paesaggio italiano. Ha tenuto personali e collettive in istituzioni italiane e internazionali.

SAVIGNANO IMMAGINI

CORSO VENDEMINI, 67 – 47039 SAVIGNANO S/R (IT)

info@savignanoimmagini.it
www.sifest.it

ORARI MOSTRE

13 settembre, ore 18/24
14 settembre ore 9/24
15 settembre ore 9/21
21-22, 28-29 settembre ore 10/20

Nei giorni 21 e 28 settembre le mostre presso l’Istituto Comprensivo Giulio Cesare sono visitabili nell’orario 15/20