Gli Stati Uniti rappresentano il quarto mercato di sbocco delle aziende della provincia di Udine. Nel 2017 l’export verso gli Stati Uniti, attestatosi a 368milioni di euro, è cresciuto del 36,7% rispetto al 2016, trascinato da macchinari e apparecchiature (102 milioni di euro, +24,5%), prodotti in metallo (64 milioni di euro, +170,5%), mobili (57 milioni di euro, +12,5), prodotti della metallurgia (53 milioni di euro, +29%), bevande (13milioni di euro, +6,1%) e alimentari (10 milioni di euro, +247,3%). Da registrare, invece, che le importazioni dagli USA sono diminuite nel 2017 del 31,8%, passando dai 37 milioni di euro del 2016 ai 25 milioni di euro del 2017.
Il dinamico interscambio commerciale lascia comunque ben comprendere con quanta apprensione le imprese friulane seguano le mosse del Presidente USA, Donald Trump, che ha di recente introdotto due importanti riforme sul fisco e sull’immigrazione, basate sul principio “America First”: la riforma fiscale prevede una riduzione della tassazione d’impresa volta a favorire gli investimenti in loco ed il rientro in patria delle aziende che hanno delocalizzato; per quanto riguarda l’immigrazione, il nuovo parametro di valutazione è basato sul merito dei soggetti, con risvolti anche per coloro che si devono recare negli USA per affari.
Alla luce di questa situazione normativa e delle conseguenze per le imprese italiane, Confindustria Udine, con il supporto della Rödl & Partner, ha organizzato questa mattina a Palazzo Torriani un apposito seminario cui sono intervenuti, in qualità di relatori, il dottor CPA, Filiberto Calascibetta, dell’ufficio di Atlanta di Rödl & Partner, e l’avvocato Attorney-at-Law (New York), Daniele Ferretti, dell’ufficio di Padova della Rödl & Partner.
Nel corso dell’incontro è stato pure dedicato un particolare focus – in considerazione degli sviluppi recenti – anche sull’annunciata introduzione dei dazi sull’acciaio e l’alluminio.
Sul punto, Calascibetta ha parlato di “segnale negativo che va a contrapporsi ad una riforma fiscale che invece stimola non solo le imprese statunitensi a intraprendere nuove iniziative imprenditoriali. L’effetto negli USA sarà comunque meno dirompente di quanto si pensi, visto che è il Canada, nazione esentata dai dazi, ad essere il maggiore esportatore di steel e alluminio negli Stati Uniti. Di certo – ha aggiunto Calascibetta – la politica economica di Trump ha un approccio molto più netto e definito rispetto a quella di Obama. Oggi, peraltro, si apprende che gli USA vogliono introdurre ulteriori dazi anche sui prodotti tecnologici e informatici provenienti dalla Cina”.
Dazi a parte, Calascibetta si è soffermato sulla nuova fiscalità d’impresa degli Stati Uniti, che riguarda la recente legge firmata il 22 dicembre 2017 (Tax Cuts and Jobs Act), che ha introdotto la riforma fiscale più importante negli ultimi 30 anni, prevedendo numerosi benefici per le aziende, oltre ad alcuni inasprimenti fiscali.
La riforma fiscale prevede tagli alle tasse da 1.500 miliardi di dollari in dieci anni e impone un tetto massimo del 21% di imposizione fiscale per le aziende, contro l’attuale 35%, al fine di incentivare nuovi investimenti e assunzioni da parte delle imprese. Le modifiche alla tassazione riguardano anche i singoli cittadini, con un taglio delle aliquote di 2,6 punti percentuali, passando dall’attuale 39,6% al 37%. Il provvedimento introduce diverse altre deduzioni, agevolazioni fiscali e una revisione della tassazione sulle proprietà immobiliari e le eredità.
Sul fronte dell’immigrazione, invece, le criticità sono conseguenti all’adozione dell’Executive Order 13,768, “Enhancing Public Safety in the Interior of the United States” e del successivo memorandum “Enforcement of the Immigration Laws to Serve the National Interest”.
L’avvocato Ferretti ha evidenziato come la nuova politica dell’immigrazione tenga conto del gettito fiscale, della sicurezza nazionale e della salute pubblica. E’ previsto un aumento dei controlli su chi ha abusato di benefici pubblici o si è reso responsabile di frodi o dichiarazioni false nei confronti di agenzie governative. Sono previste sanzioni per i datori di lavoro che assumono stranieri illegali ed è stato stabilito un aumento del 400% delle verifiche sui luoghi di lavoro. In caso di violazione, può essere imposto di divieto di reingresso in USA, una limitazione di permanenza o di esercizio dell’attività, oltre a sanzioni penali ed amministrative.
Riguardo alle varie tipologie di visto, tramite il “Visa Waiver Programm” è possibile l’ingresso in USA senza visto fino a 90 giorni di permanenza, ma con apposita autorizzazione preventiva ESTA, esclusivamente per turismo ed affari (riunioni, conferenze). In questo caso non è permesso svolgere attività lavorativa retribuita dall’Italia (assistenza tecnica post-vendita, ad esempio); diversamente occorre richiedere apposito visto, che è di tipologia diversificata a seconda dell’attività dell’azienda e della presenza di un già avviato interscambio commerciale tra i due partner, oppure per effetto di un investimento italiano in società USA (la c.d. subsidiary).
Nel caso di dipendenti specializzati, al momento della richiesta del visto bisognerà anche dimostrare come mai quella mansione non possa essere svolta da un lavoratore statunitense.