Ha patteggiato la pena di un anno e quattro mesi, a cui va aggiunta la revoca della patente di guida per 5 anni, L.B, 33 anni, di Tarcento, l’automobilista che il 18 giugno 2018, a Collalto di Tarcento, sulla Statale 13 Pontebbana, causò, per una fatale mancata precedenza, il tragico incidente nel quale ha perso la vita il 64enne di Gemona Sandro Rossi.
Quel mattino verso le 10.30 Rossi, che abitava con la famiglia nel borgo di Ospedaletto, stava procedendo per la sua strada sulla Pontebbana verso nord con la sua Harley Davidson, quand’è stato travolto dal pick-up Isuzu Trooper con annesso rimorchio condotto da Bodocco, che si è immesso sulla SS 13 da un piazzale adiacente per andare verso Tricesimo, tagliandogli la strada. Un impatto terribile in seguito al quale il centauro è stato sbalzato sull’asfalto riportando politraumi gravissimi (pneumotorace, frattura di più costole, fratture chiuse nelle pelvi, insufficienza polmonare) che non gli hanno lasciato scampo: è spirato poche ore dopo all’ospedale della Misericordia di Udine, dov’era stato trasportato in condizioni disperate.
Il Pubblico Ministero della Procura di Udine, dott.ssa Annunziata Puglia, che ha subito aperto un procedimento penale a carico di L.B. per il reato di omicidio stradale, per chiarire la dinamica e le cause del sinistro ha disposto una perizia cinematica e nominato come proprio consulente tecnico d’ufficio l’ing. Filippo Ciroi: alle operazioni peritali ha partecipato anche l’ing. Iuri Collinassi, messo a disposizione come consulente di parte della famiglia da Studio3A, la società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui la moglie e la figlia di Sandro Rossi si sono affidate, attraverso l’Area manager e responsabile della sede di Udine Armando Zamparo, per fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia. Studio3A ha già chiuso il capitolo civile della dolorosa vicenda ottenendo per le proprie assistite il risarcimento dalla compagnia di assicurazione del veicolo investitore per la gravissima perdita subita.
La perizia depositata dal Ctu, confermando le risultanze iniziali, ha concluso che l’incidente era da ascriversi esclusivamente al comportamento e alla manovra avventata dell’indagato il quale, “nell’immettersi sulla SS13 provenendo da un’area privata” scrive la dott.ssa Puglia, e per di più con un “complesso veicolare” (il pick-up e il rimorchio) e “con l’intenzione di svoltare a sinistra”, “in violazione dell’art. 145 comma 6 e 10 del Codice della Strada, ometteva di arrestarsi e dare la precedenza alla Harley Davidson di Rossi che procedeva regolarmente lungo la SS13 con direzione di marcia Tricesimo verso Gemona del Friuli, così cagionando l’urto tra la parte anteriore sinistra del suo veicolo e la parte anteriore del motociclo”. L’ing. Ciroi, inoltre, non ha ravvisato da parte della vittima “alcuna infrazione al codice della strada né condotta negligente, imprudente e imperita”: il povero e incolpevole motociclista procedeva ad una velocità stimata in 56 km/h, ben al di sotto del limite vigente di 90.
Di qui dunque, a conclusione delle indagini preliminari, la richiesta di rinvio a giudizio per l’automobilista per aver “causato, per colpa consistita in imprudenza e violazione di legge, il sinistro stradale in seguito al quale è deceduto Sandro Rossi”. Richiesta riscontrata dal Gip, dott.ssa Mariarosa Persico, che ha fissato appunto per oggi, 14 febbraio 2020, in Tribunale a Udine, l’udienza preliminare del processo. Al termine della quale l’imputato ha patteggiato la pena di un anno e quattro mesi con la condizionale. Il suo legale aveva depositato una memoria chiedendo la semplice sospensione della patente, ma la dott.ssa Persico ha ritenuto di disporre la più pesante sanzione accessoria della revoca in forza della scriteriata condotta di guida e delle gravi negligenze commesse dall’imputato.
Una condanna che non restituirà Sandro Rossi alla moglie e alla figlia, che erano presenti in aula accompagnate da Armando Zamparo, di Studio3A, ma che quanto meno rende loro e al loro caro un po’ di giustizia anche sul fronte penale, dopo quella già ottenuta in sede civile.