Il gruppo Food di Confcommercio provinciale non ci sta. Parla di «concorrenza sleale» e di «mercato dopato». E, con il presidente Andrea Freschi, consigliere nazionale Fida (Federazione italiana dettaglianti dell’alimentazione), manifesta la sua preoccupazione per una recente interpretazione del ministero della Politiche agricole che consente agli agricoltori di competere coi dettaglianti alimentari con regole semplificate.
Concretamente, informa il gruppo, «il governo ha aperto alla possibilità per ogni impresa agricola di esercitare la vendita diretta in qualsiasi spazio di cui abbia disponibilità, senza dover rispettare le regole che i negozi alimentari sono tenuti invece a osservare». La posizione di Confcommercio nei confronti dei cosiddetti farmer’s market è nota, visto che non di rado sono state rilevate irregolarità, ma la nota del ministro Martina, afferma Freschi, «è l’equivalente di un via libera a un mercato dopato, che favorisce una sola categoria di operatori, le imprese agricole che possono operare sullo stesso mercato dei dettaglianti alimentari, ma con regole semplificate. Non possiamo tra l’altro non rilevare la contraddizione di una precedente interpretazione, stavolta del ministero dello Sviluppo economico, diametralmente opposta dato che sosteneva la legittimità che farmer’s market unicamente negli spazi all’interno di poderi o di aree mercatali con vendita diretta». Mentre Fida nazionale ha avviato un pressing a Roma, da Udine, conclude Freschi, «uniamo la nostre voce contro un intervento che consideriamo scorrettissimo, su un tema che dovrebbe essere invece oggetto di un pronunciamento del governo nel suo complesso».
NOTA MINISTERIALE
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha inviato al Ministero dello Sviluppo Economico e, per conoscenza, all`Associazione Nazionale Comuni Italiani, una nota (n. 2855) in materia di attività di vendita diretta su aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità, fornendo un nuova interpretazione della materia
Il Mipaaf ha affermato che l`attuale formulazione dell`articolo 4 del D.Lgs. 228/2001, “non pone alcun limite all`esercizio della vendita diretta nel territorio della Repubblica su superfici private all`aperto ovunque esse siano ubicate purché delle stesse l`imprenditore agricolo abbia la legittima disponibilità“, fermo restando l`obbligo di rispettare le norme vigenti in materia igienico-sanitaria.
Come noto, l`art. 4 del D.Lgs. 228/2001, prevede la possibilità che gli imprenditori agricoli esercitino la vendita diretta al dettaglio dei prodotti provenienti in prevalenza dalle proprie aziende in tutto il territorio della Repubblica. La disposizione, inoltre, prevede che: “per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all`aperto nell`ambito dell`azienda agricola, nonché per la vendita esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non è richiesta la comunicazione di inizio di attività“.
Il Mipaaf ritiene, infatti, che la possibilità di esercitare la vendita diretta “in tutto il territorio della Repubblica“, come previsto dalla norma, non possa essere limitata da una lettura restrittiva dell`articolo 4, che contrasterebbe con il principio costituzionalmente tutelato di libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.).
Sostiene, inoltre, che poiché l`art. 2555 del Codice civile definisce “azienda” il “complesso di beni organizzati dall`imprenditore per l`esercizio dell`impresa“, debbano essere ricompresi nella stessa anche i terreni che si trovino nella disponibilità dell`imprenditore agricolo in virtù di un titolo legittimo, anche quando si tratti di terreni diversi da quelli sui quali si è svolta l`attività di produzione.
A supporto della propria interpretazione il Mipaaf richiama, inoltre, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha affermato che “è infatti nozione giuridica comune che nell`ambito dell`azienda (art. 2555 c.c.), che costituisce un complesso di beni organizzati dall`imprenditore per l`esercizio dell`impresa, non sia necessario che rispetto ai beni tutti sussista il diritto di proprietà: necessario e sufficiente perché un bene sia aziendale è la sua destinazione funzionale impressa dall`imprenditore, mentre è irrilevante il titolo giuridico (reale o obbligatorio) che legittima l`imprenditore ad utilizzare il bene nel processo produttivo” (Consiglio di Stato, sezione V, 18 giugno 2008, n. 3029).
La nota è stata trasmessa per conoscenza all`ANCI affinché sia resa disponibile alle Amministrazioni comunali.