tratto dalla pagina facebok del senatore Maran: Sappiamo da tempo che «esiste un ecosistema della disinformazione on line in crescita che produce false notizie sempre più velocemente». Ne ha parlato Craig Silverman, un giornalista esperto di meccanismi dell’informazione online (in particolare di disinformazione nelle testate giornalistiche online), che ha scritto: «Nel giro di qualche minuto o di qualche ora, una storia può così trasformarsi da singolo tweet o racconto infondato a notizia ripetuta da dozzine di siti di news, che genera decine di migliaia di condivisioni. E una volta raggiunta una certa massa critica, la sua ripetizione comincia a esercitare un effetto significativo sulla persuasione: agli occhi dei lettori, il rumor diventa attendibile semplicemente in virtù della sua ubiquità» (Il Post ha tradotto in italiano il libro di Silverman che si può scaricare e leggere in PDF).
Torno sull’argomento poiché il sito www.wumingfoundation.com ha diffuso, nei giorni scorsi, una notizia falsa. Nell’articolo intitolato «Viaggio nelle nuove ?#?foibe?, seconda puntata. La foiba volante del Friuli orientale», Nicoletta Bourbaki (che, come precisa il sito, «è il nome usato da un gruppo di inchiesta su Wikipedia sulle manipolazioni storiche in rete, formatosi nel 2012 durante una discussione su Giap») ha scritto che il Presidente della Lega Nazionale di Gorizia, Luca Urizio, avrebbe ottenuto un finanziamento del Comune di Gorizia e dal senatore Alessandro Maran per effettuare una ricerca a Roma con Ivan Buttignon e Lorenzo Salimbeni. Gli estensori del blog, tornano sul punto anche al termine dell’articolo: «rimane infine da chiedersi se i finanziamenti stanziati dal Comune di Gorizia e dal senatore Alessandro Maran potessero essere spesi meglio…». Poi, manco a dirlo, su Twitter, c’é chi mi chiede di «giustificare la ratio di certi finanziamenti».
Il punto è che la notizia è falsa: non ho mai «stanziato» finanziamenti di sorta alla Lega Nazionale o ad altri, né la Lega Nazionale ha «ottenuto» da me alcun finanziamento per nessun motivo e in alcun modo. Come ho precisato su Twitter.
Subito dopo, Wu Ming Foundation replica diffondendo su Twitter la nuova formulazione dell’articolo che considera «terminologicamete appropriata»: «il presidente Urizio ottiene un finanziamento dal Comune di Gorizia ed il supporto del senatore del Pd Alessandro Maran per effettuare una ricerca…». E aggiunge che «ora, quel che come cittadini vorremmo capire è di che genere di supporto si sia trattato».
Eppure i giornali hanno reso noto da tempo in che cosa sia consistito il «supporto» che ho dato ai ricercatori: posto che i ricercatori raggiungevano Roma da Gorizia, ho cercato unicamente di «facilitare» il loro lavoro. E avrei fatto lo stesso per chiunque mi avesse chiesto aiuto. Come? In maniera indebita? Neanche per idea. L’Archivio è fruibile da ogni cittadino che ne faccia richiesta. Naturalmente, con lo stesso trattamento. Un mio collaboratore ha girato la loro richiesta all’Archivo, ha preannunciato l’oggetto della ricerca e, una volta giunti nella capitale, ha indicato ai ricercatori la strada per raggiungere l’Archivio centrale. Punto.
Del resto, non spetta a me decidere chi debba avere accesso all’Archivio e che cosa ci sia nell’Archivio non è affar mio; ma resto dell’opinione che le porte – tutte le porte – debbano essere aperte e che tutte le informazioni debbano essere disponibili. Poi, se la vedranno gli storici.
Wu Ming Foundation mi fa notare che «parliamo di una ricerca scientificamente assai discutibile i cui risultati sono stati divulgati sui media in modo improvvido e sensazionalistico, ecc.»; e mi chiede con malcelata ironia «del resto, siamo tra antifascisti, no?».
Per come la vedo io, aprire gli archivi è doveroso. A chiunque lo richieda. Proprio perché resto un antifascista (ormai di vecchia data, anche per ragioni anagrafiche). Sono stato compagno e amico di «Vanni» Padoan, di Vincenzo Marini «Banfi» (ho pronunciato l’orazione funebre al suo funerale) e di parecchi altri partigiani, e non dimentico che hanno continuato a combattere non per chiudere le porte, ma per aprirle. Basterebbe ricordare le posizioni pubbliche, spesso controverse, di «Vanni». E non dimentico che l’antifascismo è un orientamento di cultura politica che valorizza la Resistenza come momento fondante del nuovo patto costituzionale e che si oppone, non solo ai progetti di ricostituzione del fascismo storico, ma anche e più generalmente a tutti gli atteggiamenti e i comportamenti (antidemocratici, di autoritarismo, di intolleranza) riconducibili a quella esperienza.
Detto questo, non mi è mai passato per la testa di dedicarmi alla «ricerca della verità»; e, ovviamente, non mi occupo della verità storica, né di quella processuale, e meno che mai delle inchieste giornalistiche. Per questo ci sono filosofi, storici, magistrati e, appunto, giornalisti. Se gli esiti della ricerca sono «discutibili», se i documenti, sia pure autentici, sono inattendibili nei contenuti, se si tratta di chiacchiere, se non è altro che un polverone montato dai giornali, la verità verrà a galla e a soffrirne sarà anzitutto la credibilità dei ricercatori, dei giornalisti, ecc.
Ognuno, naturalmente, la pensa come crede, ma «quel che come cittadino vorrei capire» è perché Wu Ming Foundation ha diffuso, sul mio conto, una notizia falsa. Scrivere che ho finanziato la Lega Nazionale (lasciando intendere, oltretutto, che si tratta di «finanziamenti allegri») significa attribuirmi un fatto. Se il fatto che mi viene attribuito (l’esborso di denaro pubblico) non è vero, non è un problema «terminologico». É diffamazione. Specie se si considera che i lettori possono scambiare la bufala per verità, amplificandola, ripubblicandola e condividendola con i loro contatti, in un gigantesco turbine dove non si capisce più quali sono i termini della questione. E chi ha diffuso o cavalcato la notizia falsa o distorta non può fischiettare, facendo finta di niente.
Vale per tutti. E anche il giornalista, il blogger, e non solo lo storico, deve sempre verificare le informazioni ottenute e accertare l’attendibilità di quanto viene diffuso all’opinione pubblica. Va da sé che, in relazione ai fatti non veritieri attribuitemi, mi riservo di agire in ogni sede a tutela della mia persona ed immagine.