I giovani italiani tornano alla terra, rinnovando il modo di pensare all’agricoltura e il Nord Est traina il cambiamento che vede la trasformazione degli agricoltori in imprenditori agricoli e un aumento significativo dell’innovazione nel settore primario. Lo hanno spiegato Alessandro Peressotti, professore del dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università di Udine, Pietro Biscontin, direttore della cooperativa Viticoltori Friulani La Delizia e Marco Tam, presidente di Greenway, azienda all’avanguardia nella produzione di biogas, partecipando al primo incontro della quinta edizione di “?conomia sotto l’ombrellone” incentrato sul tema “Ritorno alla terra – Investire in agricoltura” e svoltosi al Palapineta di Lignano Sabbiadoro (Ud).
«Il nuovo interesse dei giovani per l’agricoltura – ha detto Peressotti – per noi è ormai evidente: negli ultimi cinque anni abbiamo raddoppiato le matricole che si iscrivono ai nostri corsi di laurea. Particolarmente significativo il cambiamento di mentalità dei nuovi studenti: mentre vent’anni fa chi intraprendeva gli studi in Agraria mirava a un posto nel pubblico, in un’organizzazione di rappresentanza o in qualche grande azienda, oggi molti studenti puntano a diventare imprenditori agricoli in prima persona e lo fanno anche se alle spalle non hanno una tradizione familiare. Negli ultimi anni, infatti, molti nostri laureati hanno dato vita ad aziende agricole, anche piccole e con poca terra, ma molto innovative. Come, per esempio, l’allevamento di lumache su un solo ettaro che in due anni è arrivato a un milione di euro di fatturato. Si tratta di aziende che forse non risolveranno il problema dell’occupazione, ma che rappresentano fondamentali fattori di innovazione e stimolo per tutto il mondo agricolo».
Il cambiamento in atto è stato confermato anche da Biscontin: «Qualche anno fa eravamo preoccupati perché l’età media dei soci aveva superato i 60 anni e le prospettive per la continuità erano negative; negli ultimi anni, però, sono entrati molti soci giovanissimi e le dimensioni medie degli appezzamenti coltivati sono aumentate: i 1.500 ettari coltivati da oltre 700 soci sono diventati oggi 2.000 ettari coltivati da 450 soci. C’è stato anche un cambiamento nell’approccio: prima molti associati tenevano un piccolo vigneto come integrazione al reddito di un altro lavoro, oggi molti soci hanno vigneti più grandi che sono la loro principale fonte di reddito. In agricoltura ormai non si può più improvvisare e oggi i giovani sono sempre più qualificati e hanno giustamente un approccio chiaramente imprenditoriale».
«Le imprese agricole – ha spiegato Tam – oggi vanno pensate e gestite in modo professionale esattamente come qualsiasi altra impresa, con business plan chiari, persone preparate, idee innovative e guardando al conto economico. Le banche e i finanziatori valutano questi aspetti e non si limitano a finanziare gli agricoltori perché possono dare la terra in garanzia. Se i progetti sono validi si trova il credito, altrimenti no. Questo significa distinguersi o estinguersi di fronte alla nuova competizione mondiale. Nel Nordest si sta sviluppando una generazione di imprenditori agricoli che sta dando una nuova vita al mondo agricolo. Una nuova vita che, però, spesso è ostacolata dagli eccessi burocratici e dai continui cambiamenti normativi. Noi, ad esempio – ha ricordato Tam -, prima di poter avviare l’attività di produzione di biogas abbiamo dovuto compilare una montagna di carte e attendere i permessi per oltre due anni. Questo è un aspetto che dovrà essere risolto se vuole che l’Italia abbia un agricoltura moderna e proiettata nel futuro».
L’agricoltura italiana e nordestina, insomma, secondo i tre relatori ha tutto ciò che serve per potere crescere ancora e c’è spazio per tutti: per le grandi aziende organizzate, come per le piccole innovative, per le coltivazioni estensive e tradizionali, come per quelle dedicate alle agro-energie o per le aziende biologiche e biodinamiche. «Non ha senso – ha affermato Biscontin – farsi la guerra fra grandi e piccoli e pensare di continuare a “fare come si è sempre fatto” perché “si è sempre fatto così”. Oggi saper fiutare i mutamenti e cogliere le occasioni perché la concorrenza è davvero mondiale». «Fondamentale – ha aggiunto Peressotti – anche saper coniugare l’attività agricola con il territorio su cui insiste, perché l’agricoltura è parte fondamentale di un territorio, della sua vita, della sua attrattività turistica». Sugli aspetti commerciali, invece, sono emersi alcuni difetti delle aziende agricole italiane che, secondo quanto detto dai relatori sono molto attente alla produzione, ma talvolta meno attente a proporsi adeguatamente sui mercati. In questo sono anche state poco aiutate dalle aziende di comunicazione che per lunghi anni – hanno spiegato i relatori – «si sono dimenticate del mondo agricolo. In tal senso c’è ancora molto da fare, soprattutto in Friuli, superando una certa ritrosia a comunicare e raccontarsi adeguatamente»