Se l’è cavata con dieci mesi e venti giorni di reclusione, con la sospensione condizionale, e la sospensione della patente di guida per un anno Christian G., l’oggi trentaduenne automobilista di Faedis accusato e ora anche condannato per omicidio stradale aggravato per aver travolto e ucciso Luigino V., 65 anni, pure lui di Faedis, dileguandosi e lasciando il ciclista al suo destino: l’imputato ha patteggiato la pena oggi, mercoledì 16 ottobre 2024, in Tribunale a Udine all’esito dell’udienza preliminare del processo avanti al Gup dott. Matteo Carlisi. Una condanna assai mite, considerato che a Gabrici, oltre all’omicidio stradale, venivano contestate anche le aggravanti della fuga e dell’omissione di soccorso, su cui ha pesato, in primis, la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti ma che ha destato profonda amarezza nelle tre sorelle dell’incolpevole sessantacinquenne, assistite da Studio3A.
Il terribile incidente è accaduto nella stessa Faedis, in via Udine, tratto della Provinciale 15, il 25 marzo 2023, poco prima delle 21. Vanone stava procedendo in sella alla sua bicicletta in direzione Povoletto, stava tornando dal centro di Faedis verso la frazione di Ronchis, dove risiedeva con le sorelle, quando Gabrici, alla guida di una Ford Focus, che sopraggiungeva dalle sue spalle nello stesso senso di marcia, superando la bici l’ha inopinatamente tamponata, sbalzando il povero Vanone a oltre venti metri di distanza: un impatto tremendo che non gli avrebbe lasciato scampo. Non bastasse, e nonostante la chiara violenza dell’urto, come riferito da un testimone l’automobilista, dopo essersi fermato per pochi istanti ad alcune centinaia di metri dal luogo dell’incidente, è ripartito sgommando e si è dileguato. Solo il giorno seguente, poco prima delle 11, il pirata si è presentato presso i carabinieri di Premariacco ammettendo le proprie responsabilità.
Il Pubblico Ministero della Procura di Udine titolare del relativo procedimento penale, la dott.ssa Maria Caterina Pace, dopo aver iscritto subito il trentaduenne nel registro degli indagati, al termine delle indagini preliminari ne ha anche chiesto il rinvio a giudizio imputandogli non solo di “essersi dato alla fuga” e di “non aver ottemperato all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente”, per citare l’atto, ma anche la responsabilità dell’incidente “ricollegabile al suo comportamento” di guida.
In particolare, il Pm ha ascritto all’imputato “colpa specifica consistita nella violazione di norme sulla disciplina stradale, l’art. 148 comma 3 del Codice della Strada, avendo omesso di mantenere un’adeguata distanza laterale dal ciclista durante la manovra di sorpasso di quest’ultimo”, come accertato dall’ingegner Marco Pozzati, il Consulente Tecnico d’Ufficio a cui il magistrato ha conferito l’incarico di ricostruire la dinamica, le cause e tutte le responsabilità dell’incidente: alle operazioni peritali ha partecipato quale consulente tecnico per la parte offesa e fornito il suo apporto anche l’ingegner Iuri Collinassi messo a disposizione da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui, attraverso l’Area Manager Friuli e responsabile della sede di Udine Armando Zamparo – e unitamente all’avv. Elisabetta Zuliani del Foro di Udine -, si sono rivolti per essere assistiti i familiari di Vanone, che ha lasciato nel dolore tre sorelle e quattro amati nipoti, tutti già integralmente risarciti attraverso lo studio dalla compagnia di assicurazione della vettura investitrice.
Le tre sorelle di Vanone, presenti oggi in aula accompagnate dal loro consulente Armando Zamparo e dall’avvocato Zuliani, si aspettavano però anche una risposta da parte della giustizia penale, una condanna congrua nei confronti dell’investitore per la gravissima e spregevole condotta di guida tenuta. “Pacifico e incontestabile l’allontanamento di Gabrici dal teatro del sinistro dopo l’investimento, nonostante si fosse concretizzato un impatto di media intensità che non poteva non essere percepito dal conducente” aveva scritto nella sua perizia, sgombrando ogni dubbio, il Ctu. Comprensibile quindi la loro sorpresa e delusione alla lettura del dispositivo della troppo tenue sentenza: “nostro fratello non ha ricevuto giustizia” hanno commentato alla fine, amaro.