Udine, 27 settembre 2013 – «Per gli altissimi meriti acquisiti nella creazione poetica e nell’educazione alla scrittura letteraria», l’università di Udine ha conferito oggi la laurea magistrale honoris causa in Scienze della formazione primaria a Pierluigi Cappello, una delle voci più significative del panorama poetico nazionale contemporaneo. La cerimonia si è svolta nella sede del polo universitario della formazione di via Margreth a Udine. Con il rettore Cristiana Compagno è intervenuto il direttore del Dipartimento di scienze umane, Mauro Pascolini. Il professor Gianpaolo Gri, ordinario di antropologia culturale, ha tenuto la laudatio, introducendo la lectio di Pierlugi Cappello.
Il rettore Cristiana Compagno, introducendo la cerimonia, «un omaggio all’arte, alla creatività e alla riflessione costruttiva», ha descritto la capacità di Pierluigi Cappello di suggerire, attraverso la sua scrittura, «una visione lucida e focalizzata sulla verità delle cose, liberate dal superfluo. Una semplicità potente e disarmante, capace di sgretolare in un attimo le paure più profonde di ciascuno di noi, liberandole in una confortante sensazione di speranza che è tutt’uno con un imperativo alla consapevolezza e alla responsabilità». E ha poi evidenziato come Pierluigi Cappello, che «senza clamore, dal suo Friuli, ha saputo far sentire e far apprezzare la sua voce e il suo pensiero», sia «un uomo di cultura che ci dà una speranza, insegnandoci una dimensione nuova, una prospettiva diversa e coraggiosa di essere persone nel mondo, partendo dal rispetto per ogni forma dell’essere e del sentire umano». Da parte sua Mauro Pascolini ha volturo rimarcare il ringraziamento dell’Università di Udine tutta alla allora facoltà di Scienze della formazione – il cui corso di laurea magistrale è ora inserito nel Dipartimento da lui diretto – per la scelta di questo giusto riconoscimento a Pierluigi Cappello
«L’Università di Udine – ha esordito nella sua laudatio l’antropologo Gianpaolo Gri – appone oggi una sorta di sigillo accademico che accompagna e rilancia un percorso aperto, un processo di costruzione creativa in atto, eppure già autorevole. Un poeta giovane, Cappello, che muove dai margini del Friuli, che ha saputo liberarsi dal rischio dell’incapsulamento localistico, “bilingue perfetto” anche nella scrittura, oggi fra i più affermati in ambito nazionale. E al lungo elenco dei riconoscimenti, premi ricevuti, attenzione alla critica, traduzioni in altre lingue, che finora ha ricevuto, l’ateneo friulano «aggiunge il proprio auspicio che nuovi “incantesimi di scritture riuscite” si aggiungano in futuro alla lunga lista avviatasi nel 1992 e appena arricchita di due importanti pubblicazioni edite dalla casa editrice Rizzoli: la ristampa organica di buona parte della sua produzione poetica, Azzurro elementare, e l’emozionante novità del suo primo ‘romanzo’ in prosa, Questa libertà».
Una laurea, quella conferita a Cappello, il più giovane laureato ad honorem dell’ateneo friulano, non prevedibilmente assegnata in letteratura italiana. Bensì nata e voluta all’interno della facoltà di Scienze della formazione e fatta propria dal Dipartimento di Scienze umane, e che intende, dunque, «premiare anche – ha detto Gri – l’alto magistero didattico di un poeta che ha saputo fondere la vocazione del chierico, immerso in una vita claustrale, circondato e quasi annegato nel mare di carte e libri, con la vocazione del bardo: voce mobile e itinerante, che si spende nel convincere, nell’insegnare ai più piccoli che l’eleganza e l’acutezza della parola non appartengono all’ordine del superfluo, ma del necessario, perché strumenti di libertà».
Pierluigi Cappello come «uno sciamano dotato del potere di cogliere il verso delle cose – ha affermato Gri -, capace di vedere la “realtà seconda” invisibile allo sguardo normale, esperto nel rendere visibili i fili sotterranei che scavalcano chiuse ben più strette e fortificate del suo paese d’origine, la Chiusaforte nativa, con le sue pareti opposte della montagna a un tiro di sasso». Un poeta «dai molti modi d’essere. Viaggiatore, soprattutto: della natura dei “viaggiatori notturni” che abitano le cosmologie non sterilizzate dalla razionalità ragionieristica occidentale». E «mentre i benandanti – ha proseguito Gri – volavano nella notte a combattere per le biade e le uve della loro gente, i testimoni affermano che il loro corpo giaceva immobile». Ebbene, «poche volte, come in Pierluigi Cappello, mi è capitato – ha detto Gri – di incontrare una riflessione così lucidamente radicale intorno alla contraddizione creativa che si produce fra immobilità del corpo e libertà dello spirito».
Poeta e scrittore «dalla raffinata perizia tecnica – ha sottolineato Gri – frutto di una cultura profonda, masticata e trasfigurata in naturalezza espressiva». E, ancora, l’apprezzamento per «l’acuta etnografia della gerla, presente nella sua ultima scrittura. In quelle pagine – ha aggiunto Gri – Cappello mostra la natura concreta di un’equivalenza, non un paragone, più di una metafora, una reale corrispondenza: quella fra il poeta e l’artigiano».
Una standing ovetion del pubblico che affollava la cerimonia ha accolto calorosamente un visibilmente emozionato Pierluigi Cappello. «L’emozione di oggi – ha esordito – è davvero superiore a quella dei miei viaggi a Roma», riferendosi ai riconoscimenti ricevuti in Quirinale e all’Accademia dei Lincei. «Qui vedo tanti amici, e idealmente li ringrazio, uno a uno». Cappello ha quindi delineato il percorso della sua poesia, «partendo dalle ragioni, dalla scrittura, che non è una ragione – ha detto -, bensì si tratta di un amore, di qualcosa che nasce e ci accompagna nella vita senza che ce ne accorgiamo. In vent’anni di scrittura mi sono sforzato per cercare di raggiungere uno sguardo nitido, partendo dal concetto che la parola è materia plasmabile, come la pietra da cui si cava la statua. Da questo concetto di parola ho certato la pulizia sonora della parola, perché le parole sono fatte di suono e silenzio». Nella ricerca di questa pulizia della parola, «sono passato allo sguardo, cercando la precisione, una visione attenta; e, infine, la comprensione dell’errore, del lapsus, che, anch’esso, schiude mondi che non si immaginavano, per chi scrive e per gli altri che leggono».
Chi scrive e chi legge, un tutt’uno. «Sono convinto – ha detto Cappello – che chi scrive versi è in comunità e in risonanza con chi legge. Anzi, coloro che leggono, in qualunque luogo e momento lo facciano, mobilitano tutti se stessi, la propria conoscenza ed esperienza di vita interpretando i testi, che così producono altra forma, accresciuti essi stessi, come diceva Pasolini, con l’individuo che li ha fatti crescere leggendo». La poesia è allora «un percorso replicato e infinito di nascite, è mossa dalla nascita, dall’irrefrenabile rinnovamento: fondamentale nella società di oggi, dove tutto sembra fermarsi». «Oggi non premiate soltanto me – ha poi sottolineato Cappello -, ma tutti i poeti friulani che hanno dato vita manifestazioni di portata nazionale».
La poesia, il risultato finale di questo percorso di ricerca, e dunque la “tesi di laurea” che Cappello ha, infine, presentato davanti a una ammutolita, rapita platea. Con la lettura, prima, di “Ombre” e “Assetto di volo”: «la mia carta d’identità – ha detto Cappello di questi suoi brani – il luogo da cui vengo». E poi, «per salutare e ringraziare il pubblico – ha chiuso Cappello – una poesia che leggo spesso, anzi, due», definitivamente abbandonata l’emozione iniziale. E mentre Cappello legge “Nel mese di maggio” e “Parole povere” la gente lo abbraccia in un silenzio sospeso e attento, che sfocia, alla fine, in un seconda, applauditissima, standing ovation.