Da “semplici” cooperative di consumo a cooperative di comunità. Dalla fornitura di servizi pensati per determinate categorie di cittadini a quelli pensati per l’intera comunità, in maniera innovativa e adeguata ai tempi. Potrebbero essere questi i passaggi organizzativi e di riferimento delle 6 “piccole” cooperative di consumo attualmente aderenti a Confcooperative Udine, con un fatturato collettivo di 6,3 milioni di euro, attive a Forni di Sopra, Enemonzo, Artegna, Savorgnano del Torre, San Giovanni al Natisone e Premariacco. Dall’impossibilità di resistere e sopravvivere alla competizione con la grande distribuzione organizzata nasce la necessità e la voglia di queste imprese di cambiare pelle assumendosi il ruolo di mantenere vive e valorizzare le comunità locali (anche piccole), offrendo loro vantaggi concreti (in termine di beni, servizi e occupazione) nel solco dei principi di mutualità, solidarietà, sussidiarietà, sostenibilità ambientale e sociale.
Una strada già percorsa con successo dalla cooperazione trentina di consumo (le famose “Famiglie cooperative”) alla quale si affidano le omologhe imprese friulane come modello di rilancio, dopo alcuni incontri e momenti di riflessione e dibattito conclusi nei giorni scorsi.
«Scegliamo di guardare con interesse all’esperienza del Trentino, dove le piccole realtà cooperative resistono con efficacia e continuano ad avere un ruolo fondamentale per la vita sociale delle comunità in cui operano – spiega Flavio Sialino, presidente di Confcooperative Udine – e il nostro impegno è indirizzato a promuovere le potenzialità della nostra cooperazione di consumo».
Le cooperative di comunità sono diffuse in tutto il mondo e, negli ultimi 10 anni, anche in Italia (Puglia, Emilia Romagna, Basilicata, Liguria, Trentino) e in Friuli Venezia Giulia. Il Parlamento ha allo studio una proposta di legge per regolamentare questo settore cooperativo emergente (già normato negli Usa e nel Regno Unito, a esempio) e assegnare allo stesso un riconoscimento giuridico preciso.