UIL: Jobs Act, favorire i licenziamenti non crea posti di lavoro

UIL: Jobs Act, favorire i licenziamenti non crea posti di lavoro

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“Non ha senso partire dai provvedimenti sulla “uscita” dal lavoro piuttosto che perseguire l’attuazione di autentiche politiche attive del lavoro, tanto più in un momento di crisi economica”. Il segretario generale della UIL del Friuli Venezia Giulia esprime le criticità individuate dalla UIL sulla riforma del mercato del lavoro.

“Non basta il Jobs Act a trainare la ripresa. Non basta l’ennesima modifica del sistema di regole che investono il lavoro per creare crescita e nuove opportunità occupazionali. Servono invece concrete misure di contrasto alla crisi, fondate sul sostegno all’economia reale attraverso l’adozione di politiche industriali e piani di investimento capaci di rilanciare i nostri sistemi produttivi”.

Il segretario generale della UIL del Friuli Venezia Giulia, Giacinto Menis, “boccia” il Jobs Act, diventato realtà venerdì con il varo del Governo ai decreti attuativi. Lo fa in occasione del seminario su contratto a tutele crescenti e nuovi ammortizzatori sociali organizzato questa mattina dalla UIL, nell’auditorium San Marco di via Scamozzi 5, a Palmanova, tenuto da Antonella Pirastu e Marco Massera, del Servizio Confederale UIL Politiche del lavoro.

Nel periodo gennaio-settembre 2014, l’81% dei nuovi contratti di lavoro sono stipulati con forme instabili, in cui non rientrano alcune forme di lavoro flessibile come le partite Iva o i voucher, che escono addirittura rafforzati dalla riforma. E il 2014 per il Friuli Venezia Giulia fa segnare un dato ancor più negativo. Le ore di cassa integrazione autorizzata sono state quasi 33 milioni, il dato peggiore di sempre, superiore dell’11,5% rispetto al precedente “record” del 2013 e in negativa controtendenza non solo rispetto ai valori registrati dalle altre regioni del Nord-Est (che segnalano decrementi dal 15 al 21%) ma anche rispetto al dato medio nazionale che nel 2014 si è attestato ad un meno 6% rispetto al 2013. Peggio ha fatto solo il Lazio.

“I pochi e circoscritti segnali di ripresa sono talmente deboli – prosegue Menis – da non produrre effetti sul fronte occupazionale che risente anche del progressivo esaurirsi degli ammortizzatori sociali”. E specie in una fase di crisi come questa, per trainare la ripresa, “non ha senso partire dai provvedimenti sulla “uscita” dal lavoro (licenziamenti) piuttosto che perseguire l’attuazione di autentiche politiche attive del lavoro, capaci di sostenere e orientare le persone espulse dal ciclo produttivo”. Ma le incongruenze e contraddizioni individuate dalla UIL nel Jobs Act sono molteplici.

Di fronte all’indeterminatezza dei nuovi sistemi di protezione sociale come la nuova Cassa Integrazione, al mancato avvio del Fondo di Solidarietà, all’incertezza sulle risorse necessarie, la UIL continua a considerare non socialmente sostenibile l’estensione ai licenziamenti collettivi delle nuove norme sui licenziamenti illegittimi di natura economica, con il rischio che si allarghino occasioni di licenziamenti immotivati e, nella sostanza, discriminatori.

Per quanto riguarda i licenziamenti individuali, la UIL avrebbe ritenuto necessario innalzare l’indennizzo per quelli economici, anche ad evitare il rischio che imprese non corrette utilizzino i generosi incentivi all’assunzione previsti dalla Legge di Stabilità per “finanziare” licenziamenti ingiustificati. Inoltre, per quanto riguarda i licenziamenti disciplinari, le nuove norme appena approvate rischiano di creare un’evidente sproporzione tra il fatto materiale contestato e la sanzione del licenziamento, soprattutto in assenza di un rinvio alle tipizzazioni di conservazione del posto previste dalla contrattazione collettiva.

Vanno anche migliorate ed estese a tutto il mondo del lavoro subordinato e parasubordinato le norme riguardanti la NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego). Va inoltre respinta la scelta di ridurre le risorse da destinare ai contratti di solidarietà, sia espansivi che difensivi.

Infine, sulla semplificazione delle tipologie contrattuali, il Governo, che aveva promesso un’azione di vero e proprio “disboscamento”, s’è limitato a prospettare l’abolizione di solo due delle oltre 40 formule contrattuali esistenti (quelle delle associazioni in partecipazione e del job sharing, pressochè inutilizzato). Quanto alle Collaborazioni a Progetto c’è poca chiarezza circa le intenzioni governative. “Decisamente troppo poco – conclude il segretario della UIL FVG, Giacinto Menis – per dare risposta alle domande di superamento delle precarietà, di contrasto alle tipologie contrattuali ibride e di pulizia delle forme mascherate di lavoro autonomo”.