Una foto con quattro proiettili a lei “indirizzati” che appare in un commento e un invito, su Facebook, a “sopprimerla”. Sono due esempi di post incitanti all’odio che la presidente del Friuli Venezia Giulia e vicesegretaria del Pd, Debora Serracchiani, ha condiviso sul proprio blog e sul proprio profilo social.
Voglio condividere con voi un caso personale, uno dei tanti post pieni d’odio che mi è stato segnalato nei giorni scorsi.
Si tratta della foto di quattro proiettili recanti una frase di minaccia e di alcuni pesanti insulti postati da un cittadino sulla pagina di un consigliere regionale e in altre occasioni. Le foto che qui riproduco sono esplicite.
Ognuno di noi può vivere momenti di difficoltà personale, lavorativa o emotiva, e tuttavia sono convinta che espressioni di violenza, insulti e minacce, non possano essere mai e in alcun modo accettabili.
Situazioni analoghe, che nulla hanno a che vedere con questo caso, hanno portato le forze dell’ordine alla decisione di assegnarmi una scorta. Ringrazio gli agenti, che mi seguono negli spostamenti da oltre un anno, per la loro professionalità che rende il tutto più tollerabile ma comporta comunque una limitazione della libertà personale e della privacy. Chi pensa sia uno status symbol o un privilegio sbaglia di grosso.
Sulla stampa ho letto che la persona responsabile di questi post sarebbe rammaricata e pronta a scusarsi. Ne prendo atto, restando convinta che spetti alla giustizia valutare se queste azioni abbiano o meno una rilevanza penale. Dal punto di vista personale, credo che il fatto di ricoprire un ruolo pubblico non debba rendere nessuno bersaglio di parole o immagini così inquietanti. Perché tali sono, e lasciano un segno: oltre a me li leggono mia madre, mio padre, i miei amici.
Tocca a noi fermarci e riflettere su come rendere nuovamente i social network un luogo di dibattito, anche schietto e duro se si vuole, possibilmente costruttivo, sicuramente corretto e civile.